GIULIA CECCHETTIN VITTIMA NUMERO 100. CENTO FEMMINICIDI DAL 1 GENNAIO AL 18 NOVEMBRE. L’ITALIA E’ UN PAESE PERICOLOSO PER LE DONNE
E’ stato fermato in Germania Filippo Turetta, l’ex fidanzato di Giulia Cecchettin, la ragazza ritrovata morta in un canalone vicino al lago di Barcis, in provincia di Pordenone. La notizia della cattura è stata confermata dall’avvocato del giovane, Emanuele Compagno, dopo aver avvisato i genitori. La fuga dello studente 22enne di Torreglia è finita nella notte tra sabato e domenica, dopo una settimana di latitanza. Nei suoi confronti era stato emesso un mandato di arresto europeo per omicidio. Probabilmente premeditato. La sua auto era stata avvistata l’ultima volta in Austria.
La 22enne Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex fidanzato (foto pointofnews) che l’aveva praticamente rapita sabato 11 novembre, è la vittima numero 100: la centesina donna uccisa da mariti, fidanzati, conviventi, ex mariti , ex fidanzati, ex conviventi nel 2023. Una mattanza. Una strage senza fine. 100 femminicidi in 322 giorni. Una donna ammazzata ogni 3 giorni. L’Italia oggi è un paese pericoloso per le donne.
Un Paese che giustamente si scandalizza per l’uccisione barbara della giovane Saman Abbas da parte della sua stessa famiglia, di orgini pakistane, per ragioni etnico-religiose (aveva rifiutato di sposare il cugino in Pakistan nel 2020, quando aveva 17 anni) conta 100 donne assassinate per motivi abietti, spesso futili, talvolta il semplice no ad un appuntamento, o una separazione mal digerita. L’uomo uccide perché ritiene la donna, una “cosa” di sua proprietà. Non ne sopporta il successo, un ruolo sociale magari migliore del proprio, ma soprattutto non ne sopporta l’autonomia, la libertà di dire sì o no. Non sopporta che la donna esca dalla gabbia. E allora prima la perseguita, la minaccia, la stalkerizza come si dice adesso, a volte la picchia, e molte volte arriva alle estreme conseguenze. All’omicidio. Femminicidio per l’esattezza.
Quando parliamo di queste cose non bisogna mai dimenticare che l’Italia fino a non molto trempo fa, 42 anni per la precisione, non era molto diversa dal… Pakistan. Il Codice Penale, che era ancora il Codice Rocco del ventennio, agli articoli 544 e 587 prevedeva per esempio l’estinzione della pena per violenza sessuale se seguita da matrimonio riparatore e pene ridotte per chi commetteva omicidio “in stato d’ira” del coniuge, figlia o sorella a seguito di “illegittima relazione carnale”. In sostanza prevedeva il delitto d’onore. In Italia, fino al 1981, la legge dello Stato considerava la donna proprietà dell’uomo e la violenza sessuale un reato contro la morale, non contro la persona. Ci volle il coraggio di una ragazza, Franca Viola, che ne 1965, ad Alcamo, in Sicilia, denunciò l’uomo che l’aveva stuprata e rifiutò il matrimonio riparatore diventado il simbolo del riscatto delle donne. E ci vollero 16 anni e molte manifestazioni femministe prima che quegli articoli del codice Rocco venissero abrogati, cosa che avvenne con la legge 442 del 1981.
Nonostante questo la situazione non è molto cambiata e i femminicidi sono una vera e propria emergenza. Adesso. Nel 2023. Non avvengono solo nelle zone più arretrate, non solo tra gli immigrati, non solo in ambienti e famiglie a bassa scolarizzazione e precarie condizioni economiche e sociali. Avvengono anche in ambienti borghesi, in famiglie benestanti. Al sud, nel centro e nel nord Italia. Ad uccidere sono uomini, anche giovani, considerati bravi ragazzi e persone per bene. Evidentemente c’è un problema di cultura di fondo. Una cultura arcaica, aberrante, che resiste e persiste. E non basta un diploma o una laurea, magari più di una, per superarla. Dovrebbero bastare, ma così non è.
