CHIUSI, IL TURISMO E L’UOVO DI COLOMBO: TORNARE A VIVERE LA CITTA’

domenica 19th, maggio 2024 / 10:57
CHIUSI, IL TURISMO E L’UOVO DI COLOMBO: TORNARE A VIVERE LA CITTA’
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CHIUSI – Se prendiamo come termine di paragone il doppio “ponte” del 25 aprile e del 1 maggio il confronto, dal punto di vista turistico, tra Chiusi e alcuni paesi dei dintorni risulta addirittura impietoso: Montepulciano, Castiglione del Lago, Città della Pieve, San Quirico d’Orcia, Pienza stracolmi di gente, la città di Porsenna desolatamente vuota. O quasi. I due week end successivi idem.

Eppure basta soffermarsi un po’ in un bar del centro storico o anche fare un paio di “vasche” (come si diceva una volta) nel triangolo di Chiusi Scalo per rendersi conto che mai, negli anni passati, si era visto un via vai di turisti in arrivo o in partenza come quest’anno. Tutti con il trolley in mano. Sono decine e decine ogni giorno. Arrivano per lo più in treno, sbarcano alla stazione (che nonostante i tagli continui evidentemente ancora funziona), poi si dirigono spesso in fila indiana alle varie agenzie di noleggio auto, dove hanno prenotato un mezzo per raggiungere qualche agriturismo o casa vacanze e per girare nella zona: Montepulciano, Pienza, San Casciano Bagni, la Valdorcia ecc…  Qualcuno si ferma a fare colazione o pranzo nel primo bar, pizzeria o ristorante che trova. Poi via. E sono decine ogni giorno anche i turisti che arrivano a Chiusi Scalo in bicicletta dal Sentiero della Bonifica o in treno con la bici appresso per farse il tour del sud senese o del Trasimeno pedalando. Però tutto ciò non è neanche turismo mordi e fuggi. E’ semplicente arrivo-partenza, passaggio.

A Chiusi in senso turistico a parte qualche “presenza” (intesa come qualche pasto consumato in tutta fretta) non rimane niente. O molto poco. E’ tutto turismo destinato altrove. Non lontano, ma comuque altrove. E Chiusi questo problema se lo deve porre.

Qualcosa si sta facendo: davanti alla stazione sono stati installati pannelli multuimediali informativi, mappe con l’indicazione delle cose da vedere e visitare, ce n’è anche uno che ricorda le origini erusche della città. E uno che segnala il 43esimo parallelo (una curiosità). Tutto fa brodo. Ed è giusto – lo abbiamo scritto tate volte – che chi scende dal treno a Chiusi sappia subito, appena sceso, in che città è capitato e che Chiusi non è un paesotto qualsiasi, ma un luogo che ha segnato la storia d’Italia e nel quale la Storia, quella con la S maiuscola, si è fermata tante volte, lasciando segni indelibili. Dagli etruschi ai romani, dai primi cristiani ai longobardi, passando poi per il medioevo e il Rinascimento, fino al ‘900 (non tutte le città delle dimensioni di Chiusi possono vantare una citazione nela divina Commedia o fatti e battaglie clamorose come quella per la difesa della Repubblica di Siena nel 1554 o quella del giugno 1944 tra tedeschi occupanti e le truppe sudafricane dell’esercito britannico…)

Il problema di Chiusi è che non riesce a intercettare neanche il flusso dei turisti che a Chiusi arrivano o partono… E’ come se la città fosse un colabrodo in cui tutto passa e finisce in altre pentole… Ma di problemi, Chiusi ne ha anche un’altro che prima – in passato – non aveva e che ora sta diventando una emergenza: la città appare anche alla prima occhiata di chi arriva come un luogo pressoche desertico. Una sorta di ghost town. Una decina di anni fa, su uno degli ultimi numeri di pripamagina cartaceo la paragonammo alle mining town americane che finché la vena mineraria tirava si svilupavano con banche, empori, saloon, bordelli, stazioni ferroviarie, alberghi… poi quando la vena si esauriva o la miniera non era più remunerativa venivano abbandonate a se stesse. Empori chiusi, strade vuote, stazione senza più viaggiatori…

Chiusi – sia il centro storico che lo Scalo – appare un po’ così. Una cittadina che ha avuto un passato glorioso anche dal punto di vista commerciale (e si vede) ma che adesso stenta e fa fatica a tenere aperte le saracinesche, perché di gente ne circola sempre meno.

