LA GENTE CHE NON ESCE DI CASA E UNA POLITICA CHE NON CERCA PIU’ L’EGEMONIA CULTURALE…
“E poi ti dicono ‘Tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera’.
Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera”…
E’ una strofa de “La storia siamo noi”. Francesco De Gregori aveva già capito qual era il problema. La canzone è del 1985. Berlinguer era morto da un anno, e l’Italia scivolava su una china individualista e lui dava la colpa al qualunquismo. Che certo di colpe ne ha avute (e ne ha) e di danni ne ha fatti tanti. Qualche anno prima Lucio Dalla faceva risalire il problema al terrorismo: “Si esce poco la sera, compreso quando è festa, c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra”
De Gregori accusava la politica, il potere di cercare il modo di farci smettere di lottare, di protestare, di ribellarci e di farci stare “chiusi in casa la sera”. Erano già gli anni del riflusso, dell’edonismo reaganiano, della ricerca spasmodica del look giusto più che del benessere accompagnato dall’eguaglianza. Erano gli anni dell’esplosione delle Tv commerciali che dieci anni più tardi porteranno alla “discesa in campo” e all’ascesa al governo di Berlusconi. In sostanza però De Gregori tra le righe ce l’aveva con la sua parte. Con la sinistra che stava già cominciando ad abdicare al suo ruolo. La mutazione genetica non è cominciata con Renzi, era già cominciata ai tempi del Pci. E qualcuno lo aveva capito.
E’ da allora che la sinistra in Italia è diventata un’altra cosa rispetto a ciò che era prima. Ed è da allora che la gente ha cominciato a pensare ad altre cose, non più alla rivoluzione, ma alla villetta bifamiliare in collina, ai giochi in borsa per far soldi un po’ più alla svelta, alla macchina un po’ più grossa e più bella della 128…
Oggi, a distanza di quasi 40 anni dalla canzone di De Gregori, in molte città e paesi, compresi i nostri (Chiusi, Chianciano, Città della Pieve, Castiglione del Lago ecc..) il problema principale è proprio quello di invertire la tendenza individuata dal cantautore, cioè far uscire la gente di casa. Farla tornare a fare comunità, a incontrarsi, a parlare. Oggi in un mondo molto più globalizzato e molto più tecnologico di allora, paradossalmente i social, le Tv on demand, la tecnologia diffusa e totalizzante stanno veramente chiudendo la gente in casa la sera. Tutti incollati al Pc, allo smartphone, allo schermo tipo home cinema della televisione. In sostanza siamo tutti ancora più soli, isolati, asociali di 40 anni fa.
Adesso nei nostri paesi è difficile trovare un bar aperto dopo le 21,00 (in alcuni casi anche prima delle 21,00) e i localini per turisti, laddove ci sono non compensano l’assenza, quelli sono, appunto, per turisti, non per la gente del luogo. Che infatti non ci va. A Montepulciano che pure brulica di gente, trovare un poliziano in giro la sera è fatto raro. Un pievese a Città della Pieve o un chiusino a Chiusi idem.
Tutto ciò accade perché siamo tutti tutti qualunquisti, come cantava De Gregori nel 1985? Certo le ideologie e certe convinzioni e appartenenze, che c’erano 40 anni fa, adesso sono labili, se non morte e sepolte. O archiviate.
Ma come allora il problema è nel manico, cioè della politica che non fa più il proprio mestiere e ha smesso, anche a sinistra, di cercare di conquistare o mantenere quella che un tempo chiamava “l’egemonia culturale” ed era un chiodo fisso dei comunisti (dai tempi di Gramsci), ma anche dei socialisti e dei democristiani.
Fino alla fine degli anni ’80, primi ’90, le feste di partito erano l’evento più importante dell’estate, le più imponenti come richiamo, ma anche quelle dove era possibile trovare oltre a buon cibo locale, anche concerti di qualità, addirittura d’avanguardia; spettacoli teatrali, film, scrittori e giornalisti che venivano a raccontare cose rilevanti, gare sportive, stand libreria molto forniti. Insomma c’era una ricerca dell’innovazione, un tentativo di stare al passo coi tempi e con quanto di meglio e di più dirompente si muoveva nella società…
Se negli anni ’70-80 e anche ’90 una festa de l’Unità avesse proposto 10 giorni di liscio trash (con orchestre-spettacolo che nella maggior parte dei casi neanche suonano, ma fanno finta, utilizzando basi preregistrate) e niente altro, salvo qualche dibattitino striminzito con il segretario provinciale, il sindaco o un deputato di passaggio, ci sarebbero state delle sollevazioni.
Oggi alle feste de l’Unità (con l’Unità che dopo anni di chiusura è tornata in edicola, ma è un giornale privato) ci va anche molta meno gente. In qualche caso pochissima. Fa tristezza vedere i “villaggi” chiudere alle 23,30 con 20 persone che sciamano via… Erano più vivaci quelle fatte con una porchetta, una damigiana di vino caricata su un’Ape, la griglia con le salsicce e la ruota in qualche frazioncina sperduta. Lì almeno c’era il sapore e l’odore dell’aia. E la fisarmonica (suonata) ci stava pure bene.
Il Pd, che è il partito erede del Pci e quindi il partito che organizza le feste de l’Unità non se lo pone neanche lontanamente il problema dell’egemonia culturale. Neanche ci prova. Eppure succede che i volontari del Pd siano parte integrante e attiva nell’allestimento di manifestazioni diverse, ad esempio il Lars Rock Fest di Chiusi, che si è svolto una settimana prima della festa de l’Unità, nello stesso luogo, con le stesse identica strutture. Il festival rock è andato benissimo, grande partecipazione di pubblico, grandi band sul palco, grande organizzazione, e poi dibattiti su temi forti e attuali, 50 metri di libreria, mercatini, soluzioni green, possibile che a quegli stessi volontari e ai dirigenti del Pd non salti all’occhio la differenza? Il confronto, anche perché molto ravvicinato, è stato (è) impietoso. Ne emerge una fotografia impietosa del Pd. Un partito che non è più un partito, ma al massimo un comitato elettorale che si attiva solo per sostenere questa o quella candidatura.
Ovviamente il problema non è solo di Chiusi. Se si dà un’occhata ai manifesti della feste de l’Unità che ancora si fanno in giro nel comprensorio, sono tutte più o meno dello stesso tenore. Sembrano fatte con lo stampo. Non stiamo criminalizzando chi si fa il mazzo per allestirle le feste, né gli appassionati del liscio e dei balli da balera. Critichiamo il fatto che ci si fermi solo a quelli. Che il Pd, non la sagra della merangola, si fermi solo al liscio. Ballare si può ballare, volendo anche con il blues, con lo swing, con il rock& roll, con il revival.
Da queste parti il Pd è ancora quasi ovunque il partito di maggioranza e – diciamolo pure – l’unico che riesce a mantenere in piedi un minimo di struttura organizzata, delle sedi, dei gruppi dirigenti, l’unbico ce fa congressi e primarie (a destra o a sinistra del Pd di strutturato c’è poco o niente). E se il partito di maggioranza e quello più organizzato si appiattisce anche nelle proprie feste su programmi non solo politicamente poveri, ma culturalmente trash il problema è serio. E non riguarda solo le feste de l’Unità. Riguarda il fatto che il Pd non si ponga il problema che la gente “sta chiusa dentro casa la sera”. E che i paesi stanno diventando o bistrot per turisti o dormitori desertificati. Ghost town dove anche negozi e servizi che un tempo c’erano adesso scarseggiano.
E demandare questi temi solo alle amministrazioni, non è la strada giusta. Li deve affrontare la politica. Ed è la politica che sta clamorosamente marcando visita.
m.l.
