LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA: QUEL VECCHIO VIZIO DI FARE LE PULCI ANCHE ALLE VITTIME E DI FARE EQUAZIONI TROPPO FACILI

venerdì 10th, gennaio 2025 / 17:59
LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA: QUEL VECCHIO VIZIO DI FARE LE PULCI ANCHE ALLE VITTIME E DI FARE EQUAZIONI TROPPO FACILI
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Ovviamente anche noi di primapagina siamo felici che Cecilia Sala, dopo 3 settimane passate nel carcere di Evin in Iran, sia stata liberata e sia tornata a casa, che abbia potuto riabbracciare il fidanzato, i genitori, i colleghi di lavoro. Riconosciamo che questa volta le istituzioni preposte, dalla presidente del Consiglio Meloni, al Ministro degli esteri Tajani, alle strutture dell’Intelligence, all’ambasciata, hanno TUTTI fatto un buon lavoro conseguendo il risultato in tempi tutto sommato brevi e in maniera dignitosa. E nessuno in Parlamento, nelle commissioni e negli apparati dello Stato ha remato in direzione opposta. Siamo convinti che il summit di Giorgia Meloni con Trump in Florida abbia accelerato l’operazione in maniera decisiva. E per questo il primo ministro italiano è volato negli Usa. Più avanti capiremo meglio le modalità e le contropartite. Perché è del tutto evidente che Cecilia Sala non era stata arrestata e incarcerata per motivi legati al suo operato, ma solo come eventuale pedina di scambio. L’importante adesso è che la giovane giornalista sia libera e possa riprendere la sua vita e il suo lavoro. E questo indipendentemente dal giudizio sui suoi servizi giornalistici e i suoi podcast, certo coraggiosi perchè realizzati e inviati da territori difficili e anche da zone di guerra o sottoposte a regimi autoritari, ma non certo pezzi “controcorrente” rispetto ai mantra dell’informazione mainstream.
Diciamo pure che abbiamo letto in questi anni e in questi mesi cose più dirompenti.
In redazione ce lo siamo detti commentando la buona notizia della liberazione. E ci siamo detti anche altre cose. Per esempio a me, personalmente, non è piaciuto affatto il fuoco di fila di un certo radicalismo chic sinistrorso tendente a “demolire” la figura della stessa Cecilia Sala, della sua famiglia, del suo compagno.  Lei definita una “influecer delle classi dominanti” e una “propagandista delle posizioni e azioni coloniali al servizio di Washington e Tel Aviv”; la madre e il padre descritti come due alfieri della borghesia affarista, in quanto l’una manager della Kraft e l’altro advisor della JP Morgan; il fidanzato e collega invece accusato di averla accolta con le mani in tasca e un atteggiamento freddo e anaffettivo quando è scesa dall’aereo…”. Dettagli acidi,  frecciate gratuite lanciate con la pala come il letame sul campo per annacquare il risultato e magari evitare la santificazione della giornalista e del governo di destra che l’ha riportata a casa.  A me non piace per niente il governo di destra e di Chora Media, l’agenzia per cui lavora Cecilia Sala,  non mi è piaciuto neanche il podcast Clanis sulla storia della Valdichiana, per dire… non ho alcuna simpatia per Kraft e Jp Morgan, ma non mi piace affatto questo modo di commentare a mezzo social.
Cecilia Sala non è (almeno non lo è ancora) Oriana Fallaci dei tempi del Viet Nam. E’ una giovane giornalista, giovanissima a dire il vero, ha solo 29 anni, e si è trovata in un tritacarne. Non c’è nessun motivo al mondo per cui una giornalista in possesso peraltro di tutti i visti e le autorizzazioni necessarie per esercitare il suo lavoro debba essere arrestata e messa in isolamento senza accuse precise e senza alcun motivo reale. Una cosa del genere, che in Paese teocratico dove la religione è la legge universale dello Stato, è praticamente una regola, deve far rabbrividire e deve scandalizzare chiunque sia dotato di buon senso, anche chi ritenesse le corrispondenze di quella giornalista dei  discutibili articoli “propagandistici” o dei pezzi banali del tutto funzionali alla narrazione dettata dal sistema informativo mainstream. Non c’entra niente questo con la privazione della libertà di una persona.
