IL BANKSY PIEVESE. STREET ART NELLA NOTTE DELLA SUPERLUNA
Notte particolare quella di ieri a Città della Pieve, frastornata e spaventata dall‘incendio avvenuto nella casa di Mario di Draghi che per fortuna non ha causato danni a persone.
Ma, complici i bagliori della super luna, nella cittadina del Perugino è avvenuto anche altro. Un fatto magico. Un ignoto street artist ha lasciato tracce di bellezza nella cittadina di Città della Pieve, tappezzando cassette della luce e del gas con manifesti che raffigurano immagini artistiche rivisitate in tema Coronavirus.
Stamattina i cittadini pievesi che sono andati a lavorare o a fare le fugaci commissioni necessarie, previste dal Dcpm, hanno scoperto nei pressi delle loro abitazioni alcune delle opere, e hanno iniziato a postarle su Facebook.
La meraviglia è stata immediata così come la realizzazione che lo sconosciuto artefice ha agito in più aree della cittadina. Oltre a riprendere note raffigurazioni artistiche, alcuni manifesti riportano frasi latine di incoraggiamento e speranza per resistere con più forza a questo drammatico momento della storia.
Gli amministratori di alcune tra le pagine più attive di Città della Pieve – Città della Pieve Viva, Il Moggio – hanno quindi invitato i cittadini a inviare le foto dei diversi manifesti per condividerne la bellezza e permettere a tutti di vederle senza dover uscire di casa.
La scelta delle opere da riprendere che includono, finora, anche un fumetto stile Lichtenstein , l’accurato lavoro di rivisitazione, l’impegno nella produzione dei manifesti e la scelta di frasi latine famose sì ma non per tutti, fanno pensare ad un lavoro meticolosamente pianificato e ad un autore che ha familiarità tanto con l’arte quanto con le lingue antiche.
Non è mancata la goccia vagamente polemica di chi si è chiesto se l’ignoto avesse il permesso di affiggere, ma è stato un caso isolato. Lo stupore e la bellezza hanno avuto il sopravvento.
E forse l’anonimato dell’autore favorisce quel pizzico di magia che in tempi bui, ma anche perchè no, in tempi di normali e frenetiche routine, diventa cibo dell’anima. Ci auguriamo, a questo punto, una bella operazione di conservazione dei manifesti da parte del Comune di Città della Pieve, a testimonianza del potere salvifico dell’arte e della bellezza, del germe di creatività che sempre si annida nelle reti di una crisi.
Elda Cannarsa
arte, street art
Non parlerò del continuo, imperterrito, uso del nome Banksy come sinonimo di Sreet artist, né del fatto che l’uso del latino basterebbe a qualificare l’artista come dotato di fine sensibilità e profonda cultura (quindi, studenti di quarta ginnasiale, fatevi avanti!); o ancora, del fatto che accostare anonimato e pizzico di magica mi fa pensare a Provaci ancora, Johnny, mentre odo rotolio di braccia cadute, probabilmente le mie. No, non ne parlerò o parlandone lo sto già facendo? Piuttosto, il punto è che sempre più artisti violano la quarantena. E questo ci pone di fronte a una scelta: o ampliamo la categoria delle attività permesse agli interventi di Street art o accettiamo il rischio che gli artisti, le cui opere sono anche apprezzate da Comune e cittadinanza (come riportato dal bucolico articolo) vengano un domani condannati ai sensi della normativa vigente. E poi, dai, era la notte della superluna! Uhhhhhhhhhhh, califragico!
Certo, per non voler parlare, ne ha sciorinata di roba. Un po’ impropria, se permette, fondata più sul come che sul cosa, come d’uso e costume ai tempi dei Social, ma lo sforzo è apprezzabile. Io invece preferisco dire. Così, dirò che il riferimento a Banksy è determinato da due motivi: il dato, credo innegabile, che non sia un sinonimo della street art ma uno dei suoi maggiori esponenti, e come tale, tra i più conosciuti e riconoscibili. Avrei potuto prendere in prestito il nome di Zilda, per esempio, ma non tutti sono particolarmente votati alla street art e, magari, non tutti sanno chi sia. Secondo: Banksy, come Zilda, tende ad agire nelle zone degradate o afflitte da situazioni drammatiche. Vista la condizione straordinaria (nel senso di extra-ordinaria, non strumentalizzi) che stiamo vivendo, l’associazione a Banksy mi sembrava più consona di quella ad esempio ad un artista come Jorit.