Vi farò forse ridere od anche peggio ma ”il nemico”,quello di classe-perchè le classi non sono scomparse come diceva l’etica che ha governato l’Italia per tante decadi,c’ha visto giusto: CHI NON PRODUCE PIU’ CULTURA E’ FOTTUTO, come si è autofottuto il PD.Il motivo fondamentale stà tutto lì : nell’abbandono della teoria e badate che questo non è uno slogan ma dove non c’è teoria non c’è rivoluzione,intendendo come rivoluzione un diverso modo di pensare e di agire. E’ quanto di sono sforzati di produrre i nemici che erano usciti dalla porta per poi rientrare dalla finestra ? Si ,sono sforzati moltissimo per costruire una autostrada che portasse all’altezza delle finestre,in maniera subdola, silenziosa anche, ma ogni giorno, facendo leva soprattutto sul complesso mediatico, quello che entra in casa di tutti.Ed è quello che ha fottuto la sinistra.L’ho detto molte volte ciò che successe una trentina di anni or sono in Canada durante un convegno dei potenti del mondo-quelli per dirsela tutta che amavano salire sul Britannia non per assaggiare ostriche e Champagne ma per intendersi quali fossero le modalità più importanti per condizionare i processi economici dell’economia mondiale e degli stessi stati. Parlarono tutti, anche quelli di casa nostra-Gli Agnelli-che di fronte alla ricchezza posseduta da altri presenti potevano essere dei questuanti, tanto per fare le debite proporzioni.Alla fine parlò il segretario degli Stati Uniti d’America, il ”falco” Brezinsky.Ve lo ricordate e ve la ricordate la sua politica ? E se non ve la ricordate cosa produceva dove eravate ?! Cosa disse Brezisky chiudendo l’incontro ? Disse che la via per dominare il mondo era la proprietà del complesso mediatico,dal quale promanavano gli imput necessari per l’assuefazione delle menti di uomini, di popoli e di governi.Che avesse scoperto l’acqua calda lo scopriamo oggi,dopochè intere realtà sono state piegate e plagiate da tale modo di pensare e soprattutto di programmare l’economia e la ripartizione delle risorse,non solo quelle energetiche ma anche quelle di come a seconda del modo di usarle ci si indirizzi al predominio politico.Ma si parla del predominio politco del mondo non dell’Uganda o del Pakistan…. Ed allora guardiamoci e guardatevi intorno se non si è pienamente realizzata codesta storia e quali guasti abbia portato a voi ed a noi tutti e di chi siano le tasche che quella storia ha fatto sì che siano state riempite.Vi sembra poco o non vi sembra attuale e vero tutto questo ? Se ci fosse qualcosa che vada storto o che non si realizzi secondo quei programmi si cerca di realizzarla in altro modo e cioè con la Guerra, perchè attenzione che chi stà dall’altra parte(Russia, Cina ed altri ) ha nel suo stesso DNA le stesse problematiche e cioè : la non democrazia dello stato autoritario, la stessa di quella che abbiamo noi stati che ci hanno detto di definirli democratici. Ed allora io credo che una condizione ne produca un altra e tutte e due le condizioni siano favorevoli a quella che ha deciso il predominio culturale ed economico del mondo,ed anche voi che leggete non ne siete al di fuori,ma pienamente partecipi di questo dramma e di tale ingranaggio,dal quale è quasi impossibile allontanarsi e prenderne le distanze.Ma a tutto credo ci debba essere una alternativa e credo che ci possa anche qui essere: è l’informazione critica costruita e pensata in modo da rendere impenetrabile la battaglia che viene promossa soprattutto mediaticamente ma anche SUBLIMINALMENTE da ogni parte. Come si fà ? L’unica porta è quella della conoscenza e della conoscenza critica e della ricerca fatta con i propri occhi e con i propri mezzi,senza mai abbandonare l’aspetto critico che serve prima di tutto a noi stessi.
Probabilmente il cammino è lento, perchè viviamo in un mondo dipendente ,dal quale è difficile non risentirne e la nostra vita di singoli è troppo breve per arrivare a concrete e definitivi traguardi ma in tale ricerca -secondo me- si arriva a due stazioni importanti che sono quelle del benessere psicologico individuale e della chiarezza con sè stessi ed anche a quello del piacere cercando di farne partecipi anche altri che ricevono i nostri messaggi. Occorre una uniformità di idee di partenza su pochi argomenti che sono quelli dell’impianto filosofico e della critica filosofica del concetto di sviluppo conoscendo la storia del mondo e le vicissitudini degli uomini e delle loro lotte per la liberazione di loro stessi.Senza questo possesso credo che possiamo essere sicuri che le nostre risorse mentali,culturali e di volontà possano essere inutilizzate e quindi sprecate.Ne deriva un frastuono di silenzi e di inespresse potenze che fà inevitabilmente il giuoco di chi interessi che il mondo rimanga tale e quale.Oggi và di moda in occidente lo spauracchio cinese,e si dice verosimilmente che i cinesi programmino a lunga scadenza ed è vero, ed è vero che la loro mentalità alla fine possa essere vincente nel divenire di una egemonia del mondo mentre la loro etica continua e della quale siamo spettatori è quella di impadronirsi delle risorse per poi gestirle per costruire all’interno di loro stessi uno sviluppo economico concorrenziale che per contrastare quello storico ed assassino occidentale si impadronisca anche della nostra economia impadronendosi anche del debito pubblico intimamente legato mani e piedi a quello americano.Il capitalismo nostro come sistema invece ha seguito un altro modello che è quello della rapina e della ripartizione d’uso al conto economico delle multinazionali, un processo quindi devastante e che porta comunque vada intere nazioni ad abbandonare il modello di alleanza che per prevalere mette solo in campo l’uso della forza militare ma nello stesso tempo ci parla a noi occidentali del monumento esistente alla democrazia,mentre vediamo che la Cina non ha mai fatto guerre ad altri dal momento della sua costituzione in Rep.ca Popolare Cinese.Solo una volta nella sua storia recente ha fatto un atto di guerra-subito fermato- al Vietnam. Nulla di più falso e nulla di più pericoloso percorrere quindi la strada che porta alla contrapposizione globale,alle sanzioni, alla proibizione economica protezionistica, perchè per tale strada arriviamo al conflitto globale e la strada la stiamo già imboccando.Quindi, con tutto questo discorso volevo dire che è insito nel sistema di produzione capitalistico il germe della catastrofe che causa vita, morte, distruzione e ricostruzione ed in pratica distrugge le risorse produttive come il lavoro, dovuto soprattutto al controllo ed all’indirizzo dell’automazione e quindi preparando crisi sempre più estese e violente.L’ho fatta anche troppo lunga ma spero che il concetto possa essere chiaro.Mi ritorna in mente il discorso che ho fatto nell’altro post a proposito della ”pastasciutta antifascista” quando ho portato l’esempio delle magliette col Che Guevara e con la Coca Cola sotto il viso del Che,che se fosse vivo oggi rabbrividirebbe.Lui steso ebbe a dire una cosa che occorrerebbe sempre che fosse tenuta presente costantemente ed è quella che ”le leggi del Capitalismo accecano e si rendono invisibili alla maggioranza senza farla pensare”. Ed è quanto hanno raggiunto ormai da diverso tempo quelli di quel panfilo chiamato ”Britannia” mentre noi ancora a chiusi, come del rtesto dappertutto ,insistiamo con le pastasciutte antifasciste ed il rock,mentre le nostre gambe ci diventano gialle come quelle dei polli.E’ difficile fermare e far variare tutto questo meccanismo,ma almeno talvolta spero- ma vedo che lo faccio invano- che anche nel nostro piccolo borgo vi sia gente che voglia promuovere una cultura nuova ed un modello di vita che stimoli il sentimento dello star bene,della visuale un po’ più estesa e della non subordinazione a ciò che viene ordinato dai vertici a chi ci governa localmente.E’ sostanziale impegnarci per questo, ognuno col proprio ruolo di conoscenze e di volontà per ”cambiare musica”. E’ nella lotta che si avverte anche il piacere di credere insieme che vi possa essere una esistenza migliore e diventa tutto ciò anche una ricerca interiore( lo dico soprattutto ai politici che ci governano ) il cui legame con la politica-questa politica- deve essere rivisto in maniera critica e produttiva.