Così, come per le stragi fatte con le bombe e gli attentati si mettono le epigrafi con i nomi delle vittime, pubblichiamo qui sotto l’elenco delle 100 donne uccise nei 322 giorni dal 1 gennaio al 18 novembre 2023:
Fermo restando che uno solo di questi delitti è già troppo, non mi trovo assolutamente d’ accordo nell’ assimilare l’ Italia a realtà come Iran e Pakistan. Primo perché tale asserto è totalmente smentito dalle statistiche, secondo cui il tasso di omicidi per 100.000 abitanti, inclusi quelli ai danni di donne, è tra i più bassi al mondo, e anche in Europa. Secondo, se si vanno a vedere le statistiche relative a violenze meno gravi, tale differenza è ancora più marcata. Vero è che ciascuno deve guardare in casa propria, però dal titolo, e anche dall’ espo, può balenare l’ idea che la situazione italiana sia tra le peggiori al mondo, mentre non è affatto così. L’Italia ha ancora molta strada da fare, ma non è l’ Iran o il Pakistan.
Signor Rossi fermiamoci alla sua premessa, anche uno solo sarebbe troppo, fine.
Al di là dei confronti tra stati, il mondo è un posto insicuro per le donne, e non solo perché vengono uccise.
E comunque il riferimento alla non molta differenza con il Pakistan si riferisce al fatto che la legislazione italiana fino al 1981 prevedeva il matrimonio riparatore e pene più leggere se il femminicidio era “per onore”… Per fortuna la legge è stata cambiata. Ma solo 42 anni fa. Questo è un fatto. Purtroppo
Il dramma, perché di questo si tratta, va assumendo una proporzione mostruosa ed il fatto che sia così diffuso anche in altri stati rende eventualmente il problema più preoccupante. I numeri crescono giornalmente, senza considerare i fatti non denunciati, e quello che rende ancora più drammatico è che in moltissimi casi sono coinvolti giovani. E’ obbligatoria una riflessione su questo che deve coinvolgere tutto il sistema educativo a partire dalle famiglie, alla scuola fino al mondo del lavoro perché non si risolve nulla aumentando pene detentive o ancor più aberranti misure (vedi castrazione chimica…sob proposta da noti personaggi politici). Bisogna investire risorse nella scuola per affiancare gli insegnanti con figure qualificate, come psicologi, in maniera strutturale che siano punto di riferimento per i ragazzi e le loro famiglie. Il danno fatto parte si da lontano, famiglia patriarcale e quant,altro, ma lo sviluppo sociale recente ha allargato a dismisura le complessità e la difficoltà di comprensione e valutazione dei rischi; nuove opportunità sottopongono i ragazzi ed il loro complesso di valori e capacità critica (vedi social, maggiore isolamento, possibilità di approcciare canali ambigui ecc…) a discernimenti sempre più complessi senza avere adeguati strumenti.
Non sarà comunque facile e ci vorrà molto tempo ma non c’é altra strada.
Sono d’accordo con Roberto Pacchieri: la fine del patriarcato è un processo di lunga durata. Le donne in Italia hanno votato per la prima volta per la Costituente. Le donne elette furono soltanto 21 su 556. Oggi le donne parlamentari sono il 30%. C’è ancora spazio per migliorare.
C’è, però da considerare che ci può essere anche un regresso.
Negli anni ’70 frequentavo la facoltà di architettura a Firenze. C’erano molti studenti “persiani” Allora gli iraniani si chimavano così. Le ragazze vestivano come le colleghe italiana. Potevano indossare anche la minigonna, cosa possibile anche in patria.
La quasi totalità degli studenti “persiani” erano attivi nei movimenti che volevano la caduta dello Scia. Ebbero successo, ma quello che venne dopo per le donne iraniane fu quello che oggi ci tocca vedere.
Sono d’accordo con Roberto Pacchieri: la fine del patriarcato è un processo di lunga durata. Le donne in Italia hanno votato per la prima volta per la Costituente. Le donne elette furono soltanto 21 su 556. Oggi le donne parlamentari sono il 30%. C’è ancora spazio per migliorare.
C’è, però da considerare che ci può essere anche un regresso.
Negli anni ’70 frequentavo la facoltà di architettura a Firenze. C’erano molti studenti “persiani” Allora gli iraniani si chimavano così. Le ragazze vestivano come le colleghe italiana. Potevano indossare anche la minigonna, cosa possibile anche in patria.
La quasi totalità degli studenti “persiani” erano attivi nei movimenti che volevano la caduta dello Scia. Ebbero successo, ma quello che venne dopo per le donne iraniane fu quello che oggi ci tocca vedere.