RAFFAELLO A DUE PASSI. UN DIPINTO DEL GRANDE PITTORE A PANICALE
Si chiude oggi a Perugia la mostra Fortuna e mito di Raffaello in Umbria, dedicata al celebre pittore rinascimentale Raffaello Sanzio (Urbino 1483 – Roma 1520).
Per celebrare i cinquecento anni dalla sua scomparsa l’Umbria ha voluto omaggiare la figura del pittore attraverso mostre ed eventi che vedono come protagonista la sua arte sublime e quella di tutti coloro che hanno sentito e colto la sua influenza lavorando in questo territorio.
Genio della pittura, garbato e brillante, Raffaello Sanzio esprime nelle sue opere una potenza espressiva ineguagliabile; è stato il più grande disegnatore della sua epoca.
Il suo è un universo costellato da capolavori unici, donne magnifiche raffigurate come stelle brillanti dotate di classe e grazia perfetta.
Nei diversi periodi professionali della sua vita non è mai stato uguale a se stesso; nella fase di esordio è possibile osservare nei suoi lavori il suo attaccamento a Pietro Vannucci, detto il Perugino, con il quale lavorò a Perugia dove nella cappella di San Severo risiede l’affresco La Trinità e i Santi.
Durante il suo soggiorno fiorentino Raffaello entrò in contatto con il Classicismo di Botticelli, osservò con attenzione i particolari de La Primavera così che anche le sue figure cominciarono ad alleggerirsi e ad acquisire una sensazione di movimento attraverso la rappresentazione del vento che muove gli abiti e scompiglia i capelli.
In questa fase il suo Rinascimento ruggisce attraverso i volti angelici e delicati dei personaggi che rappresenta.
La grazia e la virtù incastonate nella tela danno a chi le guarda la sensazione di toccare la bellezza eterna.
Egli è stato il primo pittore a convincere le donne che ritraeva a posare per lui senza veli; i suoi sono stati i primi nudi dell’epoca moderna (sappiamo anche come andava a finire, la morte prematura a soli 37 anni dovuta ad eccessi sessuali, lo racconta senza equivoci. Ma questo ovviamente non svilisce la grandezza del pittore e delle sue opere).
E’ proprio a Firenze infatti che Raffaello acquista la sua fama di ritrattista, sono di questo periodo la famosa Dama con il liocorno e tutti quei ritratti a mezzo busto che lo hanno reso famoso in tutto il mondo.
Le sue donne, siano esse Madonne, aristocratiche o comuni vengono rappresentate con contegno ed eleganza, sempre composte ed in equilibrio assoluto.
I loro volti ovali e genuini, che richiamano soavemente tratti angelici, emanano grazia e purezza attraverso la forza armonica del colore.
Anche nel nudo queste dame trasmettono consapevolezza ed orgoglio per ciò che sono attraverso lo sguardo, che è sempre sostenuto, fiero e mai sfuggente. (Si osservino: La Gravida, La Velata, La Fornarina).
Ammirare Raffaello e cogliere la sua ossessionata ricerca per la bellezza è possibile, sì può scegliere di raggiungere Perugia, Firenze o Roma dove lui lavorò gli ultimi anni della sua vita grazie alla chiamata di Papa Giulio II e per il quale affrescò le stanze papali con la meravigliosa Scuola di Atene. Anche a Città di Castello si trovano opere del grande pittore, soprattutto del periodo giovanile (una bella mostra si è chiusa domenica scorsa).
Presso Panicale, uno dei borghi più belli d’ Italia, nella Chiesa di San Sebastiano, è possibile vedere (1504 ca), dipinto recentemente attribuito proprio a Raffaello. Nella stessa chiesa si può ammirare anche il “Martirio di San Sebastiano” del suo maestro, il Perugino…
In un tripudio di colori, equilibrio e armonia, la Madonna e Gesù abitano il paradiso. Raffaello attraverso morbide pennellate dà corpo ad una situazione metafisica che coinvolge l’osservatore trasportandolo in una dimensione altra, dove sembianze di angeli nascenti, cherubini e serafini, spuntano ovunque per celebrare la presenza della Vergine e di suo figlio. Altri spiriti trasfigurano verso l’alto quasi a voler indicare una potenza superiore che vige al di sopra di tutto.
Apollineo e dionisiaco si fondono in questo capolavoro, dove il rigore perfetto delle forme rappresentate e l’equilibrio ricercato dalla mano del pittore vengono soavemente accompagnati dalla melodia degli angeli che, assorti nel loro compito, non si curano di chi li osserva.
Guardando attentamente la posizione delle loro dita è possibile intendere gli accordi e attraverso l’intuizione della musica si può conferire movimento e vita all’opera stessa.
Maria invece con il suo volto ovale e perfetto, l’espressione delicata e sognante, sostiene l’occhio attento dell’osservatore in tutta la sua elegante e statuaria bellezza creando un incrocio sublime di sguardi dove l’incanto della grazia piano piano lascia spazio all’umana pietà ed invita all’amore universale che unisce gli uomini a Dio.
Sono passati più di cinquecento anni da quando il giovane ragazzo venuto da Urbino si soffermò a Panicale per dimostrare il suo valore; la sua arte ha attraversato 5 secoli ed è ancora lì per scuotere i nostri sensi e per mostrarci di quale grande Rinascimento è stato capace Raffaello Sanzio, facciamoci un salto, ne varrà sicuramente la gioia. Se Parigi val bene una messa, Panicale val bene una gita…
Paola Margheriti
Bravissima e competente,senza esagerazioni ,la dottoressa Margheriti. Piacevole nella lettura.
