TEATRO A KM ZERO, SI PUO’ FARE SISTEMA? UNA PROPOSTA A COMPAGNIE LOCALI, COMUNI ED ENTI DI GESTIONE DEI TEATRI
Uno dei punti cardine della candidatura della Valdichiana senese a Capitale italiana della Cultura 2026 era la presenza di 8 teatri storici su 10 comuni (Montepulciano, Sarteano, Sinalunga, Torrita di Siena, Chiusi, San Casciano Bagni, Acquaviva, Petroio), di alcuni teatri moderni o sale polivalenti (a Chianciano, Montepulciano, Bettolle, Chiusi, Cetona). Unico comune a non avere un teatro è Pienza che è un teatro a cielo aperto ed ha il “teatrino Andrea Cresti” e l’esperienza straordonaria e irripetibile del Teatro Povero nella frazione di Monticchiello. Una dotazione, quanto a strutture, decisamente ricca e anche variegata. Sette teatri sono di fattura sette-ottocentesca; uno, il Mascagni di Chiusi, è di stile razionalista (fu inaugurato nel 1938). Tutti perfettamente funzionanti e attrezzati. Alcuni ristrutturati di recente. Come le sale polivalenti. Quella di Chianciano è anche nel nome,”Teatro Caos”, un teatro moderno in piena regola. Idem la sala di Bettolle.
Una presenza così ampia e diffusa di teatri segnala una tradizione teatrale altrettanto diffusa. E viva. Una tradizione che viene da lontano e affonda le radici nelle accademie settecentesche di cui alcuni teatri portano ancora il nome (Arrischianti a Sarteano, Oscuri a Torrita, Georgofili Accalorati a San Casciano Bagni, Concordi ad Acquaviva…) e che nel tempo si è mantenuta passando anche attraverso momenti difficili, in qualche caso anche episodi bellici sanguinosi come la battaglia corpo a corpo tra le SS tedesche e i soldati sudafricani dell’esercito britannico dentro il Mascagni di Chiusi nel giugno del ’44… Quasi tutti i teatri citati propongono stagioni invernali di qualità con spettacoli, incontri ed eventi di livello e richiamo nazionale. Quest’anno per esempio si son visti in zona attori come Teresa De Sio, Alessandro Haber, Enzo De Caro, Marco Paolini, Paolo Rossi, Marina Massironi o giornalisti come Marco Damilano, Aldo Cazzullo…
Ma oltre alla ricchezza costituita dall’hardware (i teatri), e alla possibilità di assistere a spettacoli con nomi noti del panorama nazionale, la zona della Valdichiana si segnala anche per la ricchezza della produzione teatrale locale. Cioè per il teatro a km zero. Una produzione che si avvale di registi del territorio diventati professionisti (Manfredi Rutelli, Laura Fatini, Gianni Poliziani, Carlo Pasquini… ), ma anche di attori cresciuti nelle compagnie locali, anche attraverso corsi e stages per ragazzi e per adulti che più o meno tutti i teatri fanno, e anche di musicisti e tecnici pure loro autoctoni o cresciuti in loco nelle filarmoniche, nelle orchestre scolastiche, in qualche rock band o all’ombra di festival consolidati come il Cantiere Internazionale d’Arte, per dirne uno…
Negli ultimi 10 mesi, per esempio in zona sono stati allestiti e portati in scena una decina di spettacoli diciamo così a km zero. Uno è annunciato per il prossimo 16 giugno a Sarteano: “Variazioni sull’anatra”, testo del drammaturgo e regista americano David Memet, regia di Laura Fatini con gli allievi del corso della compagnia degli Arrischianti.
Ma in questi mesi abbiamo visto “La crociata dei bambini” di Carlo Pasquini, Amor fati diretto da Marta Parri, L’ora di ricevimento di Fabrizio Nenci, La mappa delle Meraviglie e Me Ta di Laura Fatini, “Ottanta” dei Macchiati; The Meltdown di Manfredi Rutelli e Non te li puoi portare appresso con gli allievi dei corsi LST Teatro; “Il silenzio grande” ancora degli Arrischianti. Poi ancora “Quando sognavamo la California” e il nostro “Tradire! La notte prima dell’assedio” e alcune “monografie” su alcuni cantautori di e con Stefano Giannotti e l’Arteatro… E di sicuro ce ne saranno stati anche altri.
In alcuni casi le pieces messe in scena hanno visto la partecipazione di attori di compagnie diverse, di musicisti di varie formazioni e anche questa è una cosa interessante, una contaminazione e interazione che è segnale di vitalità. Però se si va a guardare con un po’ più di attenzione ci si accorge che Gli Arrischianti i loro lavori li presentano quasi esclusivamente a Sarteano, la compagnia LST Tearo di Rutelli e Poliziani quasi esclusivaente a Chianciano. l’Arteatro solo a Montepulciano, I Macchiati solo a Chiusi… Insomma qualche contaminazione c’è, ma in sostanza e nella maggior parte dei casi, si lavora per compartimenti stagni e ognuno a casa sua, come si dice da queste parti. Va bene così? No non va bene. E non basta qualche sconfinamento, magari sfruttando occasioni e situazioni scolastiche a cambiare lo scenario.