Marco, poni un problema molto complesso. Tutto vero quello che dici, ma i fili del ragionamento andrebbero tenuti separati. Da un lato, il partito. E’ uno strumento che si è trasformato, segnato da spinte che, mentre cercavano di “adeguarlo” alla situazione che cambiava, ha finito per far prevalere le istanze di (buona) amministrazione. Prova a parlare con qualcuno del gruppo dirigente, vedrai che ti dicono che la politica non si può fare in Consiglio Comunale, perché sarebbe una scelta divisiva (c’è stato un dibattito surreale al proposito proprio in un consiglio comunale). E’ chiaro che se ti fermi all’amministrazione, avrai l’obiettivo massimo della quadratura del bilancio e del rendiconto di (sana e robusta) amministrazione. In questa prospettiva la politica viene completamente a mancare: è solo un fattore di complicazione. E questo ha riflessi diretti: l’amministrazione della cultura (per rientrare nel tema) non è frutto di politica culturale, ma semlice acquisizione di pacchetti confezionati dalla Fondazione Toscana o qualche altro ente che pensa e produce per noi. Occorre riprendere il discorso e la riflessione su cosa sia fare cultura, tanto più oggi, in cui la disponibilità immediata di strumenti a basso costo consente un’apparente apertura alle possibilità creative di ciascuno di noi. E’ finita la narrazione dell’appropriazione della Cultura alta da parte degli oppressi (il mio amico Gigi Moni, oggi, sarebbe perfettamente spaesato): il valore intrinseco della cultura come fattore di liberazione è un retaggio da abbandonare o, almeno, da rivedere. Intanto, perché gli “oppressi” non si riconoscono come tali (e se manca la coscienza di essere oppressi è come il coraggio manzoniano: non lo si può comprare) e quindi manca il soggetto di riferimento la cui azione dovrebbe portare all’egemonismo. Le classi ci sono sempre, ma sono state come diluite, disperse nella categoria generica di popolo o peggio di consumatori. Una categoria sociologica, non politica. Forse potremmo partire da qui, sapendo che non abbiamo funzioni “illuminanti” da svolgere, né mandati da onorare.
Caro Enzo Sorbera, il tuo intervento mi stimola delle riflessioni che fra l’altro-almeno per me-non è facile sintetizzarle nel cercare di spiegarle e quindi con la solita e consapevole prolissità vengo a risponderti.Con certe considerazioni che fai sono d’accordo che siano poi quelle che fotografano la realtà oggettiva dei momenti che viviamo,ma mi trovano nettamente contrario nelle considerazioni ”politiche” che da queste ne fai derivare, perchè quelle che fai sono di natura politica almeno certune.Vediamole un momento.Mi viene un po’ da sorridere quanto tu parli della prevalenza delle istanze di buona amministrazione e che poi ripeti quando parli di rendiconti definendoli di” sana e robusta amministrazione”.Ma dico io, ti sembrano le vicissitudini-almeno quelle più recenti senza andare tanto all’indietro della Villetta, SDM,del Carbonizzatore..tanto per parlare di quelle che solo adesso mi vengono in mente, roba da” sana e robusta amministrazione”,dove per parlare di Orizzonti e del Concerto rock- anche tu se ricordo bene -mi sembra che per quest’ultimo hai mostrato una discreta dose di perplessità nei confronti sia dei numeri sia di quanto detto da Lorenzoni stesso ? Ancorpiù quando tu fai il discorso politico sul ”valore intrinseco della cultura che sia un retaggio da abbandonare o da rivedere”.A me quest’ultima tua dizione mi ha fatto una certa impressione debbo dire la verità, perchè di fronte alla veridicità di quanto dici sulle categorie che non si sentono più oppresse e condivido questo, mica possiamo pensare che se non si sentano oppresse,per davvero non lo siano tali ? Sono loro stessi che non hanno più gli elementi di giudizio per non sentirsi tali in un momento di decadenza culturale ed economica come questo che stamo passando ! Lo sono ancor di più oppressi secondo me proprio perchè non lo si sentono tali e questo -e credo che tu lo possa condividere- rappresenta il fatto e la speranza finale di una lotta affinchè si riapproprino della propria coscenza nel pelago della ricerca delle alternative a tutto questo e quindi anche alla teoria la condizione è semprepiù diluita e finirebbe per rappresentare ” l’americanizzazione definitiva della società” ancora maggiore di quella che è, ed anche delle idee e degli istinti delle classi subalterne come quelle che negli USA che credono di affidarsi ai meccanismi del sistema per migliorare le loro condizioni di vita per il semplice fatto che gli abbiano mostrato che quello sia un sistema libero e che possa consentire la valorizzazione delle individualità per tutti perchè basato sulla libertà,con il limite però che tale libertà sia data dal denaro, ed ecco allora che tutti propendano alla ricerca di quest’ultimo per ritrovare sia la loro felicità sia la loro libertà, con la differenza che quelle classi subalterne non applicano culturalmente la critica economica e sociale che le porti a quella ”politica’ che sarebbe fondamentale, ma vivono la loro condizione in una situazione di perenne illusione.E’ questa suprema illusione che credo dovremmo abbandonare per cercare con il metro dei bisogni alla mano la possibilità sociale, statistica e culturale del miglioramento delle condizioni esistenziali delle classi subalterne, ma quando arrivi alla considerazione che la categoria degli oppressi oggi è una categoria sociologica e non politica- e bada bene dici la verità dicendo questo – codesta verità dovrebbe contenere anche l’onestà intellettuale di una risposta che andrebbe data e che prenda in esame serio,serissimo, la natura di quei passaggi per i quali sia avvenuta tale trasformazione deleteria e che spiana la strada alla neutralizzazione delle coscenze e delle possibili rivalse che hanno al loro fondamento la battaglia delle idee. Eh caro Enzo,non basta dire che questa è la fotografia della situazione ma l’imperativo che necessita e che giuoca un ruolo fondamentale è quello dell’analisi politica. Se chi regge l’amministrazione di un piccolo Comune ma di qualsiasi altro comune dove esiste una maggioranza spesso risicata (ed è necessario dare alle parole il loro significato diversamente si snatura il discorso) questo lo si deve-oltre alla pochezza intellettuale politica di chi regge le sorti nei piccoli paesi- alla tendenza generale di un livello economico superiore, globale,dove versa il mondo e che rende subalterni anche i piccoli luoghi ed i piccoli valori locali e quotidiani vissuti ed organizzati nei piccoli paesi.La domanda dovrebbe essere allora quella di come ci si liberi da ”questi”,intendendo per ”questi” sia quelle persone di cui si parla e che sono a noi vicine sia i vertici che impongono loro le loro visioni che sono tutte ”politiche”.La risposta è come dici tu inizialmente molto problematica ma una cosa è certa ed è quella che la subordinazione alle direttive dei vertici politici posti più in alto di quelli locali debba essere combattuta dentro le persone ed anche dalle persone stesse che oggi sono al governo della nostra città,una opposizione chiara, senza tentennamenti, una opposizione che non mostri connivenze ed ammicamenti, una posizione che rifletta chiarezza da tutte le parti la si guardi.Solo così si cambiano le cose dal basso e solo così ci si libera da anni ed anni di connivenze economiche e politiche costruite spesso in maniera SUBLIMALE E SUBDOLA da chi ha diretto l’orchestra , ma è una battaglia lunga ma non è detto che possa essere vincente in un divenire che spinge verso la tragedia globale e di riflesso anche locale.Se le nostre dirigenze locali non sono in grado di diversificarsi dalla linea che hanno sostenuto fin’ora da anni e che non è davvero quella che tu definisci di ”sana e robusta costituzione” ma tutt’altro e spesso il suo contrario non solo riguardo all’elenco che ho fatto a mia piccola e corta memoria ma soprattutto se guardiamo alla quantità di soldi spesi nel nostro territorio dove sono passati negli anni decine di milioni di euro per iniziative la maggior parte improduttive, allora vuol dire che la loro funzione non sia altro che la catena di trasmissione