ENERGIA E CARBURANTI, PREZZI ALLE STELLE. INTERVISTA A SIMONE CANESTRELLI (ASSOPETROLI)

lunedì 18th, ottobre 2021 / 17:09
ENERGIA E CARBURANTI, PREZZI ALLE STELLE. INTERVISTA A SIMONE CANESTRELLI (ASSOPETROLI)
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Il mercato dei prodotti petroliferi è da sempre il più globale di ogni altro e gli andamenti sono simmetrici in ogni parte del mondo. Dopo le crisi petrolifere degli anni 70 e fino ai 2000 i prezzi hanno sempre risentito di una certa componente speculativa più che degli squilibri tra domanda e offerta. Perché le riserve e le produzioni sono sempre state eccedenti rispetto ai fabbisogni. Dai primi anni 2000 è iniziato un progressivo disimpegno delle major oils, prima nell’industria della raffinazione portandoci nell’estate del 2008 al record storico dei 150 dollari/barile (proprio perchè il boom dei consumi prima della crisi fine 2008 aveva trovato un collo di bottiglia nella raffinazione insufficiente) e poi nella esplorazione di nuovi giacimenti. Le tensioni sui prezzi di oggi si spiegano così: con una domanda mondiale di prodotti finiti in forte crescita per la ripresa economica post pandemia, non bilanciata da una offerta di una industria petrolifera in ritirata.

 I giornali hanno dato notizia nelle ultime settimane di una vera e propria crisi energetica e di una serie di black out in Cina (la locomotiva mondiale), C’è una relazione con i rincari? I grandi media e molti osservatori parlano di impatto globale… su tutti i settori…

C’è sicuramente una correlazione. Le centrali elettriche cinesi sono alimentate a gas e carbone e la generazione è insufficiente in una fase nella quale i consumi sono ai massimi. L’assorbimento di tutti i prodotti energetici in quell’area sta mettendo in crisi il bilanciamento delle forniture nelle altre del pianeta provocando questi rincari.

Rispetto al resto d’Europa l’Italia sembra tra i Paesi messi peggio e coi rincari più alti, ci sono anche ragioni interne e di che tipo?

L’Italia non è messa peggio degli altri in Europa. Il mercato, come ti ho detto, è un mercato globale che impatta allo stesso modo sui diversi sistemi economici nazionali (a meno che non si tratti di un paese estrattore). Ciò che incide in Italia rispetto agli altri è il carico fiscale (le famigerate accise) tra i più alti in Europa.

Significa che in Italia paghiamo più tasse che petrolio?

Significa che quando si valutano i prezzi si dovrebbe tener conto dell’incidenza delle accise. Se si raffrontano i prezzi al consumo al netto delle accise siamo in linea con il resto d Europa. Oggi su un litro dì gasolio si paga circa 0,900 di accise e iva su un prezzo finito di 1,600. Chiaro?

La transizione ecologica sarà più faticosa del previsto?

La transizione è faticosa per definizione. Occorrono investimenti epocali macro e micro economici, occorre un mutamento delle culture di valutazione sociale di questi investimenti affinché possano trovare strada ed occorre una riconsiderazione profonda degli stili di vita che è ancora lontana e forse ignorata. In ogni caso è un processo graduale verso il quale ci si muove con le energie da fonti tradizionali. Una crisi di sistema sui prezzi e gli approvvigionamenti di queste fonti rischia di compromettere il percorso della transizione piuttosto che  accelerarlo.

I prezzi altissimi dei carburanti e dell’energia rischiano di inficiare la ripresa post pandemia che sembra affacciarsi?

Il rischio c’è. Le materie prime tutte (non solo quelle energetiche) hanno subito dei rincari anomali che se dovessero perdurare su livelli insostenibili metterebbero in crisi molte filiere produttive.
C’è un dato che dovrebbe far riflettere tutti per capire la dimensione della crisi che potremmo trovarci ad affrontare. La pandemia ci aveva fatto illudere circa il rallentamento del trend di crescita della domanda petrolifera nel mondo. Già ora vediamo che siamo tornati ai livelli pre-crisi e che presto li supereremo abbondantemente…

Dal tuo osservatorio-punto di vista, come vedi la situazione e quale via di uscita prevedi (o vorresti?)

Lo scenario è molto complesso ed inquietante. Dal mio punto di vista e da quello del settore nel quale lavoro si osserva e si vive una demonizzazione costante ed inspiegabile di una filiera industriale e distributiva ancora oggi strategica per ogni comunità. Le alternative si preparano senza distruggere ciò che serve prima che siano pronte. Occorre una strategia di accompagnamento verso il futuro e la transizione più equilibrata e  meno sensazionalistica. Mentre il mercato internazionale va incontro ad una crisi strutturale per garantire il rifornimento di prodotti petroliferi, l’Italia sembra procedere senza sosta allo smantellamento di un sistema industriale che per decenni ha garantito sicurezza strategica degli approvvigionamenti e prestigio nei rapporti internazionali con i paesi
produttori.
A volte sembra che ci sia un accanimento ideologico distruttivo privo di razionalità e buon senso. Faccio l’esempio delle auto diesel. La tecnologia dei motori diesel per il trasporto stradale per camion e per le auto è tipicamente europea e nell’ultimo secolo ha fatto passi da gigante. Oggi si può disporre di motori il cui consumo è superiore a quelli a benzina e le cui emissioni sono più basse. I motori diesel di ultima generazione sono decisamente meno inquinanti sia degli altri motori a combustione interna sia di quelli elettrici, se si tiene conto di tutto il ciclo produttivo complessivo (centrali elettriche incluse), eppure vengono demonizzati…

Rimaniamo in tema di transizione green e di risorse energetiche rinnovabili. Da queste colonne abbiamo rilanciato, di recente, la proposta di chiedere ad Acea di realizzare un parco fotovoltaico nell’area ex centro carni, al posto del carbonizzatore. Acea i parchi fotovoltaici li fa… perché non provare a chiedere che ne faccia uno anche qui chiudendo in senso green quella partita che tanto ha fatto discutere?

E’ un tema delicato. Da imprenditore ti dico che ho una fisiologica difficoltà a fornire soluzioni che poi devono mettere in pratica altri. Mi limito a dire che su questo come su altri casi analoghi ci dovrebbe essere una pianificazione chiara, univoca ed il più largamente condivisa delle attività compatibili con il territorio sulle quali devono andare ad insistere. Questo lavoro lo devono fare le Amministrazioni e la politica che le governa. Le imprese devono fare i loro piani di investimento rigidamente in linea con la pianificazione individuata. Poi ci sono gli enti e gli organismi che devono attuare un controllo rigoroso.

m.l.

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