PROGETTO ACEA, MOLTA GENTE ALL’ASSEMBLEA DEL COMITATO ARIA. CRESCE LA PAURA

venerdì 01st, novembre 2019 / 12:44
PROGETTO ACEA,  MOLTA GENTE ALL’ASSEMBLEA DEL COMITATO ARIA. CRESCE LA PAURA
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CHIUSI – Indipendentemente dal tema e dai toni, iniziative come quella di ieri sera alla sala San Francesco di Chiusi riconciliano con la politica. A prescindere. Quando la gente esce di casa e si mobilita o prova a discutere con “cognizione di causa” è sempre un fatto importante e positivo. E indubbiamente per il Comitato Aria che ha organizzato la serata si è trattato di un successo. Della conferma che il tema è caldo e la gente ne vuole sapere di più. Detto questo l’iniziativa è stata, come prevedibile e previsto, una iniziativa di parte. Del resto nel manifesto di invito si leggeva “Per ribadire il nostro NO”, il che non è esattamente un invito al confronto, all’approfondimento o alla discussione, quanto un legittimo, ma altrettanto chiaro mettersi da una parte della barricata.

Il tema era l’impianto proposto da Acea Ambiente per l’area dell’ex centro carni, che il comitato chiama “Carbonizzatore”. Con un invito del genere era anche prevedibile l’assenza, rimarcata e stigmatizzata, a tratti sbeffeggiata degli amministratori. I quali a dire il vero finora sono apparsi sì propensi a realizzare l’impianto, ma non hanno mai detto SI’ ad ogni costo. E sì ad ogni costo non lo ha mai detto nessuno. Anzi la realizzazione del progetto proposto da Acea è stata prima “ingabbiata dentro certi paletti” (l’atto di governo del giugno 2018 e le conseguenti norme di piano regolatore), poi condizionata ad alcuni passaggi inderogabili come la bonifica dell’area, la messa in sicurezza idraulica dell’intera zona e ovviamente l’assenza di rischi per la salute e per l’ambiente dovuti a emissioni o altro. 

Ma, si sa, gli assenti hanno sempre torto, e ieri sera l’assemblea a San Francesco non ha lesinato critiche e sarcasmi al sindaco, alla giunta e alla maggioranza. Anche per come è stata gestita e portata avanti la faccenda: “evitando il confronto e seguendo un iter al contrario”. Così per esempio si è espresso il capogruppo dei Podemos Luca Scaramelli sottolineando il fatto che prima è stato venduto il terreno ad Acea e poi si è cominciato a parlarne…

Lo stesso Scaramelli ha anche accusato pesantemente la stampa locale di “non aver fatto informazione sul’argomento, piegandosi alla voce del padrone”, dimostrando però una strana concezione della stampa e dell’informazione, che evidentemente secondo lui è libera e buona solo se dice cose in linea con il suo pensiero. Questa testata per dirne una ha pubblicato qualche decina di articoli sull’argomento, dal 2017 ad oggi. Se non gli sono piaciuti ce ne faremo una ragione. Pazienza. Ma l’informazione non è certo mancata. Non da pate nostra, quantomeno.

I tre esperti chiamati dal Comitato Aria invece hanno fornito elementi utili di conoscenza e “consigli” su che fare per avere voce in capitolo e far pesare il diritto dei cittadini ad essere resi non solo edotti di ciò che si costruendo, ma anche partecipi del processo decisionale.