delle direttive superiori che hanno riflettuto la totale accettazione di quanto deciso ed impresso da questa tipologia di sviluppo economico che io chiamerei invece di ”sottosviluppo economico”.E tutto questo si è svolto negli anni con la compartecipazione dei comprimari e degli amici degli amici, gente alla quale mancava non l’intelligenza ma la volontà politica della chiarezza e quella dell’onestà politica delle idee.La famosa frase di John Burke,quale esempio finale di tale situazione e che ogni tanto ho riportato nei miei interminabili discorsi, riassume tutta una verità di natura appunto ”POLITICA” che dice che ”sia difficile far capire qualcosa a qualcuno il cui stipendio dipende dalla capacità di non capirla”.E questo si applica ad ogni natura di settori a cominciare da quello delle gestione politica ed amministrativo-giuridica-economica di tutto il processo produttivo anche di un piccolo paese, non escluso soprattutto il processo culturale. Il fatto che tu parli giustamente che nella cultura, l’accettazione delle linee di quanto disposto non da Chiusi bensi-pensa te a quali livelli siamo -di quanto disposto dalle agenzie messe in piedi con la determinazione del partito per vendere ed applicare le rappresentazioni culturali sui territori la dice lunga a quale punto di involuzione sia giunta l’accettazione supina e subalterna delle persone dentro gli organi di partito locali.Ma è proprio qui che è contenuto il discorso di John Burke, e per favore Enzo, non fare finta di non capirlo questo, perchè l’hai riconosciuto anche tu che la direzione politica della cultura sia questa, e le ragioni di tale accettazione esistono e sono reali e per la maggior parte dei fatti non sono quelle delle idee e della diversità culturale ma quelle economiche, poichè anche tali ragioni di accentramento decisionale della cultura derivano anche dall’esame dei costi, quindi sono economiche in un ambito più generale quando i bilanci in periferia del sistema sono asfittici e non si possono permettere altro, tranne l’illusorietà impasticcata dei concerti rock e relativo iperconsumo di soldi pubblici per la gratificazione degli amici degli amici e non solo ma anche di coloro che sembrerebbero critici e distaccati ed avere una visione più onnicomprensiva.Ecco quindi che quel John Burke tanti torti non li aveva quando pronunciò quella frase.Qui caro Enzo sta andando tutto a scatafascio e non sono più tempi di appioppare le responsabilità condivise dei larghi raggruppamenti quando chi ha condotto la danza per anni è stato la cinghia di trasmissione di una visione asfittica e mai politicamente e realmente costruita sulle necessità di una cittadinanza che subalterna ed acritica si ritrova oggi e ad aver accettato tutto mentre qualcuno pensa anche di poter invertire la rotta ai buoi e di farli ritornare nella stalla.L’unica cosa da fare-secondo me- sarebbe una profonda critica dell’operato di anni ed anni, ma la critica va fatta con la consapevolezza e con l’onestà intellettuale che a Chiusi spesso è mancata, ed allora ci si è sempre adattati alle ”piccole manovre” per ” le grandi manovre” non comprendendo che in quel modo un paese che non aveva classi sicure sulle quali poggiare avrebbe finito per essere reso asfittico, inconcludente, critico oltre ogni limite, ed anche raggomitolato in se stesso, portandosi dietro talvolta anche il risentimento di classi produttive di commercianti che per loro natura hanno sempre guardato alla propria pancia e quando hanno sentito che domattina il caffè sarebbe stato nella tazza minore di quello che hanno bevuto stamattina si sono incazzati, risentiti abbracciando così la delusione e talvolta anche non rispondendo alla coralità delle iniziative. C’è bisogno-credo- che anche tale categoria cambi atteggiamento rispetto a quanto proposto dalla politica ma non solo guardando al proprio ombelico ed alla propria pancia ma guardando ad un contesto più generale che con le iniziative-anche quelle culturali messe in campo- oggi come oggi rischiano di veder cancellata e diminuita la loro influenza in un contesto di servizio pubblico, perchè il loro servizio oltre ad essere per loro stessi e mirante alla massimizzazione dei profitti è anche un servizio pubblico e spesso credo hanno anche dato la loro disponibilità per percorrere tale strada.A testimonianza di questo la crisi imperante mette a nudo realtà che si possono leggere sulle porte dei negozi con scritto affittasi, vendesi o cedesi attività.Fra l’altro in questi uiltmi anni quanti esercizi abbamo visto nascere e subito dopo chiudere ? Allora, siccome a Napoli dicono sempre che ”o’ pesce feta da a’ capa” mi sembra anche inutile ripetersi su quale debba essere la luce con la quale si guardi a tutto questo e che credo debba essere impietosa e del non fare sconti alla via che è stata percora fin’ora.Senza se e senza ma. Punto! E allora c’è bisogno di un cambiamento che possa essere riconosciuto come vero e diversi cittadini mi sembra che ultimamente si siano impegnati su questa strada con i Comitati,che esistono e si formano quando il ”pubblico” abdica alle sue prerogative naturali.
Rispetto al “tema complesso” sollevato in questo articolo, mi sono sentito rispondere da un amico in questo modo: “uscire di casa per andare dove, per fare cosa? per andare a mangiare un gelato in piazzetta? Iì un gelato costa 2 euro e 50, io ne compro un barattolo alla Coop e me lo mangio in terrazza o in giardino con i vicini…Spendo meno e il risultato è lo stesso”. Il tema complesso, come vedete, si riduce ad una questione molto meno complessa. Molta gente il problema del “vivere sociale” non se lo pone proprio. E la politica è sempre lo specchio della gente e della società.
La risposta che ti ha fornito il mangiatore di gelato è pari pari la risposta della politica. Alla politica non interessa il benessere della gente, lo dicono ma non lo perseguono, come il mangiatore di gelato che fà a meno della socializzazione e che si ritiene da se stesso che abbia raggiunto i propri scopi.Ma lo scopo della politica è ben altro, molto diverso da quello del mangatore di gelato della Coop che è padrone di fare ciò che gli sembra meglio all’interno della sua dimensione personale, ma la politica-appunto- si deve interessare del benessere della gente e non dei propri castellani.Qui invece mi sembra che negli ultimi 30 anni si sia interessata solo dei propri castellani che hanno ricevuto dal signore di turno (sempre della stessa specie che parlava del benessere della gente ma che faceva il benessere di se stesso e dei propri castellani che lo votavano,mass media inclusi),assicurandosi di avere sempre intorno coloro che erano ”sensibili” alle carrettate di cibo che lui poteva fornire.Spesso è successo anche che dentro il lasso di tempo di quei 30-40 anni con l’aiuto e la lungimirante presenza del supporto di banche lo sviluppo sia stato deciso da pochi soprattutto per l’acquisizione dei terreni dove potessero sorgere nuove aziende, parecchie che si sono trasferite al di là de fosso perchè si faceva fatica ad applicare una uguale tariffa degli oneri di urbanizzazione, ed abbiamo assistito al travaso di aziende che hanno impinguato l’erario di Città della Pieve ed hanno impoverito quello di Chiusi. Ed allora quando si fanno i ragionamenti che le politiche di bilancio siano state per Chiusi ”ampiamente prevalenti verso la buona amministrazione definita sana e robusta” io mi faccio la domanda dal momento che al peggio non c’è mai fondo che è quella che meno male che sia stata ”sana e robusta amministrazione”perchè sennò chissà dove ancora saremmo sprofondati….Ma non ci prendiamo per i fondelli per favore perchè poi al di là delle ragioni dell’uno o dell’altro basterebbe dare uno sguardo al paese ed al decoro che gli viene riservato per capire che sono tutte cose queste che si tenta di mettere davanti agli occhi delle persone per non andare a vedere il nocciolo della questione che riguarda la sudditanza politica ad una macchina spremilimoni che ci chiede in continuazione di aggiungere un buco alla cintura perchè i soldi non ci sono. E allora cosa devo dire più di questo quando i fatti si commentano da soli ?