Non si può dire, come ha fatto Vittorio Feltri che “se le è andata a cercare”, né d’altra parte si può pretendere che tutti i giornalisti siano d’assalto e raccontino “le verità nascoste” che ad occhio nudo è difficile vedere. Non si può pretendere che una ragazza di 29 anni, per quanto coraggiosa e determinata a fare carriera, sia per forza una reporter di controinformazione. E se una non lo è, non può diventare immediatamente e automaticamente una “pennivendola” al soldo chi di tira le fila della narrazione guerrafondaia e magari anche della propaganda e dell’espansionismo suprematista dello Stato sionista. Io sono stato abituato a diffidare sempre delle equazioni troppo semplici. E del fatidico o di qua o di là… senza sfumature di grigio. Attaccare adesso Cecilia Sala e rappresentarla come una soldatina della Meloni o del “partito delle armi”, non giova ad una narrazione oggettiva e intelligente e non giova nemmeno alla battaglia per mandarla a casa Giorgia Meloni. Anzi.
Vedremo nei prossimi giorni e nelle prossime settimane se la giovane reporter girerà come una madonna pellegrina da una Tv all’altra a raccontare la sua disavventura. Vedremo, se succederà, come la racconterà. Se su questa vicenda le faranno scrivere un libro che diventerà un best seller e come la vicenda la racconteranno il Governo e le Istitituzioni che qualcosa in più, su come in effetti è andata,  dovranno dire, spiegare, illustrare. Dicendoci anche cosa hanno dato o promesso in cambio. Cosa ha preteso Trump per dare il via libera all’operazione (e forse alla non estradizione dell’ingegnere iraniano arrestato a Milano su mandato Usa), cosa dovrà e potrà fare e dire la stessa Sala d’ora in avanti rispetto all’Iran… Probabilmente oltre a cosa le davano da mangiare, poco altro, par di capire.
Adesso crediamo sia il caso di lasciare Cecilia Sala tranquilla. Darle il tempo di riassaporare la vita, la libertà, gli affetti, il cielo, come ha detto lei appena arrivata… Per le spiegazioni e le congetture e anche le critiche ci sarà tempo e modo più avanti.
Certo è che le sparate di Trump, che tra pochi giorni sarà il Presidente degli Stati Uniti d’America e non del circolo del golf di Mar a Lago, sul nome del golfo del Messico, il canale di Panama, l’annessione del Canada e della Groenlandia, con minaccia di usare la forza contro stati amici e alleati, beh quelle non lasciano tranquilli per niente e ci dicono che certe smanie totalitarie e espansionistiche non ce le hanno solo Russia e Cina, e ci dicono che se c’è un fondamentalismo islamico come quello degli Ayatollah iraniani c’è adesso anche un fondamentalismo capitalistico occidentale declinato all’ennesima potenza e che non ha più nessuna mediazione politica da superare, in quanto i turbocapitalisti non devono cercare accordi e appoggi nel mondo politico, ma sono loro la politica. E governano in prima persona gli stati. Donald Trump è un business man, Elon Musk pure. Ma non sono i soli. Zuckemberg, Soros, Bezos sono personaggi dell’economia che fanno politica e la orientano. Ai massimi livelli. Come gli oligarchi russi nel Paese di Putin. Berlusconi in Italia ci provò con 30 anni di anticipo. Evidentemente ha fatto scuola, anche se a confronto con gli squali di oggi sembra poco più di un pesce rosso. Oddìo, rosso rosso, magari no.
m.l. 
Nella foto (fotogramma Tg La7) Cecilia Sala riabbraccia i genitori a Ciampino
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