L’ingegner Fulvio Santucci ha illustrato le caratteristiche dell’impianto proposto da Acea secondo ciò che Acea ha scritto nelle relazioni presentate alla Regione e cioè che si tratta di un impianto per il trattamento e la trasformazione dei fanghi derivanti dalla depurazioe di acque reflue urbane, di natura biologica, che l’impianto ha una potenzialità per trattare 80 mila tonnellate/anno di fanghi; che questi dovrebbero pervenire da impianti situati in Toscana, Umbria e Lazio; che il processo produttivo per la trasformazione dei fanghi in prodotto secco è quello della “carbonizzazione idrotermale” (HTC), che prevede l’uso di una caldaia alimentata a gas naturale e 8 reattori che utilizzeranno acqua calda a 200°.  I processo durerà 3 ore. Ha spiegato che non ci sarà combustione e che i prodotti che usciranno da tale processo saranno due: l’Hydrochar, una sorta di lignite biologica da utilizzare come combustibile o ammendante, per un totale di circa 7.600 tonnellate/ anno e una frazione liquida da utilizzare come base per fertilizzanti, per un totale di 5.600 tonnellate/anno. L’impianto produrrà inevitabili emissioni in atmosfera, comprese anidride solforosa, acido solfidrico e particolato mobile, il famigerato Pm10… Non si escludono diossine.  Ovviamente entro i limiti previsti dalla normativa, se no sarebbe fuori regola e non potrebbe essere autorizzato.

Il dott. Carlo Romagnoli, dell’associazione Medici per  l’Ambiente dell’Umbria ha fornito elementi interessanti e utili sulle modalità di controllo e monitoraggio da parte dei cittadini, sullo “spossessamento” dei cittadini stessi di beni comuni e sulla perdita di valore dei beni privati,  quad in un territorio si insediano impianti insalubri e a proposito dei Pm1o ha spiegato che sono sostanze cancerogene e che, se anche l’impianto in questione sarà a norma, il problema è dato dalla somma che si formerà con altre emissioni, dovute ad altre industrie insalubri (vedi Metalzinco, Lodovichi), agli impianti di riscaldamento, al traffico ecc…  L’avv. Valeria Passeri ha parlato più degli aspetti normativi e procedurali, ha mostrato in questo una certa propensione ad una politica fatta a colpi di carte bollate, ricorsi ed esposti e anche una conoscenza non proprio esatta del territorio, perché ha parlato di “vincolo ambientale dovuto alla presenza del fiume Tedesca”, quando il Tedesca non è certo un fiume, ma un fossetto di campagna con un letto di un metro e mezzo nel punto più largo. E non ha citato neanche en passant la “prescrizione” già nota della messa in sicurezza idraulica del comparto, posta dal Comune.

Sentendo la sua esposizione un cittadino arrivato all’assemblea senza sapere nulla sull’argomento avrebbe potuto pensare che l’area dell’ex Centro carni  fosse un grande prato verde dove nascono speranze e non un’area industriale dismessa, e inquinata, dove c’era una grande azienda insalubre e una ce n’è anche adesso e lì vicino, a poche decine di metri ce n’è un’altra.

Un altro problema emerso dalle relazioni dei tre esperti è che il prodotto finale che uscirebbe dall’impianto, sia l’Hydrochar solido, sia la frazione liquida, non si sa se può essere considerato “materia seconda” cioè non più un rifiuto. E non si sa perché a questo proposito la normativa è lacunosa e incerta.  “Se non si tratta di ‘non rifiuti’ l’impianto non va autorizzato!” ha detto l’avvocato Valeria Passeri.

Qualche dubbio, nei vari interventi è emerso pure sull’affidabilità di chi deve dare i pareri decisivi, cioè degli enti preposti, inn primo luogo dell’Arpat, che essendo ente di emanazione regionale “è spesso asservito a logiche politiche”, così come gli enti pubblici (Comuni e Regione) “spesso si mostrano più inclini a tener conto delle esigenze dei privati proponenti che dei cittadini esposti a eventuali rischi”. Per di più nel caso specifico siamo di fronte ad un proponente che è un colosso e ha grande potere contrattuale e risorse ingentissime. Insomma Acea fa paura anche per la sua forza, non solo per ciò che vuole realizzare. Il fatto che sia azienda controllata dal “pubblico” (Comune di Roma) e non esclusivamente privata, al popolo del NO al Carbonizzatore non appare come una garanzia sufficiente.