Lei (non) dice che l’anonimo autore potrebbe essere uno studente di quarto ginnasio ( o di quinto, o di primo liceo o quello che preferisce). Può darsi, io non ho detto il contrario. Infatti, l’articolo parla di “familiarità”. La definizione di “fine sensibilità artistica e profonda cultura” è un’iperbole tutta sua,. Più strumentale che interpretativa, sembra, ma assolutamente sua.
Se l’accostamento anonimato-magia le fa venire alla mente “Provaci ancora Johnny,” a me fa andare un pochino oltre. In una dimensione più articolata diciamo. Il mistero (o fascino) dell’ignoto fa parte della storia dell’uomo, ed è alla base della spinta verso ricerca e sperimentazione. Tuttavia, laddove l’uomo non è arrivato con la scienza, sono intervenuti il rito, la religione, la magia. Risulta Tacito che Omne ignotum pro magnifico.
Sul carattere da lei definito “bucolico” dell’articolo, difficile dire. Dato il contenuto, il termine ( e il concetto) di bucolico c’azzeccano, perdoni il vernacolo,come i cavoli a merenda. Cerchi poi di leggere con maggiore attenzione i testi che le sfilano davanti, se non altro per evitare fallaci interpretazioni. Nell’articolo “ci si augura” che il Comune preservi le opere, NON che il Comune abbia apprezzato o concesso o autorizzato alcunchè. Sulle autorizzazioni e le quarantene, mi perdoni ma sorvolo. Ci sono cose che o si colgono all’istante o non c’è spiegazione, riferimento, dissertazione, dato, scienza o magia che possano sfondare il muro di chi lo vuole erigere.
M’ah….forse ci sarebbe anche da dire che i guasti del coronavirus non sono solo quelli che vediamo e che ci tocca sopportare, ma c’è un altra zona molto larga di fascia sociale aliena che ritiene che ” arte” possa rientrare in una specia di autodeterminazione di un qualsivoglia salvacondotto per chi infranga le regole perchè gli è venuta l’idea( al sedicente artista e non ad altri ) di attacare manifestini negli sportelli dei contatori del gas.Purtroppo credo che il coronavirus e la costrizione che esercita nelle menti, metta a nudo anche questi stati che- non sò come definirli-forse di alienazione mentale che non è altro alla fin fine che il frutto del mondo distorto che viviamo e che la socialità talvolta tramite il complesso mediatico innalza come a fatti ”liberatòri” delle persone proiettati sul sociale. Vorrei che ci si chiedesse, come almeno talvolta in questo caso, l’azione sia stata compiuta di notte e cosa stia a significare questa temporalità in chi la osservi da un punto di vista di critica sociale.La domanda credo che possa essere ritenuta lecita anche e soprattutto nel senso dell’infrazione delle regole che tende ad acuire spesso l’ammirazione sociale per la ricerca del ”coraggio di esprimersi”..C’è proprio tanta differenza fra coloro che nelle nostre città scrivono frasi importanti per loro stessi sui muri dei palazzi e magari per compiacere o denigrare l’amata oppure fra coloro che eseguono i cosiddetti ”graffiti” sulle pareti delle vetture dei treni? Io credo proprio che la differenza possa essere sottile sottile od anche non esserci affatto.L’arte l’avevo intesa che poteva essere anche un altra cosa.Ma sono tempi un po’ bui,credo per parecchi.Soprattutto quando assurgono alla panacea delle menti iniziative del genere e gli si dà un significato di bellezzza perchè dietro si vuol riconoscere che vi siano significati,che in tal caso mi sembra che possano essere stati presi a prestito da Bansky and Co.e quindi non esiste nessuna novità, nè interpretativo-sociale originale e nemmeno di altra natura, ma spesso è l’atto in se stesso che per menti trattate benignamente-oserei dire”particolari”- rappresenta un ”vero fatto dissacratorio” che vorrebbe rappresentare-sempre secondo chi le metta in atto- espressioni artistiche magari anche degne di nota.Io credo proprio che se si voglia fornire ” una luce dissacratoria” per far contemplare ad altri il proprio pensiero di rottura degli schemi, i mezzi artistici possano essere non questi, ma quelli dove sia riconosciuta bellezza universale, equilibrio e ricerca emozionale profonda,critica del sistema e proposta del nuovo, perchè il mondo che possa intravedersi verso il quale andiamo od andremmo,credo lo si possa anche rappresentare .Bansky in questo senso è stato un precursore globale,ma coloro che sono venuti dopo di lui e si sono accodati, secondo il mio punto di vista nelle loro creazioni non esprimono nessun intento,se non quello dell’automatismo dell’emulazione,percorrendo l’illusione del riconoscersi in ciò che fanno che è quasi sempre più spesso la sottocultura di una sciocca autocelebrazione.E questo secondo il mio modo di pensare è tutt’altro che un valore.E’ il nulla.Ma il mondo purtroppo va verso tali lidi e la società è semprepiù dominata e spesso a tale scopo serve anche colui o coloro che ci ricamano intorno.