Ogni complessità si può ridurre: per ogni “materia” c’è un “bignami” corrispondente. E la maggior parte di noi usa il bignami. Da sempre.
E’ chiaro che, se devo uscire per andare a comprare un gelato e fare un giro per un corso deserto, preferisco fare altre più casalinghe cose. Lo so da me che l’idea di buona amministrazione è un’arma a doppio taglio, visto che c’è sempre un problema che smentisce le migliori intenzioni. E questo è IL problema: la “buona amministrazione” cerca di accontentare tutti e finisce per scontentare ognuno. Anche qui, si tratta d’intendersi: buona amministrazione è un (possibile) esito di un percorso che affonda le sue radici nel vecchio efficientismo di scuola comunista. E l’amministrativismo ha finito per ingoiare la politica: se il PD è (ancora) attivo, lo è solo dove è amministrazione, lo deve al suo essere propaggine (protesi, direi) delle amministrazioni. Si guardino i comuni dove non sono al governo: il pd sparisce fino a ridursi ad ectoplasma. Il mio è (anche) un campanello d’allarme (che suona inascoltato 🙂 E’ un discorso generale, non ha interesse alla particolare situazione locale: del resto, la teoria dell’egemonismo nasce nel contesto dell’elitismo (Michels, Mosca, Pareto, Gramsci ecc.) e diventa disarticolata nella trasformazione del partito in partito-massa e alla sua successiva scomparsa. Oggi è il partito a dover essere reinventato. Su questo dovremmo ragionare, perché una struttura organizzata è l’unica possibilità di un discorso politico che non sia una romanticheria ma un progetto complessivo. Da qui discende anche il resto. O no?
X Enzo Sorbera .Mi trovi d’accordo con questo tuo ultimo pensiero ed intervento ma mi preme farti notare che dovresti considerare più estesamente e profondamente le ragioni di quella che sia la fotografia della situazione e della condizione del PD là dove hai detto che non governa perchè-come giustamente hai rilevato- si regge solo sull’amministrativismo ,ma diciamolo pure anche di quello di genere piuttosto basso,che spesso è al traino nella politica che esprime,di quella stessa politica insomma imposta dai vertici.Ed allora chiediamoci la ragione, perchè tale ragione non riguarda qualcosa di nascosto o che si possa non osservare,ma la sostanza che esprime rimanendo in quella fascia è una sostanza votata al mantenimento di posizioni in un mondo che cambia all’intorno.Ed è una posizione perdente,talmente perdente che diventa indifendibile spesso anche dai suoi militanti che si dilaniano in lotte intestine fra fazioni.Il ”pensiero unico” che era di un lontano PCI ma che in effetti tale unicità era merce data alle masse mentre il dibattito della battaglia delle idee dentro ai vertici direzionali c’era eccome se c’era, ma la capacità di elaborazione che poi faceva sintesi ha retto per decenni e tanto male non ha portato nè al PCI nè all’Italia, nè all’italia produttiva che vedeva nel sindacato la punta di lancia di un avanzamento sociale(ricordiamoci solo una cosa per esempio: Lo statuto dei Lavoratori).Oggi nell’odierno PD le cui adesioni sono fatte a tavolino tutto questo non esiste e come vedi e sai non esiste dibattito ma solo quasi esclusiva accettazione supina da parte del localismo di imput dei vertici e quindi chiaramente non può che essere un partito la cui esistenza si appoggia solo sugli incipienti rantoli della propria fine e questo lo dico perchè la metamorfosi è stata fatta a tavolino ed è diventato un partito delle tessere, una specie di supermercato dove tutti ci trovano qualcosa e questo qualcosa -attenzione a quanto dico perchè anche se è semplice si può anche facilmente ed indifferentemente scavallare e non considerare ed invece è un nodo essenziale- tale ”trovarci qualcosa” consente alla moltitudine suo malgrado democristianizzata, cioè quella che individualmente mai si è posta problemi ”politici” apparenti ma in maniera sublimale i dirigenti accanto ” all’oltre Tevere” che hanno un gran credito su tali masse, spingono in una direzione e quando vedono la mala parata di crolli o debacle cambiano direzione sapendo che si possono permettere questo ed altro che passi e che scavalli la critica dovuta a comportamenti del genere.La grande fatica di fare congressi ed in ritardo la dice lunga…. Un altra e da sempre esistente egemonia culturale dentro il PD per dirla alla Gramsci e cioè il rifiuto di fare i conti con la realtà.. In pratica parlo di vero e proprio ”VELENO”.Questo è il peccato originale di questo partito e se ci ricordiamo da chi è stato voluto i cui nomi corrispondono all’agglomerato di Veltroni-Rutelli-Margherita ed altri ben conosciuti ed eccoti che il giuoco è fatto,soprattutto quello della distruzione frammentata della sinistra,scalata dall’interno in una notte senza luna. Personalmente da aborrire e responsabili questi della sottocultura politica odierna che ha permesso negli anni l’avvento della destra al governo dell’italia, governo che credo durerà e moltiplicherà le sue istanze sulla società.Ecco il danno, il danno di quando le classi subalterne decidono di andare a destra perchè la sinistra non esiste ed è stata fagocitata mattone dopo mattone dalla ”Democristianizzazione” della società. E questi di oggi sono veri e propri democristianini costruiti e fatti con lo stampino. Comunque questo non è il tema in ballo ma è chiaro che nelle dipendenze periferiche come quella di Chiusi e della Val di Chiana gli imput non possono essere che di tale colore e contenuto,verso quanto vediamo oggi formarsi intorno a tematiche della salvaguardia del territorio e di come venga impostata la logistica e la mobilità specialmente ferroviaria, ed alla fine il conto arriva a tutti, anche se molti ancora fanno finta di non capire e lo si vede dalle loro mosse che propendono per il ”NI” anelando ad uniformarsi sul salire in sella al cavallo vincente mentre pochi ancora non hanno capito di quali panni si sono vestiti in passato.La Terza Repubblica lo si può quindi ben dire che ci faccia assistere nostro malgrado alla democristianizzazione della società ed allora quando osserviamo tutto questo credo sia logico ed anche umano che sorga da parte di tutti coloro che sono destinati alla sopportazione di tutto questo una reazione razionale di rifiuto ed una presa di coscenza che possa dire bianco al bianco e nero al nero.Il grigio ci ha condotto ai punti nei quali ci troviamo e non poteva essere diverso.Quindi quando si dice lo slogan ”tutto quanto serve per il trionfo del male è che gli uomini ”supposti” di bene non facciano nulla” si dice la verità, anche quella articolata e non solo quella tagliata con l’accetta,alla quale molti per timore di essere scorti e classificati in tale battaglia si adeguano,pensando così di evitare la vendicatività di tali apparati. Spesso sono questi i primi a consentire la continuazione su tali rotaie di tutto il sistema assumento il colore del cocomero,verde fuori, rosso dentro ma col seme nero, che possa variare ad ogni piè sospinto e ad ogni necessità.Il male dell’italia questo è secondo me,ma il tutto viene da lontano e quando la gente storce il naso quando sente parlare dell’ ”Oltre Tevere” non pensa che un grande apporto a tutto questo costume che si è mischiato saldandosi con la sottocultura nel tempo e che oggi è diventata quasi una cultura qualunquista e sostanza di pensiero, spesso storce il naso e non gli piace perchè si sente contrariata e non trovando alternativa si rifugia in un agnosticismo quasi rabbioso e distaccato.E’ lì l’anticamera del nuovo fascismo e dello stato autoritario.E queste secondo me non sono considerazioni estremistiche perchè semmai le condizioni per l’affermazione dell’estremismo l’hanno prodotto proprio chi ha governato in passato e chi governa attualmente.
