LA STRAGE NEL MARE DI CROTONE E IL FANTASMA DI TOM JOAD

lunedì 27th, febbraio 2023 / 16:35
LA STRAGE NEL MARE DI CROTONE E IL FANTASMA DI TOM JOAD
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Le promesse tradite della povera gente sono una costante della narrativa di Steinbeck e i suoi protagonisti, fiaccati dalla fame e perennemente in moto, appaiono ancora oggi vivi e veri, riflesso speculare dell’olocausto che si svolge lungo i nostri litorali.
Proprio da cronista per il San Francisco News aveva riportato le durissime condizioni di vita dei lavoratori stagionali. Aveva toccato con mano la sofferenza di quella gente e, trafitto dalla propria impotenza, aveva deciso di raccontarla. Parteggiando per quei poveracci.

Il titolo originario di Furore era Grapes of Wrath (letteralmente i “Grappoli dell’ira”, una citazione dall’Apocalisse) e il suo significato viene spiegato in un passo preciso del libro: “E nei loro occhi cresce il furore. Nell’anima degli affamati i semi del furore sono diventati acini, e gli acini grappoli ormai pronti per la vendemmia”.

John Steinbeck professa la letteratura come se fosse una religione e i suoi romanzi, ancora oggi, sembrano preghiere laiche che forse non sono sufficienti a spiegare il male nel mondo, ma ci aiutano a sopportarlo. E a a comprenderlo.

Nonostante i riferimenti biblici, molto presenti, la narrativa di Steinbeck non parla di religione né tantomeno di morale, anzi, al contrario ci immerge nel peccato fino all’osso, parla di soprusi, violenze e ingiustizie compiute ai danni dei più deboli e – spesso – degli innocenti. Insomma, ci mostra senza paraventi il lato oscuro della vita e della società, ci fa toccare con mano le sofferenze patite dagli ultimi, dagli emarginati, in quello che era già un grande Paese industriale…

Spesso le opere di Steinbeck sono state accostate dalla critica ai capolavori del verismo italiano, primo tra tutti Il ciclo dei vinti di Verga, tuttavia negli scritti dell’autore americano c’è qualcosa in più; una spinta quasi vocazionale a farsi portavoce delle ingiustizie subite dagli ultimi; una chiarezza spietata nella scrittura che, semplice e diretta, colpisce come un fendente e riesce a muovere la pietà del lettore di ogni luogo e tempo. John Steinbeck parla dei migranti americani degli anni ’30 ma in fondo parla anche di noi, di un’umanità spesso sottomessa dalla Storia. Dà voce a chi abbandona la propria terra per un sogno o per la semplice speranza in un futuro migliore; agli esclusi, ai reietti, a coloro che sono messi ai margini da una società che quantifica in termini economici il valore delle persone; infine, dà voce «al popolo, alla gente che sopravvive a tutto» nonostante ogni sventura e cataclisma che subisce lungo il cammino.

Per tutti questi motivi i romanzi di John Steinbeck oggi possono essere letti in molti modi: come denuncia sociale, come preziosa testimonianza storica, come analisi acuta dei sentimenti e degli stati dell’animo umano; come storia di resilienza o di ricerca spirituale. La grande letteratura, del resto, si presta sempre a innumerevoli interpretazioni. Quel che è certo è che Steinbeck ha mostrato e portato in superficie una realtà scomoda e la possibilità della narrativa di agire direttamente e politicamente nella società.

Furore, per esempio, fu un romanzo scomodo che alla sua pubblicazione in Italia subì la censura fascista; fu però il libro più venduto negli Stati Uniti del 1939 e persino dell’anno successivo. Il libro di Steinbeck si fece portavoce dello scontento sociale e della crisi generata dalla Grande Depressione, ma ebbe un ruolo fondamentale nell’aprire la strada alla politica del New Deal voluta da Roosevelt. Ottant’anni dopo Furore figura ancora nelle classifiche tra i libri più letti e amati in tutto il mondo, perché appare ancora rappresentativo della società attuale.

Come dicevamo, Furore racconta la Grande Depressione che travolse gli Stati Uniti dal 1929 alla fine degli anni ’30, così simile alla nostra crisi economica; racconta le tempeste di sabbia e la siccità, il cosiddetto Dust Bowl, così simile al nostro cambiamento climatico… E le violenze, i soprusi, le ingiustizie subite dai migranti americani di ieri, che non sono poi molto diversi dai migranti di oggi. L’odissea della famiglia di Tom Joad richiama l’epica dei poemi di Omero…

Tom Joad, eroe e protagonista indiscusso di Furore, quando si allontana a poche pagine dalla fine con l’intento di guidare la rivolta dei migranti dice “Perché io sarò sempre, nascosto e dappertutto. Sarò in tutti i posti, dappertutto dove ti giri a guardare. Dove c’è qualcuno che lotta per dare da mangiare a chi ha fame, io sarò lì. Dove c’è uno sbirro che picchia qualcuno, io sarò lì. Sarò negli urli di quelli che si ribellano, e sarò nelle risate dei bambini quando hanno fame e sanno che la minestra è pronta”. E qui il testo di Steinbeck del 1939 fa pensare anche ai pestaggi e alle uccisioni dei neri americani per mano di poliziotti troppo zelanti e sicuramente razzisti. E quelle parole sono con tenute anche in una struggente ballata di Bruce Springsteen, del 1995, The Ghost of Ton Joad, anche quella utilizzata nello spettacolo “On The Road. Again”.

Oggi, 27 febbraio con gli occhi gonfi di lacrime per le vittime della strage di Crotone, ultima di una lunga serie, ci piace ricordare il compleanno di John Steinbeck, che 80 anni fa raccontava le storie di persone in carne e ossa che morivano nel fango e facevano la fila per un piatto di minestra o un lavoro a giornata per pochi centesimi sulla strada della California e le raccontava con una scrittura graffiante, essenziale, asciutta e dura come la voce del Boss…

m.l.

Nelle foto: in alto un’immagine del film Furore (1940) tratto dal romanzo di Steinbeck, con Henry Fonda nei panni di Tom Joad. Sotto, John Steinbeck.

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