CHIUSI, I SILENZI E I DUBBI DEL PD, L’ASSENZA DEL “RESTO DEL MONDO” E LO SPETTRO DI UNA SITUAZIONE ALLA PANICALESE…
CHIUSI – Il 1° Novembre scorso, su queste colonne pubblicammo un articolo dal titolo: “Chiusi, Pd spaccato in due: gli conviene far fuori Bettolini (tanto più i mezzo alla tempesta Covid?)”. E venticinque giorni fa la Toscana no era ancora “Zona Rossa”, la tempesta covid era meno violenta, a Chiusi i contagi erano 7 e non 27, come adesso…
“Con un pandemia che a Chiusi sembra sotto controllo, ma nel resto del comprensorio dilaga, con la possibilità molto concreta di ritrovarsi a gestire mesi difficilissimi e poi un lungo periodo di “convalescenza”, conviene al Pd far fuori un sindaco che è al pezzo da mesi e ha dimostrato di saperci stare e di prendersi anche responsabilità sul piano locale, a differenza di altri suoi colleghi più timidi? Invece di accapigliarsi sulla tessera o meno di Bettollini e sulle sue intemperanze caratteriali e a cercare un possibile candidato diverso, che si troverebbe subito in mezzo alle sabbie mobili dell’emergenza e della post emergenza, non farebbe meglio a cercare di appianare le divergenze e provare a mantenere Bettollini al pezzo, per sfruttarne l’esperienza acquisita?” Così scrivevamo il 1 novembre. Aggiungendo: “Ovvio che nessuno pensa a Bettollini nominato sul campo “commissario all’emergenza”, o ad una sospensione della democrazia e delle elezioni perché c’è da combattere la guerra del covid. Ed è ovvio che gli avversari hanno tutto il diritto di contendere la guida del comune al Pd o a Bettollini, anche in clima emergenziale. Ma il Pd dovrebbe fare – secondo noi – un ragionamento anche utilitaristico, di convenienza gestionale, diciamo così”…
Il Pd chiusino invece ancora il nodo non lo ha sciolto, né in un senso (la ricandidatura) né nell’altro (arrivederci e grazie). E continua nella ormai consolidata strategia del silenzio e del “guai a chi parla”.
Quando scrivemmo quell’articolo, il 1 Novembre, non lo sapevamo. Oggi apprendiamo che negli stessi giorni, esattamente a fine ottobre i vertici nazionali del Pd avevano dato delle indicazioni precise. Non alla segreteria di Chiusi, ma al Pd di tutti i comuni che saranno chiamati al voto nella primavera 2021. Sono 1.255 su 7.903 e tra questi figurano Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna, ma anche Ravenna, Rimini, Grosseto, Salerno, Latina, Varese, Novara… In Toscana Montevarchi, Sansepolcro, Orbetello, Scansano, Anghiari, Civitella Val di Chiana, Chiusi e Trequanda. In Umbria Parrano, Assisi, Città di Castello…
Cosa diceva il Pd? Zingaretti & C. invitavano a tenere conto del DPCM del 24 ottobre e dell’emergenza coronavirus. Intanto evitando “momenti di coinvolgimento degli iscritti in presenza”. Quindi niente assemblee, incontri, comizi. E nella scelta dei candidati l’invito era esplicito: “evitate le primarie!” privilegiando la strada del candidato unico condiviso.
La notizia fu ripresa da vari quotidiani e siti web presenti nei comuni che andranno al voto. Come il Corriere di Romagna e altre testate emiliane. E in Emilia Romagna ancora oggi ne discutono.
Nelle settimane successive di Dpcm ne sono arrivati altri, la pandemia ha dilagato,alcune regioni sono diventate prima arancioni, poi zona rossa, praticamente chiuse sia in entrata che in uscita. Tra queste anche la Toscana. Il Pd, a fine ottobre pensava e stava anche discutendo sull’opportunità di chiedere un rinvio delle elezioni amministrative dalla primavera, almeno a settembre del 2021. Poi però la richiesta non non l’ha fatta, più per scaramanzia – pensiamo – che per altri motivi. Rinviare le elezioni avrebbe significato dare per scontato che tra aprile e giugno, periodo previsto per il voto, la pandemia potrebbe ancora non avere esaurito il suo corso. E invece la speranza è che tra cure con gli anticorpi monoclonali e vaccini il covid e i lockdown si possano dichiarare superati e mettere alle spalle un po’ prima.