Il problema non riguarda solo il PD. Non è solo il PD che ha smarrito la “vecchia scuola PCI” e non si cura della necessità del “vivere sociale”. Anche laddove il od è finito all’opposizione e si è letteralmente liquefatto (Chianciano, città della Pieve, Pienza…) lasciando il governo locale alla destra o a liste civiche più o meno mascherate, la situazione è identica. Il cambio di manico non ha portato alcun cambio nel modo di vivere le città…il problema è che la maggioranza delle persone, compresi politici e amministratori, non “vive la città”, non mostra interesse a farlo, molti perché non lo hanno mai fatto e sono cresciuti frequentando e vivendo solo il proprio giardino. La medicina forse è una sola: creare occasioni, situazioni che invitino la gente a uscire di casa. Servirà un po’ di ingegno e di curiosità, ma si può fare.
Il Pd è stato preso come esempio perché conosciuto da tutti gli interlocutori; personalmente non ho nessun interesse a fare analisi di quattro righe: non servono a nessuno. Far uscire la gente di casa purché esca mi va benissimo, però contraddice quanto prospettavi nell’articolo circa la necessità di un discorso che si faccia egemonico. Premetto che quella dell’egemonismo è un’idea che detesto, nasce nel contesto dell’elitismo che dicevo e ha prodotto esiti funesti. Prendiamo un esempio che possiamo condividere. La fotografia. E’ invalso, a Chiusi, l’uso di esposizione di foto in luoghi pubblici. Fatto meritorio che porta “a domicilio” aspetti peculiari della nostra civiltà. Che quel materiale sia percepito dal passante come fatto estetico è un dato di fatto: l’oggetto stesso si pone – per la sua collocazione e dimensione, per il fatto di essere stato scelto, ecc. – come elemento artistico. Supponiamo però che si faccia un’esposizione di “Portraits” o “Photographs”, i lavori di Thomas Ruff. Potremmo ancora pensare che siano percepiti come artistici? L’uso che Ruff fa del campo ottico cerca di aumentare la referenzialità dell’immagine, punta a ribaltare la postura ordinaria, da fototessera, che invece caratterizza la serie. Problema che non si pone con la sua serie “Negatives”. Se invece prendiamo i lavori di “Nudes” ci troviamo di fronte all’introduzione di tecniche di sfocatura che cercano di estetizzare la banalità della modella colta nell’attimo in cui toglie le mutandine o le altre situazioni della serie. Voglio dire, chi può decidere cosa e come (ad es., istantaneità/spontaneità vs posa) vale la pena di fotografare? La tutela della libertà di scelta estetica è un problema che deve sciogliere chiunque pone sul piatto l’idea di egemonismo. Poi, per attirare “la gente” fuori di casa possono farsi parecchie cose. Dare gratis panino & porchetta è una ricetta sicura per un primo approccio, con partecipanti entusiasti. I dolori vengono quando pensi di poter avere la stessa numerosità per una manifestazione “a digiuno”: l’entusiasmo scema visibilmente. Se poi è “un digiuno a pagamento”, la manifestazione attira solo mosche bianche. Però, non è detto che la gente che è uscita riesca ad attrarre simpatia. Proprio cinque minuti fa ho incrociato una persona che si lamentava del fatto che, con la gente che si ferma a chiacchierare al Prato dopo lo spettacolo, non riesce a dormire. Si potrà obbiettare che in fondo si tratta di sopportare una settimana di fastidio; si, ma alle quattro devo comunque alzarmi.
Condivido ciò che hai scritto ma vorrei sapere cosa si intenda perche la gente ”esca fuori di casa”.E’ una termine talmente generico che può racchiudere tutto,e non mi rispondere che la base di tale comportamento in questo caso particolare possa essere la ”socializzazione”perchè socializzare si può socializzare su tante cose, tante espressionie tante iniziative. Io credo che la gente debba imparare a rivivere di politca e non a socializzare sulle cazzate o sulle iniziative ludiche, perchè con quelle non si cambia verso.Sò bene che sia più complesso socializzare sulla diversità e sulla complessità della politica ma anche la ”socializzazione” come vedi intorno è stata captata dal complesso mediatico che ne fà un arnese per portare l’acqua al proprio mulino usato da parte spesso dei partiti reggenti e mentre anche dalle opposizioni non si ha il coraggio di costruire percorsi finalizzati ad una diversa amministrazione della cultura, della stessa politica per la costruzione di una possibile alternativa. E quindi anche nei nostri paesi per le iniziative storte la rispoosta è semprepiù affidata alla gente che si riunisce in comitati di difesa verso e contro la politica dirigista,ma con obiettivi mirati sulle singole questioni. Ed è una gran fatica, prima cosa perchè dentro tali comitati c’è di tutto e c’è anche la difesa del proprio orticello ed un occhio normale avvezzo a criticare la politica se ne accorge subito di tutto questo che sembrano essere tutti ” uomini contro” ma invece si remi per insabbiare e ritardare.Secondariamente mentre la macchina decisionale procede a pezzi e bocconi osserviamo che la politca intorno alle principali questioni non dà una risposta perchè forse attende strategicamente che la gente sia ancora di più inibita e stravolta e non abbia nemmeno la forza di assurgere al ruolo di contestare le cose ingiuste e lo spreco di denaro.E certamente è vero ciò che dici al riguardo che sedicente sinistra e destra non hanno cambiato un bel nulla ma proprio questo dovrebbe significare qualcosa nei ragionamenti che la gente possa fare-se li facesse- ed è che ogni cosa venga fatto e venga proposta per portare acqua al molino delle fazioni.Occorre riconoscere tale sato di cose e portare la sente fuori come dici ce la devi portare non accomunandola sulle cazzate spesso mediatiche ma sulle necessità reali deòl paese. solo così puoi sperare di cambiare un po’ la situazione, diversamente è tutto fiato ed energia sprecata.Per far questo ci vuole la volontà e ci vuole da credere che per anni siamo caduti in un tranelloche ha fatto nsi di privilegiare i soloni politici che ancor oggi si dano da fare per rimanere ancorati alle proprie bandierine.Questi sono tanti e la patologia l’hanno fatta estendere anche a coloro che nei partiti sono stati investiti nel loro piccolo dalla febbre confusionale evocata ad hoc per la quale si giunge anche a dire che dovrebbe essere finita l’era di chi si è approfittato e che ha fatto si che fossero raggiunti i risultati deleteri che vediamo ( te lo figuri un partito che faccia davvero l’autocritica ? Da mezzo secolo non mi ricordo che sia successa una cosa del genere…ecco perchè spuntano fuori tutte le condizioni per le quali i vari ramoscelli di supporto alla destra ed alla sinistra che chiedono ciascuno i propri spazi, come il Renzismo,posizioni non chiare alla Calenda che sembra di stare con i frati e zappare l’orto ,ma anche a destra è la stessa cosa con la Lega di Salvini che crede di fare politiche che curino l’immigrazione creando le condizioni per le quali nulla cambi per davvero e tutto proceda come prima che i recettori dell’organizazione che sistemano gli immigrati percepiscano 38 Euro al giorno a migrante.Secondo voi è concepibile una cosa del genere quando si tratta di fermare l’immigrazoione clandestina quando è da quella che ne deriva un profitto che non và di certo nelle tasche di quei poveri disgraziati ? Quindi, ” fare uscire la gente di casa” può andar bene, ma è uno slogan generico che può propendere in questa situazione anche a ricollocare la gente nel mare delle cazzate.Quelle tanto per farla breve che ci fanno vedere nei minimo 20 minuti di trasmissione giormaliera dei nostri TG mainstream riguardanti concerti Rock, I rolling Stones, Le medaglie del nuoto o gli Yacht ancorati a Porto Cervo. La vergogna- hai detto bene tu-prende tutti e non c’è luogo che non ne sia toccato.
