C come COMUNITÀ
La Rubrica del Comitato Art32 di oggi spiega cosa significa ospedale di comunità.
Si parla tanto di Ospedale di Comunità: per realizzarlo ci sono i finanziamenti del PNRR e i lavori, ce lo dice l’Europa, dovranno obbligatoriamente concludersi entro il 2026. In Umbria ne sono previsti 6 per un totale di 111 posti letto. Noi del Comitato art.32 vogliamo evidenziare alcune problematiche.
NON È UN OSPEDALE TRADIZIONALE
La prima è che l’Ospedale di Comunità non è l’ospedale tradizionale che siamo abituati a frequentare. Non c’è una sala operatoria, non c’è il pronto soccorso, c’è solo un medico per 4-5 ore al giorno per 6 giorni a settimana. I veri protagonisti sono gli infermieri (9) e gli operatori sanitari (6) che lavoreranno 24 ore su 24 tutta la settimana. A volte ci sembra che i termini facciano fare solo confusione. Non stiamo dicendo che gli Ospedali di Comunità non siano utili, anzi. Vi diciamo chi ne usufruirà:
a – pazienti fragili e/o cronici provenienti dal domicilio;
b – pazienti affetti da multimorbilità provenienti da struttura ospedaliera;
c – pazienti che necessitano di assistenza nella somministrazione di farmaci o nella gestione di presidi o dispositivi;
d – pazienti che necessitano di supporto riabilitativo rieducativo.
L’Ospedale di Comunità è quindi un filtro tra la casa e l’ospedale “tradizionale” ed è importante perché, oltre a decongestionare quest’ultimo, fa parte insieme alla Casa della Comunità della cosiddetta sanità territoriale.
IL COSTO DEL PERSONALE
La seconda è che il costo del personale per ciascuna struttura è pari a € 628 000
annui per cui il costo complessivo dei 381 ospedali di comunità in Italia è stato stimato in € 239 268 000 che non fanno parte del PNRR e peseranno invece sul bilancio pubblico dal 2027. Come scrive Franco Pesaresi (direttore generale dell’Azienda servizi alla persona «Ambito 9» di Jesi AN): “Tale importo non è finanziato ma sarà reperito, come dettagliato nel Piano di sostenibilità allegato al PNRR, con i risparmi che deriveranno dalla riorganizzazione sanitaria che punta alla riduzione delle ospedalizzazioni ad alto rischio di inappropriatezza relative alle malattie croniche, alla riduzione degli accessi inappropriati nei pronto soccorsi relativi ai codici bianchi e verdi e alla riduzione della spesa farmaceutica relativa a tre classi di alto consumo di farmaci. Un obiettivo improbabile ma che presumibilmente serve a giustificare all’Europa la sostenibilità del progetto.” Entro il 2026 bisognerà trovare i soldi per il personale, ma già nei prossimi anni si diminuiscono gli investimenti nella sanità…mah!
PUBBLICO O PRIVATO?
La terza è che, come denunciato da Medicina Democratica “la legge 22/2021 (della Regione Lombardia) introduce formalmente … alcune indicazioni del PNRR (case di comunità, ospedali di comunità, medicina di prossimità) ma li stravolge in sede di attuazione aprendo anche questi ambiti al privato considerato “equivalente” al pubblico”. Ecco non vorremmo che la Regione Umbria seguisse la stessa strada. Siamo alle solite, i cittadini devono vigilare che le istituzioni siano trasparenti e chiedere fermamente che queste strutture siano gestite dal pubblico.
Immagine copertina:Fausta Molina
Comitato Diritto alla Salute ART32, Regione Umbria, Salute, sanità, Sanità territoriale