L’ARCHIVIO STORICO DI CITTÀ DELLA PIEVE. UNA STORIA LUNGA E TRAVAGLIATA
Città della Pieve custodisce un patrimonio inestimabile dislocato tra Palazzo Fargna, sede del Comune, e Palazzo Orca, collocazione quest’ultima, scelta e predisposta ad accogliere la preziosa documentazione dalla precedente Amministrazione Comunale nel 2016.
Si tratta dell’Archivio storico comunale che documenta la storia non solo di Città della Pieve ma di tutto il territorio circostante dal 1200 circa fino ai primi del 900, includendo una ricca tipologia documentaria tra cui l’archivio propriamente storico -che parte dal 1364-, il giudiziario -che va dal 1596 al 1861-, il notarile con circa 1.172 protocolli di cui molti sono atti di natura privata. Tale è il pregio che la Soprintendenza ai beni Archivistici dell’Umbria ha valutato l’Archivio Notarile-Mandamentale di Città della Pieve tra i primi quindici dell’Umbria.
Se ne è tornato a parlare in occasione delle giornate europee del patrimonio culturale, il 26 settembre scorso, al Museo Civico Diocesano di Città della Pieve con i seguenti relatori:
- Giovanna Giubbini, soprintendente archivistica e bibliografica dell’Umbria e Marche, moderatrice
- Luca Marchegiani, assessore alla cultura del Comune di Città della Pieve
- Marilena Rossi, ex direttore dell’Archivio di Stato di Terni
- Odir Dias, archivista, ex direttore dell’Archivio Centrale dell’Ordine dei Servi di Maria
- Don Simone Sorbaioli, parroco di Città della Pieve
Attualmente, la raccolta più conosciuta è quella notarile. L’archivista Odir Dias, che ne ha consultato oltre 2.600 fogli (15 registri di 8 notai nel periodo che va dal 1300 al 1400) parla di uno schedario ricchissimo che permetterebbe di ricostruire la vita quotidiana nel 400 della piccola, allora quasi sconosciuta, Castel della Pieve.
Proprio tra il 1300 e il 1400 la Storia narra di un declino del ruolo politico e sociale dei notai il cui servizio ai privati diventa pertanto la principale occupazione. Al notaio, nell’antica dizione, notaro (dal latino notare, cioè “annotare”, “prendere nota”), si ricorreva per qualunque tipo di contratto e/o vicenda che richiedesse una testimonianza legale scritta: prestiti, testamenti, inventari di beni, e tanti contratti di matrimonio.
Ma anche altre tipologie contrattuali che, qualche secolo più tardi, avrebbero fatto rizzare i capelli alla Merlin dell’omonima legge. Per il solluchero invece di un Alfonso Signorini del terzo millennio, nel suo intervento del 26 settembre, Odir Dias racconta di un “contratto di concubinato” (actum in terra Castri Plebis in apoteca Angelo Dominici), risalente al 1456.
Alla presenza del notaio Cola di Iacopo, Il calzolaio Giovanni e suo figlio Tommaso, promettono che detto Tommaso prenderà con sè tale Caterina di Germania, come sua concubina ( in eius concubinam) dandole vitto e alloggio. Nel caso in cui Tommaso avrà da lei uno o più figli e la moglie di Tommaso verrà a morire, o i coniugi si separeranno, Tommaso sposerà Caterina e le darà in dote 40 fiorini (et eam dotare de florenis XL). Se invece detta Caterina non avrà figli o non vorrà più stare con Tommaso, oppure Tommaso non vorrà più tenerla, allora lui le dovrà dare 20 fiorini (ei dare florenos XX), a meno che Caterina non commetta adulterio con qualcun altro.
La storia dell’Archivio è, tuttavia, piuttosto lunga e travagliata.
Nel corso degli anni 70 la Soprintendenza effettua diversi sopralluoghi in cui rileva una situazione critica per stato di abbandono e disordine della preziosa documentazione. Nel 1988, a seguito di sollecitazioni della Soprintendenza stessa, l’allora assessore comunale si adopera per ottenere i finanziamenti volti al restauro e alla conservazione. Ma una vera e propria opera di ordinamento e inventariato inizia solo nel 1997, con un progetto affidato alla Cooperativa Archivum di Terni che ci lavora con strascichi fino al 2000.