C’è una progressiva americanizzazione della nostra democrazia. La piazza- come luogo d’incontro e di dibattito (al) pubblico – ha funzionato in Europa solo per un breve periodo. In genere, è il club o il gruppo di pressione che ha funzionato (e funziona) per orientare la sfera politica. Da qui la “fortuna” dei comitati: suppliscono a vuoti della politica ma, essendo circoscritti a un problema, sono forti se riescono a intercettare la convenienza di gruppi più forti (economicamente,territorialmente, ecc.) Inoltre, non essendo portatori di un progetto complessivo di alternativa, hanno un peso politico prossimo a zero. Qualunque presidente di regione può permettersi il lusso di ignorarli se non intercettano interessi più grandi. Se permette al singolo di sentirsi (un po’ più) forte, il comitato sconta gli stessi limiti delle class actions americane. Quanto all’uscire di casa, ripeto, tutto va bene. Ma forse non basta. Dobbiamo,ades., fare i conti con l’autoisolamento garantito dalla connessione permanente cui siamo obbligati; con la scarsa abitudine a parlare faccia a faccia ecc. oltre al fatto che la chiamata ad uscire è spesso un invito a ripetere fuori casa il ruolo passivo di consumatore un po’ inerte che svolgiamo nei quattro muri domestici. Tutto è perduto? Spero di no, ma da fare ce n’è ancora parecchio
Ti rispondo con una esperienza personale: nel mio piccolo, insieme ad altri amici e sodali di vecchia data e amici più giovani ho provato più volte a “far uscire la gente di casa” proponendo spettacoli teatrali, happening, incontri, presentazioni di libri ecc… Di spettacoli ne stiamo allestendo uno in queste settimane. Se tutto va bene il 19 agosto lo faremo, in uno dei “luoghi del delitto” cioè in uno dei luoghi di cui si parla nel testo…E la cosa di per sé è molto suggestiva (almeno per noi che ci stiamo lavorando). E’ un modo per sentirsi vivi, per rimanere attivi per mettere in circolo energie e piccoli saperi, per contaminarsi tra anziani e giovani, cosa che ormai avviene raramente. Per mischiare un po’ le carte e raccontare, per esempio, una storia del ‘500 a tempo di rock… Lo facciamo per il piacere di farlo, senza velleità alcuna. Ma con la consapevolezza che di cose da dire, anche sull’oggi, su questi tempi di guerra, ce ne sono tante e si possono dire in tanti modi, anche prendendola da molto lontano… Dove non arriva la politica, a mio avviso può arrivare la cultura. Raccontare fatti storici, situazioni del passato non è solo memoria, è anche riflessione sul chi siamo e perché siamo così… O siamo diventati così. Ovviamente io e i miei sodali non siamo i soli a fare cose del genere, ce ne sono parecchie di cose del genere in giro… Purtroppo ci sono anche molti “impedimenti” e “gabelle” che rendono tutto abbastanza complicato. Non è semplice oggi fare cultura – anche cultura pop – sul campo se il campo è minato o pieno di steccati. In questo – per tornare alla “sana e robusta amministrazione” – non tutti i comuni sono ugali, alcuni aprono volentieri le porte e danno una mano a chi si propone, altri si trincerano dietro regolamenti astrusi e tutt’altro che inclusivi… E qui non c’entra niente la destra e la sinistra. Detto questo, anche gli ostacoli si possono superare. Quando però si tratta di iniziative volontaristiche, autogestite, indipendenti, ogni piccolo ostacolo può diventare un iceberg difficilmente aggirabile. Se il governo locale diventa burocrazia vessatoria da ufficio complicazioni affari semplici si torna sempre lì: all’assenza o scomparsa della politica. Noi invece, con la “tigna” di quei chiusini del ‘500 che resistettero all’assedio degli imperiali, spagnoli, fiorentini a papalini e li cacciarono indietro, rimaniamo convinti che ci sia ancora spazio per raccontare delle cose, per farlo in piazza, come un tempo. Per chiamare anche la politica ad una riflessione. Siamo messi maluccio, ma non tutto forse è perduto.
Per Sorbera.Sono d’accordo con quanto hai detto Enzo ma all’occhio di un osservatore esterno si verifica che non è sempre vero che il Comitato di Turno possa avere un peso politico pari a zero(Vedi vicenda del carbonizatore a Chiusi, cosa ne sia derivato ed i cambiamenti successi nel nostro piccolo spazio).Certo è che se in primis la politica abdica al proprio ruolo non è il Comitato che la possa sostituire,ma tutto questo può segnare una catena di avvenimenti dei quali la politica anche se mostra un alto grado di insensibilità verso il singolo problema,non può non tenerne conto.E questa tua concezione di impermeabilizzazione della politica credo che cozzi proprio con la definizione di politica stessa per la quale le istanze pubbliche e le richieste che le sono intorno producono comunque delle prese di posizione dalle quali la stessa politica non può essere esente e darne così impressione di se stessa ai cittadini.”La dialettica” come definizione è quel modo di produrre le discussione per affermare il contenuto concettuale della verità e quindi a tale ”dialettica” nulla si può sottrarre ma talvolta la stessa politica prova a sottrarsi ma paga un prezzo alla propria credibilità quando platealmente sostiene argomenti insostenibili e non logici( il sinonimo nel caso attuale della” stazione in linea” per esempio potrebbe essere uno di questi, come uno di questi è stato l’adeguamento della stessa politica ed il risultato del confronto sul carbonizzatore)e se la politica stessa tende a non farli emergere, negarli o fornire dati non veritieri per dimostrare la correttezza della sua linea di condotta,tutto questo è un prezzo che deve piegarsi a pagare e ne è costretta.E’ un processo, come una catena, e nell’epoca del predominio dei social il cui motore la maggior parte delle volte tira per chi comanda (cioè per il sistema di relazione economica dove si forma la ricchezza e la sua ripartizione che produce IL MODO DI PENSARE -questo tienilo sempre presente perchè questo a molti sfugge e non viene ritenuto importante o cosa veritiera- il confronto fra il singolo associato al Comitato e la politica diviene forma di lotta e la stessa politica sà bene che corre il rischio che ne debba tener conto, proprio in funzione di quella famosa storia-ma non solo quella- di stratificazione ed ingessatura del potere che la politica gestisce,ben sapendo che l’attività di mascheratura e di riciclo delle forze politiche vengono sempre a galla pur di non perdere la loro funzione di preminenza e guida dalla quale traggono il potere per sopravvivere e perpetuarsi. Quanto alla risposta fornita da Marco Lorenzoni dico che è vero che ”l’uscire fuori” produca socializzazione ma nello stesso tempo mi domando se in un tempo di crisi come questo che viviamo quella socializzazione che certamente si basa sulla cultura e sul relazionare fra persone, possa cambiare essa stessa le cose,ma io lo vedo tale movimento come un tentativo di accrescimento della conoscenza per la quale e con la quale salire dei gradini e prendere coscenza dei problemi che ci circondano,questo certamente.Tutto questo esiste certamente e deve essere sviluppato ma non tutto in tale ambito funziona così perchè in tale tendenza alla relazione sociale la maggior parte delle volte tutto si edulcora e si scioglie nell’assoluto impatto