La buona dote di strutture utilizzabili (sale e teatri) e la buona vivacità delle compagnie locali, peraltro con una crescita anche qualitativa dell’offerta – sia perché, come dicevamo, alcuni registi e attori sono diventati dei professionisti, sia perché tra esperienze sul campo, corsi, e anni che passano, molti anche di quelli che son rimasti dilettanti hanno affinato le proprie capacità recitative o musicali – costituiscono un patrimonio che meriterebbe una maggiore “esposizione” al pubblico. Anche perché pure il pubblico allo stato attuale è un po’ statico e difficilmente o raramente quello degli Arrischianti esce fuori da Sarteano, quello dei Macchiati da Chiusi, quello di Lst da Chianciano… E’ un peccato.
Ci permettiamo quindi di avanzare una proposta, che rivolgiamo innazitutto alle istituzioni che sovrintedono alla gestione delle strutture (Comuni, Fondazioni, Associazioni ecc…), ma anche alle compagnie, ai registi, ai “produttori” insomma, ed è quella di trasformare la rete dei teatri e sale polivalenti in un “circuito” vero e proprio e di presentare, diciamo così per statuto, ogni lavoro che viene prodotto nel territorio in TUTTI i teatri e le sale del territorio. Ovviamente essendo produzioni a km zero, ad un prezzo di utilizzo delle strutture calmierato e ridotto al minimo. I Comuni hanno spesso delle clausole in proposito.
Così facendo si darebbe corpo e sostanza all’idea della Vadichiana come area omogenea che era alla base della candidatura a capitale italiana della cultura; si offrirebbe alle varie compagnie locali l’opportunità di replicare più volte i propri lavori e di avere maggiore visibilità; si moltiplicherebbero teatro per teatro, sala per sala, le giornate di utilizzo, inserendo in cartellone o fuori cartellone spettacoli che rappresentano la produzione culturale locale, quindi SONO ciò che resta come sedimento nel territorio di tutto il resto comprese le stagioni, i festival, le rassegne con i grandi nomi nazionali.
Ovviamente per le compagnie locali tutto ciò dovrebbe essere una opportuità, non un obbligo. Ed essendo quello della Valdichiana senese un territorio di confine, il ragionamento potrebbe essere allargato a Città della Pieve e Castiglione del Lago, che già in qualche modo fanno parte del medesimo “circuito” con il Teatro degli Avvaloranti nella città del Perugino, la Rocca del Leone e Palazzo della Corgna nel paese lacustre, spesso utilizzati anche da compagnie ed eventi di matrice toscana.
Secondo noi una cosa del genere favorirebbe anche l’intescambio tra le varie compagnie e tra i vari teatri ed enti di gestione, offrirebbe al pubblico più occasioni per uscire di casa la sera e farebbe crescere le varie professionalità che girano intorno ad uno spettacolo, mettendole “a sistema” e non in concorrenza e contribuirebbe pure a smussare qualche spigolo di gelosia che ogni tanto affiora…
L’Unione dei Comuni potrebbe essere la sede giusta per affinare l’idea.
m.l.
per una compagnia amatoriale alcuni teatri m, come quello di Chiusi ad esempio, sono inaccessibili a causa dei costi elevatissimi di uso, al punto che quasi tutte le compagnie amatoriali di Chiusi debuttano con i loro spettacoli in altri paesi oppure all’aperto. Il problema non è infatti una scarsa sensibilità del comune di Chiusi al teatro locale, per un evento all’ aperto si trova massima disponibilità, ma è proprio la difficoltà a mettere piede in teatro… e questa è una contraddizione che andrebbe affrontata.
Si di certo, ma cosa vuoi che affrontino se i risultati sono quelli come il Palapania,oppure l’ex area del frigomacello ceduta ad aziende che prima o poi usciranno con proposte reddituali certe per rimpinguare i loro bilanci e le loro iniziative a scapito dei territori.Tutto questo è solo questione di tempo. Qui se dici di essere in presenza di una contraddizione che merita di essere affrontata occorre cambiare materia grigia da parte di chi decide ,perchè se si insiste a produrre quello che è stato prodotto fino ad adesso non è solo il teatro a soffrirne ma l’intera comunità.E dal momento che i risultati si vedono dagli atti e non dalle parole o dagli intenti, se per caso guardassimo anche agli intenti dimmi te se i comportamenti rispetto al problema della Stazione di Chiusi possano risolvere le questioni. Ma la gente non lo vede che siamo sempre a ”caro babbo ti scrivo” perchè si incischia per le paure, per le attese, perchè le idee non ci sono ed insieme alle idee nel tempo si sono sprecati un pozzo di milioni di euro che avrebbero potuto essere destinati anche alle cose che giustamente noti ? E allora quale solidarietà si meritano dal momento che lo sappiamo tutti che ”la vita dei citadini” sia una sola.Le loro scelte POLITICHE le hanno fatte,ci vuole ancora tempo perchè vengano capite ? Personalmente-per quanto possa contare il mio pensiero e sentimento- ” i tempi della ricreazione sono finiti, tutti in ginocchio” disse il diavolo a coloro che erano nella m….fino al collo.Qui si parla di ospitablità del Teatro e di mentalità a concepirne l’ospitabilità e l’uso,ma altro che teatro…..quella è solo una delle conseguenze.Di certo non la più grande.