27 GIUGNO, 55 ANNI FA MORIVA DON MILANI. IL PENSIERO RADICALE E ANCORA ATTUALE DI QUELLO STRANO PRETE DI CAMPAGNA

lunedì 27th, giugno 2022 / 16:02
27 GIUGNO, 55 ANNI FA MORIVA DON MILANI. IL PENSIERO RADICALE E ANCORA ATTUALE DI QUELLO STRANO PRETE DI CAMPAGNA
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CHIUSI –  Quando avevo 18-19 anni un libricino che mi consigliò il prof di Italiano del liceo mi folgorò. Si intitolava “Lettera ad una professoressa“. Lo dissi al prof e lui allora me ne diede un altro: “L’obbedienza non è più una virtù”. Ne rimasi ancora più folgorato. Agli esami di maturità ci diedero un tema su Carlo Cattaneo. E io parlando di Cattaneo, il primo “federalista” italiano e un innovatore sul piano economico e sociale, citai anche Gramsci e l’autore di quei due libricini consigliatimi dal prof. Io ero già un militante della Federazione Giovanile Comunista, il prof era di Lotta Continua. L’autore dei due libelli invece era un prete. Fiorentino. Eravamo nel 1975, i due testi erano abbastanza recenti: Lettera ad una professoressa era uscito nel 1967, L’obbedienza non è più una virtù, non era un realtà un libro, ma una lettera aperta ai cappellani militari che nel ’65 si erano dichiarati contro l’obiezione di coscienza. L’autore si chiamava Don Lorenzo Milani. Un prete scomodo che la Curia fiorentina aveva mandato in castigo nella piccola parrocchia di Barbiana, nel comune di Vicchio, in mezzo ai monti del Mugello.
Nel ’75 Don Milani era già morto, se ne era andato, a 44 anni, per un cancro, il 27 giugno del 1967. Non era un comunista Don Milani, ma nel mio personalissimo pantheon, insieme a Gramsci, Berlinguer, Bob Dylan, Tex Willer, John Lennon, Gimondi e Luciano Bianciardi c’è di sicuro anche lui, il priore di Barbiana. Oggi sono 55 anni esatti dalla morte e per questo mi è tornata in mente la scoperta che il prof di Italiano mi fece fare ai tempi del liceo. Anche Bianciardi me lo fece scoprire lui… Per questo lo ringrazio. Gliene sarò riconoscente per sempre.
Certe frasi di Don Milani, contenute in quei due libelli e in altri testi sono diventate celebri: “Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri” (L’obbedienza non è più una virtù, 1965…).
Qualcuno lo dica a Salvini quando agita il crocifisso come fosse un manganello…
“Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande: I CARE. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. Me ne importa, mi sta a cuore. È il contrario esatto del motto fascista Me ne frego“. Questa dovrebbe tenerla a mente Giorgia Meloni che grida “yo soy cristiana!” e poi lascia che i suoi facciano il saluto romano senza battere ciglio.
Non era un comunista Don Lorenzo Milani, l’ho già detto, ma sulla questione dell’uguaglianza, della distribuzione della ricchezza, aveva le idee chiare, più chiare e più nette di tanti sindacalisti: “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali.“
Anche sulla scuola e si come fare scuola Don Lorenzo aveva le idee chiare: “Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola. É un ospedale che cura i sani e respinge i malati”. Una frase queta che potrebbe essere rivolta anche oggi a tante professoresse…
“Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia“, questo pensiero ricorda molto da vicino una frase che qualche anno più tardi pronunciò Enrico Berlinguer: Ci si salva e si va avanti tutti insieme, non solo uno per uno…”
Oggi, in politica, ma non solo in politica, molti tendono a stare allineati e coperti, a non esporsi, a non contraddire il capo, perché non si sa mai, ovvero per non perdere piccoli privilegi, piccole o grandi rendite di posizione, posti di comando ecc…  E anche su questo con la sua lettera ai cappellani militari (ma anche ad altri…) Don Milani non solo si espresse a favore dell’obiezione di coscienza, quindi del dissenso fino alle estreme conseguenze (all’epoa gli obiettori finivano in galera… ), ma teorizzava l’obiezione, come virtù, contro l’obbedienza che annichilisce l’autonomia di pensiero e di azione e il libero arbitrio: “Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto”. 

A differenza di allora, quando i comunisti e i cattolici si fronteggiavano e si combattevano su molte questioni, oggi Pci e Dc non esistono più, oggi c’è un partito che vede insieme ciò che ne è rimasto, si chiama Pd. Come partito non è un granché, ha molti difetti, anche di fabbrica, ma nel campo progressista è la forza più consistente, la più strutturata, la più presente nei territori, all’inteno di esso la componente cattolica e e post Dc è diventata addirittura predominante, ma, al di là di qualche slogan di facciata, le frasi di Don Milani che potevano rappresentare la base reale e più concreta su cui costruirlo il Pd, sembra del tutto dimenticate. Qualcosa ogni tanto affiora nelle esternazioni di Papa Francesco o di qualche prete o cardinale illuminato (Bassetti, Zuppi, Don Ciotti, alcuni preti di strada), ma in linea di massima il “radicalismo” di Don Milani sembra roba d’altri tempi. E invece non ce n’è uno di quei pensieri che non sia attualissimo anche adesso.
m.l. 
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