COVID. CONSIGLI PER CHI HA CONTRATTO, O POTREBBE CONTRARRE, QUELLA “SEMPLICE INFLUENZA” CHIAMATA COVID-19
C’è (ancora) chi dice no ma il Covid è vivo, vegeto e aggressivo. I contagi aumentano, i ricoveri anche. In alcune regioni d’Italia le terapie intensive iniziano ad essere in sofferenza. Il governatore della Regione Campania De Luca minaccia la chiusura totale.
I dati delle ultime 24 ore riportano 407 nuovi casi in Umbria, 1.140 circa in Toscana. La zona del Trasimeno ha registrato una recente impennata. Per chi ci è passato o ci sta passando, non è una scatola di antibiotici e via. Nemmeno un’influenza come un’altra. A paragone con le tre stagioni influenzali precedenti (2017-2019), che hanno causato 90mila decessi (Europa occidentale e centrale), il Sars-Cov-2 ha provocato un eccesso di morti di circa 170mila persone (dati Euromomo, settembre 2020). In tempi più brevi, ovvero 12 settimane per il Coronavirus contro le 16 delle influenze stagionali.
Se, contro ogni evidenza, ritenete che il Covid-19 sia una passeggiata, eccovi i consigli di tre pazienti che lo hanno sperimentato sulla propria pelle, secca e screpolata in casi estremi. Se gravi, molto probabilmente dovrete andare in ospedale. Vi anticipo che pigiami e camicie da notte trendy non saranno necessari, così come il beauty case e la crema ialuronica. E se il virus sia stato creato in laboratorio, dai cinesi o da Joker in persona, sarà l’ultimo dei vostri pensieri. Dal fronte, quello vero:
IN OSPEDALE, CON LAURA
Abbigliamento: vi serviranno camice da notte, i pigiami sono scomodi perché se vi mettono il casco non potete andare in bagno. Le mutande monouso della tenalady sono molto comode e pratiche..
Portatevi una fascia per coprire le orecchie. Nel casco arriva l’ossigeno dal tubo destro ed è freddo e punta proprio nell’orecchio. La fascia sarà di grande aiuto. Portatevi anche una piccola sciarpetta di seta, molto sottile. A me è servita molto perché il casco si chiude sul collo con un materiale che assomiglia al silicone. Non aderisce però perfettamente e sentirete spifferi freddi e rumori che assomigliano ad un elefante che barrisce. Ecco la sciarpetta sottile, opportunamente posizionata può essere di grande aiuto. Consiglio anche una sciarpa di lana di quelle larghe perché spesso lasciano la finestra aperta anche di notte, sapete, per arieggiare l’ambiente
Igiene e cura del corpo: vi serviranno salviette per l’igiene intima umidificate ma devono essere di quel tipo biodegradabile che si possono gettare nel wc. È indicato sulla confezione. Un pettine, l’ acqua detergente e una crema idratante per la pulizia della mattina. Un sapone intimo e uno liquido per quando riuscirete a raggiungere il bagno. Portatevi lo spazzolino e il dentifricio, potrete lavarvi i denti nel bicchierino della colazione. Vi serviranno molti fazzoletti di carta sia per il muco che per soffiarvi il naso. Anche i calzini sono utili così come tutto il materiale per il pedicure. Dopo qualche giorno di letto i vostri piedi inizieranno a scrostarsi, una roba pazzesca… Quindi macchinetta e crema saranno indispensabili. Nelle prime settimane non sarete in grado ma se tutto va bene dopo potreste aver bisogno di questo materiale.
Poi vi serve il burro di cacao. Quando sarete nel casco le mucose si seccano , le labbra tendono a tagliarsi e il burro di cacao è un gran sollievo.
Pile: vi serviranno anche le pile per il saturimetro e per la macchinetta dei piedi. Ricordatevi il caricabatterie del cellulare, una penna e un blocchetto. Potreste aver bisogno di scrivere qualcosa.
Bevande: portatevi delle cannucce per bere. Per bere quando siete nel casco potete chiedere alle infermiere il favore di tagliare il tubicino di una flebo perché passa dal buchino di una delle due valvole davanti al casco.
Reazioni emotive: Ah… Dimenticavo: non mettetevi a piangere nel casco perché le lacrime con l’ossigeno bruciano come il fuoco, avete presente quando vi entra il sapone negli occhi ? Ecco, così.
A CASA, CON CHIARA
Si sta male: sì, si sta male. I sintomi dello starter kit sono quelli di una fastidiosa influenza, ma i problemi respiratori hanno una gamma di spiacevolezze belle toste: fame d’aria, affanno, pesantezza in petto, difficoltà ed estrema fatica a parlare. Se non riuscite ad associare la sensazione alle parole, mettetevi uno straccio umido sulla faccia e provate a respirarci attraverso. Brutto? Ecco.