Nel 2005, a seguito di un’ispezione, la funzionaria della soprintendenza archivistica per l’Umbria, Francesca Tomassini, redige un elenco che suddivide la documentazione in epoca preunitaria e postunitaria, descrivendo per ciascuna parte le serie, la consistenza e gli estremi cronologici. Nel corso dell’incontro tenutosi il 26 settembre, chiedo se esiste un inventario consultabile. I relatori rispondono che ne esiste uno parziale, non ancora terminato a causa anche della disponibilità dei finanziamenti.
Il responsabile comunale addetto all’archivio mi conferma che la riordinazione invece è terminata. Mancherebbe soltanto una piccola scatola. Mi spiega che Palazzo Orca ospita l’archivio mandamentale, notarile e storico mentre a Palazzo Fargna ci sono gli atti del Comune divisi nelle sezioni classiche di amministrazione, urbanistica, gestione servizi pubblici, eccetera. La riordinazione dell’archivio storico è per macroargomenti, divisi in faldoni, ma non esiste una catalogazione dei singoli documenti. L’archivio notarile è invece diviso per notai e anno di erogazione degli atti.
In teoria l’archivio è fruibile, aperto al pubblico, come assicurano gli addetti ai lavori. In pratica però i locali non sono accessibili. È fruibile nella misura in cui chiunque voglia, può richiedere al Comune copia dell’inventario prima e del documento cui è interessato poi, per consultarlo successivamente in sede comunale, alla presenza di un funzionario. Il responsabile del Comune mi dice anche che nel caso in cui il reperimento di un documento dovesse risultare più complesso del previsto, la consultazione del faldone di riferimento può essere fatta insieme al richiedente.
A detta degli studiosi, l’inventario finora redatto non è accurato. Nel corso della sua esposizione, Odir Dias ha rilevato che la consultazione non è affatto semplice in quanto non sempre la registrazione di atti e documenti corrisponde all’inventario.
Dias non è l’unico a notare la difficoltà. Alcuni studiosi, per lavoro o per passione, contattati sull’argomento, hanno espresso le stesse perplessità circa l’efficacia della procedura di richiesta, sottolineando che si potrebbe sapere cosa si cerca ma non in quale documento ( o anno, o argomento) cercare, e che l’accesso ai locali dell’archivio offrirebbe maggiori opportunità di orientamento e ricerca. I diversi interpellati suggeriscono peraltro l’imprescindibilità di un responsabile di archivio, una figura qualificata che abbia contribuito alla riordinazione della documentazione. In pratica, una guida per chi voglia, o debba, affrontare la complessità di una ricerca archivistica.
I più ambiziosi auspicano il trasferimento dell’intero patrimonio in un unico edificio adibito allo scopo. Un progetto pregevole, di notevole investimento economico, che, tuttavia, offrirebbe a Castel della Pieve il lustro e la sede di uno dei quindici archivi storici più importanti della regione.
Elda Cannarsa
archivio storico, citta della pieve
Che patrimoni del genere giacciano in condizioni a dir poco precarie o di scarsa o difficile fruibilità, nonostante gli sforzi e qualche intervento di “manutenzione”, è un fatto grave che meriterebbe cura e attenzione. Ovviamente la “carenza” non riguarda solo Città della Pieve. Spero che l’assessore Marchegiani, al di là di qualche intervento a convegni, metta mano alla questione e cerchi una soluzione adeguata, perché trattasi di un bene pubblico rilevate
Circa più di una decina di anni fa e direttamente per mio interesse personale riguardante il periodo del passaggio fra l’amministrazione papalina ed il Regno d’Italia, richiesi la possibilità di consultare qualche faldone di corrispondenza contenuta nell’archivio storico a
