NAVALNY, ASSANGE, CUCCHI E BIANZINO… TUTTO IL MONDO E’ PAESE

sabato 17th, febbraio 2024 / 16:53
NAVALNY, ASSANGE, CUCCHI E BIANZINO… TUTTO IL MONDO E’ PAESE
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Le condizioni  e il luogo  della carcerazione di Alexei Navalny, morto ieri nel lager russo oltre il circolo polare artico, erano (prima che il dissidente morisse) e sono in linea generale una aberrazione. Danno la misura della natura illiberale e poliziesca del regime di Putin e se anche l’oppositore russo fosse deceduto per una trombosi, come dicono le prime notizie, è ovvio che quelle condizioni non sono state ininfluenti. Si muore anche nelle carceri italiane, figuriamoci in una prigione situata quasi al polo nord, dove uno come Navalny è stato tenuto più di 300 giorni in cella di isolamento.

La morte di Navalny però non favorisce Putin alla vigilia delle elezioni che lo rinsalderanno al potere e nel momento in cui in Ucraina l’esercito russo sta conquistando terreno. Diciamo che oggettivamente il fatto offusca l’immagine del leader russo, accusato di essere il “mandante” dell’omicidio. E compatta il fronte avverso. La cosa è strana: che interesse aveva Putin a far fuori Navalny in questo modo e in questo momento? nessuno. E infatti molti “analisti” e osservatori internazionali, anche occidentali, non hanno potuto fare a meno di notare tale “stranezza”. Questa mattina ad Agorà Weekend (Rai 3) ne parlavano Dario Fabbri, esperto di geopolitica, il giornalista Borgonovo (La Verità) ed altri e tutti invitavano alla cautela nell’esprimere sentenze affrettate e a prescindere.

E’ chiaro che la Russia di Putin non ha niente a che fare con l’Unione Sovietica, che già non era un granché, e di quel passato ha ereditato solo la  brutalità della repressione del dissenso, i gulag. Ma tra la situazione di Navalny e quella di Julian Assange detenuto in Gran Bretagna per reati di opinione, come Navalny, quanta differenza c’è? Forse solo la temperatura, perché per il resto i due casi sembrano molto simili.

Il “dissenso” non è represso solo in Russia, ma anche nel democratico Occidente. E non va bene nè di qua, né di là… Lo vogliamo dire?

Nel 2024 in Italia si è suicidato un detenuto ogni due giorni circa, per un totale di 13 morti solo nel primo mese dell’anno. Eppure nessuno pubblica sui social post con scritto “Meloni Killer”. Ovvio che  che le morti in carcere non sono colpa di Giorgia Meloni, ma qualche problemino ce lo abbiamo anche noi e nonostante le temperature più miti da noi le condizioni carcerarie non sono molto migliori di quelle dei gulag di Putin. D’altra parte le storie di Stefano Cucchi e Aldo Bianzino morti in carcere in Italia sono lì a ricordarcelo e le “tazzulelle ‘e cafè” di Pisciotta e Sindona pure…

Sorvoliamo sulle condizioni carcerarie nell’Ungheria di Orban (vedi il caso di Ilaria Salis)… Su certe questioni tutto il mondo è paese.

Non solo, è di questa mattina la notizia che l’esercito israeliano ha attaccacto un ospedale palestinese nella striscia di Gaza. L’assalto ha portato all’arresto/neutralzzazione di una ventina di miliziani di Hamas, ma ha anche provocato la morte di alcuni civili palestinesi. Tra questi almeno 5 pazienti morti perché l’azione militare ha fatto saltare la corrente e ha messo fuori uso i respiratori e altri macchinari medici cui erano attaccati…

Ecco: che differenza c’è tra la morte (probabilmente provocata da condizioni insostenibili) di Navalny nel gulag russo e quella dei civili palestinesi ricoverati nell’ospedale attaccato dall’esercito israeliano? che Putin è un autocrate spietato e sanguinario che elimina i suoi oppositori e Israele invece è uno stato democratico?

Farsi queste domande significa essere filoputiniani o antisemiti? pacifinti e antioccidentali? Via, non scherziamo…

Io in piazza a protestare per la morte di Navalny ci vado, come ci andai per Anna Politkovskaja, ma ci vado anche per Assange, per Ilaria Salis. Ho scritto di Cucchi e di Bianzino. E sono contro la guerra e per la trattativa, in Ucraina e in Palestina. Chi fa equazioni troppo semplici non aiuta a trovare soluzioni, ma soffia sul fuoco…

m.l.

nella foto (Il manifesto): Alexei Navalny

 

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