QUEI TRE CHE SCONVOLSERO IL ROCK… QUANDO LA TV TI RICONCILIA CON IL MONDO (E CON LA TUA MUSICA)

venerdì 14th, settembre 2018 / 12:22
QUEI TRE CHE SCONVOLSERO IL ROCK…  QUANDO LA TV TI RICONCILIA CON IL MONDO (E CON LA TUA MUSICA)
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Alcune riviste e siti specializzati indicano tra le rock band più influenti e ascoltate del momento Radiohead, Wolfmother, Muse, Green Day e in Italia i Ministri, i Calibro 35 e Kutso… In effetti c’è roba buona da ascoltare. Poi però, se senti i giovani e giovanissimi ti dicono che loro ascoltano il Trap, che non è il vecchio saggio Trapattoni, ma un genere derivato dall’Hip Hop che negli Usa andava di moda già negli anni ’90… Qui è arrivato un po’ più tardi. Come sempre.

Wikipedia a tal proposito spiega:  “il termine Trap deriva da trap house, appartamenti abbandonati (solitamente nei sobborghi di Atlanta) dove gli spacciatori americani preparano e spacciano sostanze stupefacenti.  Inoltre la parola trapping in slang significa “spacciare”. Questa musica è infatti molto legata ad ambienti e tematiche relative a vendita e dipendenza da droghe: inizialmente non è un genere vero e proprio, fino ai primi anni 2000 il termine indicava semplicemente un luogo (le trap house, appunto); successivamente comincia a essere utilizzato per indicare la musica legata a quel contesto. Tra le caratteristiche sonore vi sono suoni di batteria presi dalla drum machine Roland T-308, kick pesanti, sub-bassi distorti tipicamente dub, hi-hat a velocità doppia con frequenti rullate… La parte strumentale è di solito realizzata con sintetizzatori  e con melodie minimali, ripetitive, aggressive e/o ipnotiche… ”

Infatti proprio stamattina in una sala d’attesa ero seduto accanto a due ragazzini, età 16-18 anni, che nell’attesa ascoltavano, commentando, dei brani trap sul cellulare. In viva voce, uno li faceva ascoltare all’altro, che però diceva di preferire Fedez… Giovanotto nazionalista, evidentemente.

Ascoltando (per forza, ero a 30 centimetri di distanza) quei ritmi ripetitivi, ossessivi, ipnotici, ho avuto una sensazione di vuoto. Anche quei due ragazzini entrambi con maglietta Pirex e jeans strappati, pettinati con cura ed educati mi sono sembrati poco più che fantasmi. Sarà la vecchiaia che incombe, ho pensato. Ma negli occhi avevo le immagini e nelle orecchie le note di uno special andato in onda ieri sera su Rai 5 intorno alle 23,30. Era un concerto di Emerson Lake & Palmer dei primissimi anni ’70. Filmato in pellicola restaurato a cura della Cinematheque Royale de Belgique. Una cosa straordinaria. Me lo ricordavo ancora quel concerto, l’avevo visto al cinema. Ci fu un periodo, in quegli anni, in cui il sabato pomeriggio al Cinema Astra di Chiusi davano i film dei concerti rock. Pink Floyd a Pompei, per esempio. O Tommy degli Who che era un’opera rock più che un concerto…

Non ricordo dove si tenne quel concerto di ELP, ma la performance dei tre alfieri del progressive rock britannico rimane per me tra quelle che non si dimenticano. E infatti  mi è tornata alla mente, nitida, nonostante siano passati quasi 50 anni. Fu una “bomba” anche allora.

Quell’assolo di batteria di Carl Palmer che trova pure il modo di togliersi la maglietta sudata mentre picchia sui pedali che è un piacere e Keith Emerson che suona e strapazza le tastiere come mai si era visto prima sono immagini indelebili. Sì perché Emerson in quel concerto (ma non solo in quello) le tastiere (dio solo sa quante) le ribalta, le cavalca come una cavallo da rodeo, ci salta sopra, le pugnala, letteralmente, infilando rabbiosamente dei coltelli tra i tasti per generare degli effetti… Ma non è solo “teatro” o plateale esibizionismo, Keith Emerson è un musicista vero, di talento eccelso e porta nel rock anche la musica sinfonica, come nel brano (e album)  Pictures at an Exhibition  in cui si scatena sull’omonima suite a tema per pianoforte di Musorgskij, che naturalmente padroneggia come un pianista classico e se ne appropria aggiungendo e togliendo a proprio piacimento. E la band aggiunge anche testi alle sezioni scritte da Musorgskij, per la voce molto progressive di Greg Lake che suona la chitarra e soprattutto il basso. Come Jack Bruce dei Cream..

Ecco, gli ELP cambiarono in qualche modo la scena del rock e anche la composizione base della rock band. Con le tastiere che diventano strumento principale e la chitarra che quasi scompare.

Certo, a pensarci adesso, quei brani lunghi come  la quaresima, qualcuno anche 25, 30 minuti non erano facilissimi da digerire. Allora forse sì. Oggi, presi dalla frenesia come siamo e succubi dalla dittatura dei 140 caratteri e del linguaggio corrente mutuato dagli sms, potrebbe sembrare un’eresia star lì ad ascoltare un brano di mezz’ora. Beh, ieri sera, non riuscivo a staccare lo sguardo dallo schermo. Rapito da quella musica e forse dai ricordi. Il telecomando non l’ho usato per tutta a durata dello special…

Facendo un paragone tra la musica di Emerson Lake & Palmer e il “trap” dei due ragazzini di stamattina, con Fedez o anche – con tutto il rispetto – con i Ministri o i Green Day, mi viene da dire, ripensando a quegli anni e a ciò che c’era in giro all’epoca, che c’è la stessa differenza che passa tra ascoltare un discorso di Enrico Berlinguer e uno di Maurizio Martina o Alfonso Bonafede. Opinione di un sessantenne ovviamente.

Non so che ne pensa il mio amico Andrea Micheletti, che è parecchio più giovane e che una quindicina di anni fa, quando primapagina era solo di carta formato tabloid,  era “il nostro inviato nel mondo del rock” e oggi, come assessore, deve  fare il super esperto di strade vicinali e comunali, di asfaltature e rotatorie, reti fognarie miste e sottoservizi vari… Roba certo più prosaica, che darà pure delle soddisfazioni, quando i lavori vanno in  porto, ma chissà che nostalgia per quelle notti a scovare le band più improbabili nei locali più sperduti da Colle Val d’Elsa, ad Arezzo a… Strozzacapponi. No, Miche?

m.l.

 

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