Sant’ Agostino per verificare le affrancature e precisamente quelle appunto del periodo di detto passaggio.Venni affiancato dall’amico Valerio Bittarello che ancora prestava servizio alle dipendenze del Comune e se ben ricordo per ordine della Prof.ssa Maria Luisa Meo che gentilmente delegò Valerio ad essere presente durante la consultazione che durò meno di un ora.Chiesi di poter fruire di questa iniziativa proprio per la classificazione di una collezione di francobolli che mi era stata regalata da un parente nella quale si trovavano appunto delle affrancature dello Stato della Chiesa poichè non mi era chiaro fino a quale data erano stati usati i francobolli pontifici e da quando sarebbero stati usati quelli appartenenti al Regno d’Italia,poichè detto uso chiaramente non era stato simultaneo alla delibera giuridico amministrativa che istituiva l’amministrazione savoiarda.Ancora tale dilemma alla data odierna non ha -almeno secondo le mie conoscenze- avuto soluzione precisa.Bene, esaminai uno per uno i documenti della corrispondenza contenuti in circa 3 o 4 faldoni polverosi e pieni di buste indirizzate perlopiù al Comune ma con mia grande sorpresa constatai che a quasi tutte le buste era stato staccato il francobollo,azione questa che senz’altro era avvenuta chissà in quale data nel passato e magari compiuta come un gesto innocente da chissacchì per collezionare tali francobolli. Ora molti di quei francobolli risalenti a quel periodo storico ( regnava Vittorio Emanuele II )hanno oggi un grandissimo valore e qualcuno di questi sia quelli recanti l’annullo del timbro postale sia quelli non apparenti sulle buste ma invece esse stesse autorizzate con timbro a viaggiare-a seconda delle condizioni certamente- sono pezzi importantissimi da collezione e valgono qualcuno anche centinaia e migliaia di euro nelle aste nazionali ed internazionali.Tutto questo per dire che i nostri archivi sono stati sottoposti nel tempo ad una continua predazione di beni culturali e che non esiste un vero e proprio controllo delle autorità su campi che magari non riguardano le opere d’arte ma che riguardano i mille aspetti che rappresentano la cultura italiana.Il perchè di questo lo sappiamo tutti e lo sanno anche coloro che fanno finta di non capire,quando vengono messi di fronte a queste domande a cui la politica non risponde mai, ma i nostri rappresentanti se la cavano con una alzata di spalle.Mancano i soldi e la mancanza è dovuta principalmente ai tagli che la politica ha istituito, poichè i servizi per essere compiuti e soddisfare allo scopo per il quale sono stati istituiti hanno bisogno di denaro e se il denaro non c’è e vengono fatti i tagli ai conferimenti dello stato verso le regioni e verso i comuni,tutto questo finisce nel modo come ho descritto,con il detrimento delle opere, dei locali ma anche degli archivi che contengono la nostra storia e quindi la nostra identità.Ero presente anch’io all’appuntamento ed il simposo è stato molto interessante e partecipato.Non ho potuto attendere la fine del simposio ma ho dovuto assentarmi prima del termine ma avrei contattato la Dott.ssa Giubbini per richiederle una informazione.Quale occasione migliore sarebbe stata quella di parlarci personalmente? E’ per questo che chiedo al Comune di Città della Pieve-visto che ha invitato la Dott.ssa,il numero telefonico del suo ufficio oppure la sua e-mail poichè è molto tempo che vorrei rintracciare il luogo dove è stato depositato l’Archivio fotografico della ditta Virgilio Alterocca di Terni.Credo e spero che per la sua funzione possa darmi istruzioni adeguate e precise.
Resoconto puntuale ed esaustivo.
Da appassionato cultore di storia locale, mi ritrovo in alcune criticità apparentemente espresse dagli interpellati, sottolineando, tuttavia, che negli ultimi 2 anni la possibilità di fruire del patrimonio documentario è notevolmente migliorata, grazie, lo debbo dire sinceramente, alla sensibilità e disponibilità del Responsabile del Servizio.
Certo, andrebbe, ma non da ora, migliorato il “servizio di accesso ed accoglienza”, seppur, diciamocelo, in linea con gli altri Archivi Comunali della Regione.
In mancanza, per ovvi e comprensibili motivi, di personale pubblico dedicato, si potrebbe pensare a sopperire a questa “mancanza” con volontari debitamente preparati e selezionati.
Come, tra l’altro, personalmente proposi ai tempi della Giunta Manganello e come in parte avviene per altra ed analoga realtà pievese.