Il Pd chiusino si è certamente adeguato alle indicazioni sul non fare iniziative con i militanti in presenza, ma quanto alla candidatura a sindaco e alla linea da seguire in vista delle elezioni, non ha mosso un dito. La segretaria per la verità aveva provato a mettere in agenda un incontro con la lista Possiamo, ma una parte della segreteria e mezzo partito l’hanno fermata, dicendo che gli incontri li decide l’Unione comunale e solo dopo aver sciolto i nodi all’interno del partito.
Altro non si è visto se non un documento congiunto Pd-Psi critico col sindaco per il rimpasto di giunta, seguito alla partenza della vicesindaca Chiara Lanari per un incarico professionale in Regione, anche quello però contestato da mezzo partito.
Prima dell’articolo del 1 novembre, avevamo paventato il rischio che anche a Chiusi potesse verificarsi una “sindrome pievese” cioè una situazione simile a quella che a Città della Pieve ha portato alla sconfitta del Pd e alla vittoria della lista civica di Risini, appoggiata dalla Lega e dalla destra nel 2019. E qualcuno a destra e non solo a destra ci ha sicuramente pensato. Qualche abboccamento pare ci sia stato. Ma per ora a Chiusi un “listone civico” stile Risini non è alle viste.
Il Comitato Aria che pure era intervenuto a gamba tesa contro il sindaco e contro tutto il consiglio comunale, opposizioni comprese, ha fatto sapere che intende dire la sua sulle questioni, ma non intende scendere direttamente nell’agone elettorale. I Podemos stanno tirando per la giacchetta il Pd e la segretaria Cardaioli affinché facciano fuori Bettollini e aprano un confronto con loro. La destra e i 5 Stelle sono del tutto assenti dalla scena.
In sostanza se il Pd chiusino non è mai stato così debole (alle regionali ha preso il minimo storico dei voti, meno di quanti ne prese la Primavera nel 2011) e frantumato, con fazioni l’una contro l’altra armata, il “resto del mondo” sembra ancora più frastornato. Al momento più che una “sindrome pievese” a Chiusi sembra profilarsi la “sindrome panicalese”: nel 2009 alle comunali di Panicale il Pd decise di cambiare candidato a sindaco, presentando Alessandra Todini, ma il sindaco uscente Luciana Bianco non si fece da parte e si presentò anche lei, con una propria lista. Entrambe le liste avevano il simbolo Pd sul proprio logo e i due comitati elettorali, uno di fronte all’altro in piazza Mazzini a Tavernelle, esponevano tutti due orgogliosamente la bandiera Pd fuori della porta.
La destra provò a sfruttare la divisione, ma non riuscì nell’intento. Il Pd ufficiale perse e le elezioni le rivinse Luciana Bianco. Ne scrivemmo parecchio all’epoca, anche ridendoci un po’ su…
Panicale è in Umbria, ma non è molto lontana da Chiusi.
m.l.
Amen. Così parlò il giornalista libero.
Liberissimo. Come sempre. Libero come l’aria, cantava Gaber… Che poi uno è libero quando può scrivere e scrive quello che gli pare. Non ho fatto i soldi, anzi ho sempre faticato parecchio da quel punto di vista, ma questa condizione me la sono scelta e coltivata. E detto tra noi non ne conosco tanti, tra quelli che scrivono, che possono dire e fare altrettanto. Quanto al tuo commento, Luca, se codesta è la posizione dei Podemos, mi congratulo per la profondità dell’argomento… Se nell’articolo c’è qualcosa che non corrisponde al vero (parlo dei fatti, posizioni e passaggi citati, non delle mie opinioni o sensazioni) faccelo sapere… Faremo ammenda.
Va benissimo così vai libero.
Sono molte le esperienze che hanno portato il PD a incredibili disastri. Oltre alle sindromi pievesi e panicalesi si potrebbero ricordare quelle torinesi dove hanno voluto ricandidare per forza Fassino, a quelle senesi dove un partito frantumato è rimato ostinatamente chiuso su sè stesso.
Ci sono anche comportamenti e scelte politiche un po’ più lungimiranti da prendere ad esempio.
A Chiusi l’idea di unità e di confronto sono state pratiche sempre molto apprezzate. Lo dimostra il fatto che quando la sinistra ha realizzato percorsi aperti e alleanze, il consenso ha raggiunto percentuali tra il 60 e il 70%. Quando il partito di maggioranza ha dimostrato di aprirsi e dialogare è stato premiato. Quando invece si è chiuso nella propria autosufficienza, come avvenuto negli ultimi anni si è indebolito ed è precipitato nei consensi, fino a perdere quel ruolo centrale che aveva nella vita politica locale.
