E’ MORTO MARIO NALDI, IL SIGNORE DELLA PANCHINA CHE FECE GRANDE LA VIRTUS CHIANCIANO
CHIANCIANO TERME – Lo sport chiancianese perde uno dei suoi “numi tutelari”. E morto ieri Mario Naldi, detto il Professore, allenatore straordinario della Virtus dei miracoli di fine anni ’80. La Virtus Chianciano targata Edoardo Maccar e Ugo Cardia che faceva sognare e che aveva in squadra giocatori che hanno fatto epoca nel calcio della Valdichiana come “Paperino” Ghiandai, Mauro Galli, e Panella, anche lui soprannominato “il Professore”, che nella Primavera della Roma faceva coppia con il principe Giannini, o Meconcelli, detto “la nanina” a sottolineare a statura non eccelsa e uno dei primissimi stranieri ad approdare nel calcio locale: tale Ristic che sembrava un fenomeno, ma non mantenne le promesse.
Mario Naldi era un signore della panchina. Un allenatore di un altro calcio. Probabilmente molto aveva preso dal padre Tiziano, allenatore anche lui, che tra il 1956 e il ’58 fece sognare Chiusi e lasciò la squadra biancorossa prima del campionato più straordinario della sua storia, quello che finì con l’inglorioso spareggio a Senigallia nel ’59…
Mario Naldi se n’è andato a 76 anni, stroncato da un male incurabile. Il ricordo di lui e della sua Virtus squadra “stratosferica” per queste latitudini, è ancora vivissimo nei ricordi dei tifosi non solo chiancianesi.
Come primapagina seguimmo con entusiasmo quella Virtus nei nostri primi passi come giornale. Era il 1990. E oggi vogliamo ricordare mister Mario Naldi con le parole di Riccardo Lorenzetti, che all’epoca faceva il cronista per Radio Chianciano e che di pallone se ne intende:
Se n’è andato in punta di piedi, il Dottor Naldi.
Se non fosse irrispettoso, diremmo che se n’è andato al momento giusto.
Nel bel mezzo di uno dei tanti “anni zero” ai quali ci ha purtroppo abituati la Chianciano calcistica: con la gloriosa Virtus ultima in classifica a zero punti, dopo tutto un girone di andata… Un primato da dividere con il peggior Buonconvento della storia e un paio di derelitte di terza categoria, tra Prato e Pistoia
Un po’ diverso, dai tempi del dottor Naldi, quando ancora si pensava a Chianciano come ad una cosettina affascinante, da ammirare.
Che si portava dietro un prestigio magari retrò, ma non ammuffito, aveva ancora tanto benessere in pancia, e quella mirabolante squadra di pallone all’occhiello, come una gardenia da esibire in faccia al mondo.
Fu, la Virtus, il primissimo club ad interpretare il cambiamento epocale del calcio, inserendosi sul solco dell’uragano Berlusconi. E come il Milan di fine anni 80 faceva man bassa, strapagandoli, dei fuoriclasse dell’epoca, anche la Virtus di Maccari e Cardia si accaparrava a peso d’oro Del Balio, Panella e Tanini. Che erano i Gullit e i Van Basten del calcio dilettanti.
Dilettanti tanto per dire. Perché poi quella Virtus fu, a tutti gli effetti, la prima squadra a inaugurare ufficialmente una specie di professionismo mascherato, con tonalità talvolta insopportabili, antesignano di quei (cattivi) costumi la cui perniciosita’ ha attraversato i decenni per giungere fino a noi… Ricordo il famoso portiere Pelosin, per esempio: che per giocare il finale di campionato pretese, e ottenne, una cifra quasi da vergognarsi. Ma che la Chianciano di quegli anni non fece troppa fatica a tirar fuori, e anziché vergognarsene quasi sbattere in faccia al mondo… Segno di una “grandeur” ancora baldanzosa, ma che già portava dentro i sintomi del declino.
Il Dottor Naldi irruppe a novembre inoltrato: al posto di “Carlo-Magno” Caroni, che di quella squadra aveva capito poco e niente.
Perché la Virtus aveva un gruppo che era si magnifico, ma anche delicato, ed aveva bisogno di tenere briglie se non proprio sciolte, almeno un po’ allentate. Un pizzico di goliardia che mal di conciliava con il pedigree, e il carisma, del grande Carlo, spettacoloso allenatore al cospetto di Nostro Signore.
Con Naldi in panchina, la Virtus accese i motori e attraverso’ il portale dello spazio-tempo: quello che separa la quotidianità dalla seconda dimensione, e trasforma un’eccellente squadra di calcio in una leggenda sportiva.
Vedemmo di tutto, in quelle giornate epocali, e lontane; la corrida di Asciano, nel vecchio Marconi, e l’apoteosi con il Foiano, che c’è ancora un sacco di gente che ancora si commuove, quando la danno in televisione. L’esodo di Casteldelpiano, e poi a Sorano, che inaugurarono quella stagione che fu ricca, felice e spensierata.
“Americana”, disse qualcuno.
Poi, quella magia finì.
Un finale abbastanza agro che a Chianciano, tuttavia, fecero in fretta a rimuovere, con Naldi che rimase (anche nella sconfitta) l’emblema-feticcio della “Nike” vittoriosa. Perché ogni bel ricordo, scriveva Borges, assomiglia alla notte. Che fa dimenticare i particolari più spiacevoli.
Mi torna in mente, adesso, l’immagine del Dottor Naldi portato in trionfo, in quel caldo pomeriggio di primavera, quasi estate. La faccia stravolta, le braccia al cielo e i vestiti stropicciati. I suoi ragazzi in maglia viola che se lo trascinano da una parte all’altra del camposportivo, come in quelle processioni tribali che si usano nei Caraibi, o nell’Africa nera.
“Tornerò, ed avrò membra furiose. Porterò dell’oro…”
Ecco. Dovessi descrivere il Dottor Mario Naldi nella Grande Virtus dell’89, prenderei proprio i versi, bellissimi, di Rimbaud. Ad emblema di una stagione che fu ricca, e travolgente.
Tumultuosa, eccessiva e fiammeggiante. Irripetibile, ormai.
Ti sua lieve la terra
Riccardo Lorenzetti