E’ GIUSTO E NORMALE CHE L’ITALIA INVII ARMI AD UN PAESE CHE CENSURA E BLOCCA I GIORNALISTI ITALIANI?

venerdì 17th, febbraio 2023 / 19:25
E’ GIUSTO E NORMALE CHE L’ITALIA INVII ARMI AD UN PAESE CHE CENSURA E BLOCCA I GIORNALISTI ITALIANI?
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E’ ormai un anno dal 24 febbraio 2022, dall’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe. E ancora la narrazione prevalente non si schioda dall’assunto che c’è un aggressore e un aggredito. Il che è vero. E l’aggressore è Putin.  Su questo non ci piove. Ma perché invece di insistere su questo assunto, diciamo pure scontato, nessuno parla o prova a fare pressioni in direzione di un negoziato e quindi della pace, insistendo al contrario nell’invio di armi all’Ucraina? E’ ovvio e altrettanto scontato che l’invio di armi sempre più sofisticate, potenti e anche sempre più offensive e non solo difensive alle truppe di Kiev, non induce alla trattativa, non favorisce tregue, ma di sicuro aumenta il numero dei morti tra i soldati russi, anche, ma soprattutto tra gli ucraini, perché, aldi là di ciò che ci raccontano i media mainstream, sul campo è questo ciò che succede. E l’escalation delle forniture fa aumentare anche il rischio di allargamento del conflitto e del ricorso alle armi nucleari… 
 E anche nel PD c’è chi comincia a dire che si parla troppo di armi e troppo poco di negoziati. Lo ha fatto due giorni fa Graziano Del Rio, ex capogruppo ed ex ministro. Mi pare abbia ragione. “Questa strada è una manna per le industrie belliche occidentali, ma non per i cittadini, né gli ucraini aggrediti, né gli altri europei che pagano il prezzo della guerra”, scrive la giornalista Barbara Spinelli. E a me sembra una verità lapalissiana.
Ma i media mainstrem non ce la dicono. Come non ci dicono altre cose. E così come accusano di filoputinismo chiunque provi, anche sommessamente a orsi delle domande, accusano di diffondere fake news anche grandi giornalisti che raccontano verità diverse, magari scomode. E’ successo per esempio al Premio Pulitzer Seymour Hersh, il giornalista americano che rivelò al mondo la strage di My Lay in Viet Nam o i retroscena dell’uccisione di Bin Laden e le torture nel carcere di Abu Ghraib,il quale l’8 febbraio scorso ha svelato  chi è stato a far saltare i due gasdotti russi Nord Stream nel giugno 2022:  ovvero il governo Usa, aiutato da Norvegia e Svezia. “Fu un atto di guerra preparato molti mesi prima del 24 febbraio ’22, e scatenato non solo contro Mosca, ma anche contro la Germania e contro i rapporti energetici Europa-Russia (uno degli obiettivi è facilitare la dipendenza Ue dal gas liquefatto Usa)”, scrive ancora Barbara Spinelli che fa notare come questa notizia sia stata occultata da giornali,  siti web e tv, ma anche da Facebook, che l’ha segnalata come fake news.
Hersh è accusato di nascondere le fonti. Sappiamo che fine farebbero queste ultime, se venissero rivelate: la fine di Snowden e Assange (ne abbiamo parlato il 4 febbraio scorso anche a Chiusi in un incontro con la giornalista Stefania Maurizi).
Ed è di oggi la notizia che a due giornalisti italiani freelance che dal 2014 seguono il conflitto in Ucraina, dieci giorni fa, mentre erano di ritorno dal fronte di Bakhmut dove hanno realizzato un reportage per Rai 3, il ministero della Difesa ucraino ha notificato la sospensione degli accrediti giornalistici. Si chiamano Andrea Sceresini e Alfredo Bosco. I loro servizi sono stati pubblicati da Rai, LA7, Mediaset, il manifesto, la tv tedesca Rtl, l’Espressoil Fatto Quotidianole Figaro Magazinela Croix, e altre testate).
«Da dieci giorni aspettiamo un interrogatorio del Sbu, i Servizi di Kiev e ci è stato tolto l’accredito. E circola la voce, pericolosa in piena guerra, che saremmo ‘collaboratori del nemico’» dicono i due reporter. “Nessuna notizia dalla nostra ambasciata, né dalla Farnesina” dicono  ancora Ceresini e Bosco che hanno raccontato la loro vicenda al Manifesto. Insomma la famosa e celebrata democrazia ucraina sembra avere più paura dei giornalisti che dei russi.Il sospetto è che alla radice del ritiro degli accrediti giornalisti  che ovviamente impedisce ai due reporter di muoversi liberamente,  vi sia la loro esperienza di lavoro giornalistico nelle repubbliche separatiste che, come centinaia di altri loro colleghi, hanno visitato più volte a partire dal 2014.

Sceresini e Bosco spiegano: “I nostri servizi dell’epoca riguardavano – tra le altre cose – il business delle miniere illegali gestite dai leader filorussi, la presenza in loco di volontari di estrema destra, anche italiani, e le faide interne ai governi delle repubbliche non riconosciute di Donetsk e Lugansk. Parallelamente – avendo peraltro ottenuto un apposito tesserino dell’Sbu – in quegli anni abbiamo ovviamente visitato il fronte anche sul lato ucraino, nella convinzione che quel conflitto, all’epoca dimenticato, andasse raccontato a tuttotondo e nel modo più onesto possibile”.

Secondo quanto riferito loro da fonti governative italiane, i giornalisti italiani bloccati in Ucraina in queste condizioni sarebbero “sette o otto”.  A questo punto un’altra domanda a me sorge spontanea, non so a voi: è giusto e normale che un paese come l’Italia – che nella propria Costituzione ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali – continui a mandare armi ad un paese, sì aggredito, ma che blocca e censura i giornalisti italiani  che fanno il loro lavoro?

Marco Lorenzoni

Nella foto (Fanpage.it) un carroarmato ucraino

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