Oggi, a bloccare l’avvio di una discussione che avrebbe l’obiettivo di unire la sinistra e costruire una coalizione di Centrosinistra in vista delle prossime elezioni amministrative (esattamente la stessa cosa che sostiene il loro segretario nazionale Zingaretti) assomiglia ad un suicidio politico.
Rispettosamente, credo che dentro i Democratici ci sia ancora qualcuno che non ha fatto i conti con una stagione disastrosa, che ha trovato soprattutto nel renzismo una cultura divisiva, autoreferenziale, persa dietro un leaderismo privo spessore e contenuto.
Rifiutare il confronto per difendere sé stessi dimostra debolezza, sottintende la paura di non saper sostenere le proprie ragioni. Pretendere di decidere le candidature, prima di avviare un confronto con altri soggetti è cosa forse legittima, ma anche pretenziosa e irrispettosa per tutti coloro che credono nella partecipazione e magari vorrebbero essere coinvolti nelle scelte. Queste cose la gente le percepisce e reagisce al momento del voto. Prima di intestardirsi in atteggiamenti dal respiro corto, forse sarebbe più utile consolidare un po’ di esperienza politica, perché affrontare le cose dentro un partito e nei rapporti con gli altri solo con la forza dei numeri o delle firme di una manciata di iscritti che restano nascosti alla maggioranza dell’opinione pubblica fa vincere forse qualche partita, ma l’esperienza insegna che alla lunga porta ha perdere le battaglie decisive.
Marco, alle ultime comunali, nel 2016, la lista Pd-Psi (una alleanza finta, perché di fatto era un monocolore Pd data la scarsa consistenza del Psi) fece il miglior risultato di tutta Italia (per la precisione 2.816 voti pari al 64,3%) nonostante la concorrenza a sinistra (Possiamo) e i 5S in vorticosa ascesa… Oggi il Pd ha – ultime regionali – un tesoretto di voti sotto al 40%. Rispetto al 2016 sono più i voti che ha perso di quelli che ha mantenuto (ne ha persi 1.700). L’autosufficienza sulla carta non ce l’ha più, E tantomeno la può riguadagnare dilaniandosi come sta facendo da 4 mesi a questa parte. La dirigenza del partito eletta a febbraio è vero che ha dovuto fare i conti anche col covid, le restrizioni e l’emergenza, ma finora non ne ha azzeccata una neanche per sbaglio. Ultimo tassello la vicenda della nomina nel Cda della Lfi dove qualcuno ha confuso il ruolo del partito e ha debordato… E’ auspicabile che il Pd trovi il modo di confrontarsi con altre forze, ma non può farlo se rima non scioglie i suoi nodi e non ritrova un minimo di compattezza. Se il confronto lo fa solo una parte del Pd e l’altra rema contro o semplicemente non è d’accordo, a che serve il confronto? E a cosa può portare se non ad una situazione come quella che si verificò a Panicale nel 2009 e che fece ridere tutta l’Italia?
Quando il compaesano Renato Casaioli, assume questi toni riflessivi, circa le questioni interne al PD, che non funzionano, e mirano alla possibile perdita di consenso… senza rendersene conto, l’apprezzo di più!
Perché Casaioli, scusi? (non le attribuisca colpe che non ha)
L’alleanza PD-PSI del 2016, sarà stata anche un monocolore, ma ricordo che in lista c’erano più di un candidato che pescavano nell’area socialista, tra l’altro tra i più votati in assoluto. In ogni caso negli ultimi 10 anni, da quando il PD ha cambiato “pelle” con l’avvento di Renzi è sempre stato più debole e diviso. Mentre intorno a se, in passato riusciva a coalizzare maggioranze solide che andavano dai 3.700 agli oltre 4 mila voti, nell’ultimo decennio ha perso quasi mille elettori. Parlo di comunali, quindi con valori omogenei.
Non tocca certo a me difendere la segretaria Cardaioli, ma a non azzeccarne una mi pare che il PD abbia incominciato ben prima di febbraio 2020. Le metà degli iscritti non lo ha persi in 10 mesi.
Per il discorso del confrontarsi il nodo non è tanto ritrovare un minimo di compattezza, il problema mi pare sia, che una parte non vuole proprio il confronto. E’ questo rifiuto l’anomalia politica.
“L’autosufficienza sulla carta non ce l’ha più, E tantomeno la può riguadagnare dilaniandosi come sta facendo da 4 mesi a questa parte.”
Bisognerebbe chiedersi chi sta lavorando per dilaniare il PD e perché.