Allora, siccome una delle “chiavi di volta” dello sviluppo turistico, ma anche del commercio è l’assunto che “gente chiama gente”, ovvero la gente va dove vanno in molti (15 anni fa a Montepulciano non andava nessuno e ci si chiedeva come mai non avesse il richiamo di Cortona, per esempio. Adesso Montepulciano ha il poprblema inverso: non regge più l’urto del turismo di massa, i residenti sono “stremati”, nei week end non si cammina… Nel 1990 nel centro storico c’erano 4-5 tra ristoranti e osterie, adesso tra ristoranti, osterie, vinerie, bistrot ce ne sono più di 80), Chiusi deve per prima cosa farsi trovare più vivace. Deve insomma ritrovare il modo di avere gente per strada, così che anche i turisti di passaggio abbiano un’immagine della città che non sia quella di una ghost town.

Come si fa? intanto curando il decoro urbano e l’offerta di primo impatto (bar, ristoranti, bistrot aperti e ben forniti), poi creando occasioni di richiamo, eventi grandi e piccoli o curiosità (noi da anni proponiamo opere di street art sulle facciate ingrigite dal tempo)… Poi tornando a fare quello che in passato era la normalità: uscire di casa, vivere la città e fare i turisti a casa nostra. Negli anni ’60 e ’70 era normale per le famiglie di Chiusi Scalo andare la domenica a prendere il gelato nel centro storico. Era quello il salotto buono. Ora i chiusini della Stazione vanno preferibilmente a Cetona o a Città della Pieve, o a Castiglione del Lago. Ci si andava anche allora. Come si andava a Chianciano, che era una specie di Las Vegas de noantri. Ma tre domeniche su quattro si andava a Chiusi Città, al bar centrale o al chiosco del teatro. Dove naturalmente c’erano anche i “chiusini-chiusini”, quelli cioè del centro storico che sentendosi i depositari della storia non si muovevano da lì nemmeno con le cannonate. Se riprendessimo tutti questa abitudine il centro storico tornerebbe ad essere il salotto buono della città. Dove ci si incontra, si fanno due chiacchiere, si gusta un gelato o si fa un aperitivo, come va di moda oggi.  E ne guadegnerebbe anche lo Scalo, perché il flusso crea flusso. E curiosità. Tutto ciò dovrebbe diventare un’abitudine consolidata, naturale, non un fatto sporadico che si verifica solo quando c’è qualcosa di rilevante.

A giudicare dalla gente che si vede in giro, soprattutto il sabato e la domenica, sembra che Chiusi abbia meno abitanti di Cetona o di Città dela Pieve. Invece, anche se ha perso quota, ne ha ancora di più. Chiusi non può rassegnarsi al ruolo di città dormitorio. Deve ritrovare un po’ di orgoglio e i primi ad invertire la tendenza dovrebbero essere i chiusini. E’ una cosa banale. E’ in pratica il classico “uovo di Colombo”. Certo anche i luoghi di ritrovo dovrebbero essere accoglienti, non fatti solo per un certo tipo di clientela, dovrebbero “invogliare” la gente ad andarci. Qualche bar chiuso dovrebbe riaprire. E su questo sia la pubblica amministrazione che la classe imprenditoriale qualche domanda se la dovrebbero fare e magari pensare anche a soluzioni elastiche e incentivi che possano agevolare le aperture o riaperture. Allo stesso modo va incoraggiato il turismo lento, quello che consente di visitare i luoghi e apprezzarne le bellezze e la storia e non solo il cibo. Il Sentiero della Bonifica e la linea ferroviaria Chiusi-Siena sono due grandi risorse in questo senso. Ma il primo è spesso impercorribile causa erba alta (non è infrequente per chi abita allo Scalo sentire i cicloturisti di passaggio che si lamentano di questo fatto), la linea è la stessa che fu inaugurata a metà ‘800 e meriterebbne interventi di ammodernamento, come richiesto dagli stessi sindaci della Valdichiana, ma questi interventi non si vedono…

La stagione estiva non è ancora cominciata. Sta cominciando adesso. Proviamo ad invertirla ‘sta tendenza da quest’anno. Mugugnare e basta e poi scappare altrove serve a poco.

m.l.

 

 

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