ludico-partecipativo dove migliaia di spettatori per esempio partecipano ad avvenimenti che media ci sottopongono non casualmente, nei quali basta guardare qualche spezzone trasmesso nei media che a tali folle- che per esempio alzano gli accendini nel buio della notte- rapiti da imput comandati da un plagio di massa anche quello promosso dal sistema e non da altro con altre finalità, passi nel cervello nulla che possa riguardare l’uso della cultura come leva per un serio ragionamento per far cambiare strada alla politica. A volte però anche questo produce una specie di leva indiretta per cambiare musica-ed è vero che serve-ma faccio l’esempio anche se succede poche volte nella sommatoria degli eventi- in cui la musica produce lì per lì il cambiamento, ma attenzione che tale cambiamento viene accelerato da tutto questo ma si svolge all’interno del sistema ed è il sistema stesso che la usa, affrettando quel cambiamento dove la politica ci impiegherebbe molto tempo di più, quindi il tutto diventa un mezzo impiegato e spesso tollerato,nel quale la politica se ne appropria e crea le condizioni per cambiare gattopardescamente, perchè nemmeno con la guerra del Vietnam possiamo dire che la generazione di Woodstock o dell’Isola di Wight abbia potuto cambaire musica alle decisioni del Governo Americano- che si è servito in un mondo dominato dai media come strutturalmente è – (eppure questo fatto è stato portat a conoscenza delle folle ed ancora oggi passa per la maggiore che abbia prodotto la fine della guerra)di quelle pulsioni per affrettare il proprio cammino per uscire dalla guerra. Ricordiamoci che tutto questo per essere ben identificato deve essere analizzato a livello di produzione sistemica e non a livello di produzione localistica se pur di grandi dimensioni.La stessa cosa stà succedendo per il cambiamento di indirizzo proiettato verso l’economia verde che vede uno dei promotori proprio nella protesta giovanile-green, capitanata in tutto l’occidente da Greta Thunberg.Ma dico io non vi è mai passato per la testa che tutta questa vicenda di mettere davanti la protesta del mondo giovanile pacifista-ecologico sia un modo-forse il miglior modo -per accelerare le produzioni della Green Economy capitanate e dirette dale multinazionali che si adeguano a tale status mettendo in primo piano tali necessità quando ieri- si proprio ieri-assumevano la posizione di essere contrarie a tutto ciò che andava contro gli interessi stratificati delle loro grandi aziende che dicevano che sconvolgeva con gravi danni la loro produzione industriale(Industria meccanica, chimica,logistica ) ed oggi che hanno fiutato l’arrivo della Green Economy per la quale sono previsti miliardi di Euro e di Dollari si apprestano a metterci le mano sopra ? Pensiamo davvero che questi benefattori dell’umanità facciano il nostro interesse di persone e di popolo oppure non vi passa per la mente che sia proprio il sistema che funzioni in tal modo ? Greta Thunberg dovrebbe essere un loro nominale nemico perchè più volte ha contestato l’inquinamento globale della terra e dell’aria e delle aree industriali e se veramente fosse il nemico non le l’avrebbero permesso in ogni modo possible di farla parlare, di farla apparire nei media ma l’hanno fatto in modo da convincervi che affrettarsi alla transizione verde sia una necessità improrogabile e l’hanno promossa. Non è quindi una leva contro di loro, ma è una leva PER LORO, indipendentemente da come pensi Greta stessa ed il suo seguito: un consumo di massa anche questo ! Troppo ardua questa tesi ? Ed allora se vi sembrta troppo ardua guardate ai risultati. Se veramente fosse un loro nemico non l’avrebbero creata e sostenuta ma oscurata e dissuasa in ogni modo possibile come hanno sempre fatto con coloro che specialmente nella politica potevano creare ai loro apparati produttivi dei problemi. Oggi la guerra militare e di occupazione economica-cioè la guerra coloniale in edizione rinnovata- vediamo che si stà spostando dall’Ucraina all’Africa da dove stanno partendo dei segnali di intervento militare da parte delle potenze occidentali e stai a vedere che mancherà poco che ci tirino fuori la responsabilità della Russia e della Cina per tutto questo, quando la Francia ha soprattuitto fatto verso il Niger una politica di succhiamento di risorse incredibile ed oggi ha lanciato un ultimatum al governo dei militari andato al potere detronizzando quello sostenuto da Macron che aveva trovato come sempre un alleato per il proprio ”Pillage” di materie speciali e preziose come Uranio, Oro ed altre.La volpe quindi perde il pelo ma non il vizio.E allora noi siamo nel mezzo, in mezzo a questa catastrofe naturale-sistemica dove si giuoca anche la nostra esistenza di Europa , di nazioni, di alleanze.E’ possibile veramente che i prossimi anni ci faranno trovare davanti ad una crisi sistemica ed ad un crollo generale profondo delle nostre facoltà impostate nominalmente ma non effettivamente su concetti di libertà e di livelli di vita.Per secoli abbiamo depredato il mondo(parlo di noi occidentali)e non abbiamo MAI SMESSO DI FARLO,accumulato le ricchezze in materie prime soprattutto, che sono servite garantire uno sviluppo in casa nostra e adesso il resto del mondo ce ne chiede il conto.Basti solo pensare all’Africa, alla Cina, all’India.C’è bisogno di una nuova politica che riconosca chi sia dentro casa nostra rintanato con la maschera appesa al viso che stia dispensando da decenni secondo lui il benessere agli altri sottoforma dello sviluppo,permesso col riformismo che ha condotto tutti ad una condizione in certe nostre aree da terzo mondo e che ancora avrebbe l’intenzione di proseguire,come per esempio il modello francese di Macron, tanto esaltato dal renzismo di casa nostra e non solo da questo.Ecco quindi che secondo il mio parere i discorsi non si possono fermare all’alta velocità, al frecciarossa,allo sviluppo di Chiusi, ma tutto questo dipende da un movimento più grande e di vasta scala,perchè se cambierà questo cambieremo anche noi, diversamente se aspettiamo che cambi il cervello di chi ci dirige anche localmente, presto di certo avremo le ragnatele sullo stomaco ed i segnali che provengono da cosa hanno seminato ed anche contribuito a seminare ci sono tutti.Ed allora come ebbe a dire appunto Antonio Gramsci :”Istruitevi perchè avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza.Agitatevi perchè avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo !!”. Lo tacitarono i progenitori di coloro che oggi sono al governo, grazie all’ipocrisia ed anche all’azione precisa di coloro- come istanze politiche mai terminate nemmeno con la fine della guerra mondiale-che hanno permesso oggi che ci siano giunti.E allora questi non sono amici – e bisogna avere il coraggio di dirlo- ma nemmeno nemici, ma solo ”servi sciocchi” che spesso hanno barattato il loro piccolo potere essendo costretti dal grande potere a seguirne le linee e le direttive e talvolta-ma poche volte per la verità- appaiono all’altezza dei loro compiti ma che permettono che si realizzino i programmi di chi decide sulle nostre teste.Ecco perchè quelle parole di Gramsci man mano che il tempo passa diventano semprepiù attuali.Fine del discorso.