X Il Sig.Neri. Ben vengano i volontari ma siccome trattasi di beni culturali spesso di notevole valore sarebbe bene poter disporre di personale responsabile. Certamente, comprendo che fino a quando non sia stato prodotto un inventario completo dei documenti in essere da parte di persone autorizzate all’esame ed anche al controllo è bene prendere le doverose precauzioni poichè sulla maggior parte dei beni non inventariati pende sempre la spada di damocle…facciamo a capirsi come si suol dire….non è la prima volta che negli archivi pubblici vi siano stati ammanchi ma anche in quelli privati per esempio. A questo proposito l’ultimo ammanco che mi viene in mente è quello avutosi nella Biblioteca dei Girolamini a Napoli dove sono spariti i volumi più preziosi ed introvabili e per il quale ammanco ci sono state condanne per la verità poco esemplari sia dei committenti sia dei tenutari della Biblioteca, compromessi con i ladri che agivano su commissione….
Tutte queste problematiche mi coinvolgono anche se marginalmente poichè come qualcuno delle passate ed attuali amministrazion conosce il mio problema personale che è quello dell’archivio fotografico e del fondo librario che posseggo e che per più volte ho intrapreso il percorso di destinarlo post mortem al comune di Città della Pieve poichè mi sento anch’io un figlio di quel territorio.Negli anni passati ho interessato e sentito molte persone ma con scarsi risultati.Ho avuto in passato un contatto anche con il Dr. Valerio Bittarello ed altri funzionari ed ultimamente con Luca Marchegiani che mi ha spiegato le difficoltà che già per la verità conoscevo e che comprendo, ma sembra che nulla per il momento possa muoversi sul fronte delle acquisizioni. Ho fatto con la passata amministrazione a Palazzo della Corgna una mostra sui documenti fotografici di viaggi di esplorazione dell’ 800 in Asia ed Africa con relativo materiale originale proprio per sensibilizzare Città della Pieve ed i suoi amministratori su quello che possano perdere nel tempo se non si facciano passi precisi e non si investa del denaro oggi,ma comunque senza farla troppo lunga ho capito che non ci ”sia trippa per gatti”. Ci vorrebbe un privato che creda nella cultura e che abbia la passione e non solo questa ma anche dei soldi sufficienti ad essere investiti intelligentemente nella conservazione, protezione e nella fruizione pubblica attuale e futura di tali beni. Da circa 50 anni fino ad oggi mi sono personalmente dedicato ad accumulare materiale fotografico, lastre, negativi, materiale invertibile e bibliografico sulla storia mondiale e soprattutto dell’Asia per realizzare mostre per pubbliche amministrazionie privati, ma se tale ”patrimonio” rimane nei cassetti non è di certo un patrimonio.Tanti dicono che in Italia si potrebbe vivere di cultura e sicuramente questa è cosa vera ma secondo me ci vorrebbero persone che in politica anteponessero e decidessero che in luogo delle spese che oggi vanno per la maggiore come verso le tante discipline sportive del tipo calcio ed affini,decidessero di investire una parte delle risorse entrando dalla porta per uscire dalla finestra. Spero di essermi spiegato…. Ma in un sistema come questo dove soprattutto lo sport catalizza attenzioni, pubblicità, soldi e sprechi inverosimili e serve soprattutto perchè la gente abbia delle valvole di sfogo diversamente si porrebbe un problema sociale maggiore di quello che esiste,diventa difficile percorrere tale strada.Ed allora prendono piede anche quegli aspetti di disattenzione e di allontanamento dal perorare un bene pubblico che possa produrre redditualità certa.Secondo me-ma è solo un parere personale- tutto questo è un sintomo di povertà politica e culturale.Perchè? Perchè quando si espletano fatti certi come la mobilitazione di centinaia di persone per scopi prettamente ricreativi che portano solo un flusso di denaro a singole categorie sul territorio (agriturismi, ristoranti, alberghi) l’indotto che ne deriva nei nostri paesi che non sono nè Firenze, nè Roma, nè Venezia, è comunque un aspetto trascurabile.Se invece fosse perorato il lato della cultura ed organizzato a dovere, aumenterebbe la redditualità non solo per il flusso turistico ma tutte le stesse attività che ho nominato.Io dico sempre che intorno ad un reperto archeologico all’estero ci costruiscono un museo, noi potremmo essere una società aperta,colta ed arricchita dai legami culturali e posti al centro di una machina che produca cultura e civiltà.Perchè invece quasi sempre -tranne casi eclatanti- mostriamo il contrario ? Vediamo se qualche lettore risponde a tale quesito….
[…] thing I really wish I had attended was this, a conference about our town’s historical archives, “one of the 15 best in […]