Ma è questo ciò che serve al nuovo verso cui dovremmo andare? Me lo chiedo !
Personalmente ritengo la street art una forma artistica notevole, non solo moderna, ma anche di grande impatto visivo, spesso con messaggi tutt’altro che banali. Posdibile che lo street artist pievese abbia violato le norme, ma se ha agito di notte, da solo, in strade deserte che danno ha fatto, chi può aver rischiato di infettare? Qualche gatto randagio,due topi e una nutria? Non esageriamo con la sindrome dello sceriffo…
Visione della street art e’ quella di stupire nella quotidianita’.Arte rapida ,sul contingente,effimera ma puntuale.Rimane pero’ la scarsa sensibilita’ dimostrata in questa occasione verso chi dilgentemente segue le indicazioni di limitare le uscite al minimo indispensabile e sicuramente di questo soffre quotidianamente.La street art ha il compito di sollecitare e stupire il passante,(che purtroppo non c’e).
A tutti coloro che hanno fornito una risposta al post vorrei porgere una domanda incluso anche Marco, che secondo me non ha risposto a ciò che dicevo nel mio intervento poichè ha risposto solo ad una esigua parte di questo anche perchèa ci arrivavo anch’io che uno che gira di notte in solitaria non danneggi nessuno e gli” sceriffi” non c’entrano nulla perchè non era mia intenzione fare o promuovere l’attività di sceriffo : ma secondo voi uno che di notte va a posizionare disegni non suoi sugli sportelli dei contatori della luce e del gas ma disegni del tipo di quello visualizzato nella foto ricavati e stampati da altri disegni, ma trattasi davvero che quella voi la definiate essere street art ? Ma che ci si prende in giro oppure basta che un gatto faccia miao e si scatena un coro che dice che il miao l’abbia fatto troppo lungo o troppo corto o troppo strascicato il miao..?.Ma per favore scusate, tornate nella realtà sennò davvero il coronavirus ha fatto andare fuori di testa parecchi.
Ho preso a prestito la street art per due motivi: 1)la sua accezione di appartenenza alla strada.2) Il concetto di arte, in questa visione, si rifà alla scelta dei soggetti che, rivisitati graficamente in chiave Covid-19, e rappresentando dunque una realtà attuale, diventano altro dall’originale e assumono una valenza che qualcuno può definire arte, qualcun altro no. A me, che non sono un critico di arte e non posso pertanto stabilire cosa sia arte e cosa no, piace pensare che lo sia. Però sono in grado, come ho fatto, di argomentare il perchè. Spero che la spiegazione sia esaustiva. Inviterei però a soffermarsi un po’ di più sull’effetto che questa azione ha avuto sulle persone. Lo contestualizzerei nell’ambito di altre manifestazioni di carattere artistico e culturale, del significato che, in questo momento, un atto volto all’incoraggiamento può assumere ed ha assunto, alla possibilità che tale azione abbia espresso una forma di bellezza. Insomma, oltre a denigrare il gesto per violazione di quarantena o criticare l’aspetto più o meno artistico (che si può fare ma ha bisogno di una qualche valida argomentazione), cercherei di guardare un pochino oltre. Di spaziare, diciamo