Evoluzioni: è una malattia che evolve rapidamente e in modo non sempre prevedibile: il che vuol dire che un giorno scalpiti attendendo la fine della quarantena e quello dopo sei in ambulanza. E quello dopo ancora chissà. E così a nastro.
Soldi e rete di supporto: ci vogliono tanti soldini e una rete bella solida di amici e familiari: già, perché in tutte le fasi della malattia non si può uscire di casa e pure si ha bisogno di tutto. Magari anche di cose che, pur a volerle pagare il triplo, semplicemente amazon non le vende e non c’è nessuno che te le porti a casa. Quindi inevitabilmente la malattia travolgerà voi e le vite di chi avete vicino. E non sempre è scontato che qualcuno vicino ci sia. E, in ogni caso, mai è bello vedere chi ti ama logorarsi di fatica e di preoccupazione per te.
Nervi saldi: per arginare le presenze tossiche (attratte come il miele da cose simili), per non cedere alla sensazione orribile di essere derubati di tutto ciò che è la propria vita, per farsi forza quando si sta male, per orientarsi in una burocrazia cervellotica che rende tutti esasperati e ancora più stanchi, per non abbandonarsi a pensieri neri.
Solitudine: si è soli perché per le ovvie ragioni dell’isolamento comunque nessuno potrà accompagnarvi, spiegare ai medici come state quando non avete la forza di parlare, farvi compagnia, farvi una siringa al volo (imparerete a farvele da soli sulla pancia e sì, non sarà bello mai, neppure alla ventordicesima volta), compilare per voi i moduli o anche solo pagare per voi se avete dimenticato la carta di credito a casa.
Prevenzione: quindi le cazzo di mascherine. La stracazzo di amuchina. Le distanze. L’igiene. La prudenza. Il rispetto della sicurezza altrui. La prevenzione. La salute mentale (no: piangere, strillare, invocare Odino non vi farà guarire prima, anzi).
L’ITER, CON CINZIA ( e il medico)
Se non siete stati a contatto con un positivo conclamato, non avete diritto al tampone. Se siete stati a contatto con focolai o contagiati, ma per ragioni di privacy non siete autorizzati a fare il nome delle persone positive con cui siete stati a contatto, non potete fare il tampone. Se la scuola dove insegnate vi chiede di dichiarare di essere stata professionale, cioè di aver rispettato e fatto rispettare tutte le misure anti-covid e la vostra classe dovesse rientrare tra quelle a rischio di focolaio, pazienza. Non vi possono prescrivere l’isolamento. Succede a Cinzia. Di seguito il suo dialogo con il medico.
C.– Buon giorno dottore (affanno), sono una professoressa. Sono fortemente preoccupata di aver contratto il covid negli ultimi 5 giorni, i due precedenti avevo accusato solo mal di testa e spossatezza. Ho avuto nell’ordine: mal di gola, tosse, febbre, raffreddore, diminuzione dell’olfatto. Inoltre sono docente in una scuola dove, a seguito dello sviluppo di un focolaio, diverse classi sono state coinvolte, tra cui una o più di una (non è dato saperlo) delle mie classi. Una sicuro poiché mi è stato chiesto, in qualità di docente, per disposizione della asl, di dichiarare di essere stata professionale e quindi di non poter essere considerata contatto stretto.
Medico: se mi da la mail le mando la cura.
C: la cura? Per cosa? Non devo fare un tampone per sapere per cosa mi curo? Posso uscire liberamente? Se non io che ho difficoltà, mando in giro mio figlio?
Dottore: se lei vuole fare il tampone o lo fa privatamente oppure mi da il nome del contatto
C: il nome del contatto? C’è la privacy, dottore. Le do il nome della scuola e le mie classi se vuole. La asl ha i nomi dei contatti. E poi, per il tampone privato da qualche giorno è richiesta l’impegnativa.
Dottore: io non posso fare l’impegnativa. Nè fare indagini alla asl. Nè segnalarla per la quarantena. Se ha bisogno le do la malattia. E poi ci sentiamo se ha bisogno di qualcosa.
C: no dottore. Io non ho bisogno di niente. Ho solo bisogno che il mondo sappia.
Ad oggi Cinzia scrive che usa le poche energie a disposizione per fare lezione a distanza, “perché visto che non mi hanno segnalato e non ho diritto a tampone, non ho diritto a isolamento, ma solo a malattia. Che grazie alla legge, significa oltre al danno la beffa della trattenuta.”
Precisiamo ulteriormente che i consigli riportati sono di pazienti. Non di medici. E ringraziamo nell’ordine:
Gino di Mare (per Laura Pace), Chiara Dini Piedisacco e Cinzia Craus per averci permesso di pubblicare le loro testimonianze.
Elda Cannarsa
casco respiratorio, contagi, Covid, terapia intensiva