Queste sono opinioni diffuse, tipiche anche del momento politico contingente. Ma se si parte dal presupposto e si è convinti  che chi deve controllare, verificare e dare i pareri, lo farà “in mala fede”, è inutile persino discutere. Il dott. Romagnoli su questo aspetto ha sostenuto che se i cittadini tengono il fiato sul collo e incalzano le istitizioni, anche queste ultime lavorano meglio. Su questo siamo tutti d’accordo.

C’è voluto l’intervento in due riprese e quasi in chiusura di serata, di Romano Romanini per colmare alcune lacune e omissioni gravi. E’ stato infatti Romanini il primo a parlare della presenza in loco del Depuratore di Bioecologia che Acea ha acquistato insieme all’area per realizzare l’impianto di trattamento fanghi, ha ricordato che quel depuratore  (che già oggi tratta 80 mila tonnellate di fanghi fognari urbani, liquami industriali e percolato di discarica, provenienti da varie regioni d’Italia, ndr) dovrebbe essere smantellato, ricostruito e potenziato con nuove tecnologie e che Acea ha richiesto anche di poter trattare altre tipologie di rifiuti. Il che apre un altro fronte. Che tipo di rifiuti? E in che misura il depuratore presente nell’area fornirà materia prima all’impianto di trattamento fanghi, se questo verrà realizzato? D’altra parte va detto che il depuratore ex Bioecologia tratta anche una parte consistente dei reflui fognari di Chiusi Scalo (20% circa del proprio potenziale) e quelli in qualche modo andranno trattati e smaltiti.

Romanini ha ricordato anche la vicenda simile di Piombino, e in una certa misura ha risposto ai dubbi sull’affidabilità dell’Arpat. A Piombino infatti, di fronte alla proposta di un impianto simile a quello proposto per Chiusi, l’Arpat ha prima tergiversato, poi ha proposto una serie stringente di prescrizioni, compresa la realizzazione dell’impianto per step successivi, per verificarne il funzionamento uno per uno… Cosa che ha indotto l’azienda proponente a soprassedere. Non è escluso che Arpat faccia la stessa cosa anche per il progetto di Chiusi. Qualcosa di più si capirà al termine dell’inchiesta pubblica promossa dalla Regione Toscana, che comincerà il 12 novembre, nella stessa sala San Francesco a Chiusi, per proseguire in altre 3 sedute, fino a metà gennaio.

Nell’incontro di ieri sera, al quale hanno partecipato numerose persone dei dintorni (Città della Pieve, Fabro, Montepulciano. Di Cetona erano presenti il sindaco, il vicesindaco, un consigliere comunale e il presidente della Pro Loco), non è mancato chi vede nella stessa inchiesta pubblica un atto tardivo e forse inutile, in quanto con il terreno già venduto dal Comune e acquisito da Acea, è assai difficile ipotizzare un passo indietro o un nulla di fatto: “Nessuno spende milioni di euro per una cosa sulla quale potrebbero dirgli di no”.  Se è per questo c’è stato anche i segretario del PC della Valdichiana Nicola Bettollini che ha parlato di minacce e pressioni su chi è contrario e della volontà vera di Acea di fare non solo il carbonizzatore, ma anche un bel termovalorizzatore! Perché “questo – secondo il Bettolini comunista – è il vero obiettivo!”. Solo che il Comune di Chiusi, guidato almeno fino al 2021 dall’altro Bettollini, ha scritto nel PRG che i termovalorizzatori a Chiusi non si possono fare…  Singolare anche la posizione del consigliere regionale della Lega Casucci, che si è espresso molto duramente sulla giunta chiusina e sul progetto Acea, senza dire mezza parola, però, sul fatto che il suo partito, con il “capitano” Salvini ha proposto non più di 5 mesi fa e continua a farlo, un inceneritore per ogni provincia.  La politica assente è criticabile, ma anche quella presente a guardar bene…

m.l.

 

 

 

 

 

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