RISPETTA i canoni che la cultura è per noi stessi non per ” sbatterla nel muso agli altri ” !
Brava.
Lei è sempre GENTILISSIMO Sig. Niccolò, grazie di prestare sempre attenzione a ciò che scrivo.
Bisogna ricordare anche il fatto che grazie all’opera solerte di convincimento presso Papa Leone X, Raffaello riuscì a fermare almeno in parte, l’opera di distruzione della Roma classica, delle sue opere, della sua urbanistica. Raffaello denuncia senza alcun riserbo al Papa, le scellerate distruzioni operate dai barbari, dai cittadini romani e anche dai papi, che avrebbero dovuto proteggere il lascito degli antichi in quanto detentori di un potere non solo religioso e morale, ma anche politico. Quell’opera di distruzione della Roma Classica, così come la persecuzione dei pagani, era iniziata con l’imperatore Teodosio, ricattato da quel Sant’Ambrogio, a seguito della strage nel 390 di settemila vittime da lui perpetrata. All’origine ci fu la condanna di un atleta omosessuale, a cui fu impedita la partecipazione ad una gara. Il popolo si rivoltò a tanta prepotenza, la risposta dell’imperatore fu un grande inganno, culminato appunto con la mattanza. Ambrogio approfittò della circostanza e ricattò l’imperatore addivenendo ad un accordo con il quale appunto, iniziarono le devastazioni dei luoghi di culto pagani e le persecuzioni dei medesimi.
X Renato.In chi ha guidato la Chiesa quindi,ma non solamente in questo caso-, c’è una storia che gronda non solo di ombre e di tendenza a non far conoscere per giudicare, ma gronda anche di gente che poi se non erro sia stata venerata ma che moralmente sia responsabile anche di fatti efferati.Con tutte le differenze di quei tempi lontani rapportati all’oggi, ma crediamo davvero che in una fase involutiva della società come ci prospetta oggi il futuro,che la storia non abbia a ripetersi ? E’ una domanda che mi faccio e che faccio ai lettori.Riguarda ogni aspetto del potere e la lotta per mantenerlo non fa sconti a nessuno,tantomemo ai deboli.E più andiamo avanti e più i deboli aumentano.Che sia un segno che tale sistema socio-economico dove viviamo li produca per sua stessa natura ? Ma guarda che interrogativi vengono alla mente talvolta anche parlando dell’Urbinate e di Giulio II e di tutto l’establishment che rappresentava quest’ultimo.
“Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini”, questa frase, successiva all’epoca di Raffaello, ma non di molto fu scritta sotto la famosa statua di Pasquino… E’ chiaramente un j’accuse contro la famiglia dei Barberini, che ebbe dei papi ed è attribuita ad un prelato, Mons. Barbagallo, ambasciatore del Duca di Mantova presso la Santa Sede. Siamo nel ‘600 e nella Chiesa erano evidentemente in atto faide molto terrene… Raffaello, come molti altri artisti a lui contemporanei ma anche successivi (Caravaggio e il Bernini per esempio), lavorarono certamente molto per la Chiesa di Roma, ma avevano capito bene che aria tirava e in vari modi cercarono di farlo capire e di prendere le distanze…
Forse mi ricordo male ma Mons. Barbagallo pagò cara la sua esternazione,se non altro moralmente, poichè gli fu fatta ingurgitare da Papa Urbano VIII della famiglia Barberini quando non poteva più reagire alla vendetta appunto dell’apostolo di Pietro perchè era a letto malato ed in fin di vita e le cronache di allora dicono che chiedesse scusa per quella frase oltraggiosa.Chissà se è la verità, certo è che quando sono in punto di morte guarda caso si pentono sempre di quello che hanno fatto quando erano vivi e vegeti. E’ cosa strana questa…Ma sono sempre ” loro” a dirlo ed a diffonderlo; in fondo è il discorso dell’oste e del vino,anzi spesso anche peggio nel senso che se il vino fosse cattivo a dirlo si rischia.Tale storia mi ricorda quel signore di Pisa che si dice inventò(anche se davvero non fu lui) poi il cannocchiale, perchè tanto bene anche a lui non gliela fecero passare e la sfangò per” il rotto della cuffia” come si dice in Toscana…Trattavasi sempre di quell’Urbano VIII di cui si parlava prima ed arrivò anche a minacciarlo di tortura se non avesse rifiutato pubblicamente la sua visione.Queste cose oggi anche se si sanno non stimolano più un ragionamento di completezza e di verità perchè forse si pensano ormai superate,anzi spesso si preferisce non ricordarle.Che questo corrisponda agli interessi di qualcuno ?
Carlo, se si parla di arte e di Rinascimento in queste cose ti ci imbatti per forza. E non si può non considerarle. Io nel mio piccolo, di recente, ho scritto anche un libricino in cui tra le 20 storie ignobili narrate, ce ne sono alcune proprio relative a quel periodo tra 1400 e 1700, in cui lo sfondo è sempre lo stesso, le faide e i veleni interni alla Chiesa di Roma…
Interessante commento sulle opere di Raffaello.