LA MORTE DI MARADONA E I SEGNALI DI EUPALLA

giovedì 26th, novembre 2020 / 16:16
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LA MORTE DI MARADONA E I SEGNALI DI EUPALLA
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CHIUSI – Chi mi conosce o legge questo giornale sa che tifo Fiorentina praticamente da sempre. Ieri, 25 novembre la Fiorentina giocava una partita importante. Coppa Italia a Udine. Una gara da dentro o fuori e dopo la batosta rimediata contro il Benevento in casa domenica scorsa, era anche un’occasione per vedere se Mister Prandelli, alla sua seconda partita della seconda era, aveva trovato un minimo di compattezza e di “amor proprio” nei suoi giocatori. E io ieri ho guardato Udinese-Fiorentina. Solo che parlare di calcio e guardare una partita nel giorno in cui ti dicono che è morto Maradona, diventa un supplizio. Una cosa difficile anche solo a pensarla. Un po’ come parlare del Pci dopo la morte di Berlinguer. Maradona a 60 anni, Enrico a 62. Entrambi un po’ troppo prima del tempo.

Guardi la partita, speri in un gol di Vlahovic che non arriva perché il serbo non è Batistuta. E non è nemmeno Kalinic. Non ancora almeno. Neanche vicino. Guardi le trame stanche e quel palleggio sterile, nel quale il migliore tra i viola è Borja Valero, che a 35 anni è ormai un ex todocampista. Rimane uno che ragiona col la testa e con i piedi, ma non è più quello della Viola di Montella che non perdeva un pallone neanche se gli sparavano…  Guardi Borja e Castrovilli che ha il 10 sulla maglia ed è bravo, ma poi pensi alla 10 di Maradona e ti vengono le lacrime agli occhi. E la voglia di bestemmiare per tre ore di fila. Pensi che sì Dieguito era ridotto male da anni. Che da anni era più morto che vivo. Che aveva un fisico devastato.

Ma il pensiero che non ci sia più è una ferita lancinante e non ti frega un cazzo se la Fiorentina non riesce a segnare e chiude il tempo regolamentare sullo 0-0. Quella è routine. La morte di Maradona è una sassata. E allora mentre i viola e i friulani vanno ai supplementari, cerchi dei segni, qualcosa che Eupalla, il dio del pallone tante volte evocato da Brera, a volte riesce a mandare ai comuni mortali.

E così pensi che Maradona è morto il 25 novembre, stesso giorno di George Best, 15 anni dopo. Best e Maradona, due geni in campo, immarcabili, due dissoluti, due disperati fiori dal campo. Due ragazzi nati in posti difficili, uno a Belfast nel ’47, l’altro in un sobborgo di Baires nel ’60, diventati una sorta di semidei con il pallone tra i piedi ed entrambi morti uno poco prima e l’altro poco dopo i 60 anni. Best di cirrosi per gli eccessi con l’alcol, Diego per arresto cardiocircolatorio, ma dopo un’operazione al cervello subita tre settimane fa. E dopo aver abusato di cocaina fin dai tempi del Barcellona, prima di approdare a Napoli.

Best che disse a Crujiff, non ad un terzinaccio del Worverhampton, “tu sei il più forte, ma solo perché io non ho tempo”. Diego che il più forte lo è stato davvero, pur non avendo le phisique du role dell’eroe dei due mondi. Bassotto, tarchiato, cabezon, anarchico in campo, debosciato fuori.

Ecco questa concomitanza di data per la morte di entrambi, mi è sembrata un segnale di Eupalla. Così come il fatto che il 25 novembre sia morto anche Fidel Castro che per Maradona è stato una specie di “secondo padre” (parole sue). Come Cuba è stata una sorta di seconda patria per el pibe de oro. Segnali. Che cercavo disperatamente anche sullo schermo della Tv mentre guardavo, sempre più distrattamente, Udinese-Fiorentina, una partitaccia che non riusciva a decollare e che si trascinava stancamente verso i calci di rigore in un grigiore opprimente.

Poi al 112° minuto, a 8 dalla fine del secondo tempo supplementare ecco il lampo. Segna la viola con un gol del giovanissimo Tòfol Montiel, appena entrato al posto del terzino Caceres. Un bel gol tra l’altro. E la partita finisce con la Fiorentina che passa il turno e alla prossima incontrerà l’Inter.

Ecco un altro segnale di Eupalla in una giornata tristissima. Prandelli dopo aver provato tre centravanti, giovani anche loro, ma che non fanno per uno e non tirano mai in porta, neanche per sbaglio, tira fuori il ragazzino che ha le spalle strette e peserà 50 kg con la coratella come dicono i vecchi di queste parti, e questi in men che non si dica infila il primo pallone che gli capita alle spalle del portiere del’Udinese. Per carità nessun paragone con Maradona o con George Best. Ma “il ragazzo gioca bene” e segnare un gol decisivo, in una partita da dentro o fuori, a 8 minuti dalla fine dei supplementari è un bel biglietto da visita e potrebbe essere il segnale di Eupalla, che Montiel va fatto giocare. Perché si è visto da pochi tocchi che a pallone ci sa giocare. Non ha il fisico? Beh, nel calcio di oggi, non è handycap da poco. Non siamo ai tempi di Best e neanche a quelli di Maradona, oggi i difensori ti sbranano. Ma, nella ricerca mentale di segnali, il giovane spagnolo, classe 2000, a me ha ricordato, in quei 10 minuti che ha giocato risolvendo la partita,  altri giocatori che non avevano il fisico, ma avevano testa e piedi. Uno fra tutti: Anselmo Robbiati, seconda punta viola tra il ’93 e il ’99 con Bati e Baiano, Oliveira e anche Flachi davanti nelle gerarchie. Robbiati lo chiamavano “Spadino”, era secco come un chiodo, pesava 60 kg ed era alto poco più di un metro e 70. Non partiva mai titolare, non aveva il fisico e neanche il nome (Anselmo) da bomber conclamato, ma segnò gol preziosissimi e non pochi, entrando dalla panchina.

Kurt Hamrin il migliore numero 7 prima di Best non era un gigante nemmeno lui. Lo chiamavano “uccellino”. E il primo Baggio quello visto a Firenze prima di approdare alla Juve non era nemmeno lui Carnera…

Nessuno tra qualche tempo ricorderà il gol di Montiel all’Udinese il 25 novembre 2020, perché il 25 novembre 2020 è morto Maradona e la tristezza di chi ama il calcio non ammette divagazioni, oltre il lutt.

Ma forse, a pensarci bene, da tifoso viola, triste per la morte di un campione infinito e immortale, quel gol di Montiel è un ulteriore segnale di Eupalla. Mo’ me lo segno.

Marco Lorenzoni

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