IL PERUGINO, LA PESTE E IL CORONAVIRUS

mercoledì 08th, aprile 2020 / 17:22
IL PERUGINO, LA PESTE E IL CORONAVIRUS
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CITTA’ DELLA PIEVE –  L’inverno stava finendo e si avvicinava la primavera. Già c’era qualche mandorlo fiorito. Ma a Perugia si moriva come le mosche. Era il 1523… La chiamavano peste nera. O peste bubbonica, perché le vittime presentavano dei bubboni sulla pelle… Non lasciava scampo. Le autorità decisero la chiusura totale delle “botteghe”, delle chiese e di ogni altro luogo di incontro. Si salvi chi può, sembrò anche allora la direttiva. Unita a quella di stare chiusi in casa, isolati…

Non c’era ancora la globalizzazione, non c’erano gli aerei che volavano dalla Cina all’Europa e viceversa… il Nuovo Mondo era da poco stato scoperto e lì c’erano solo gli indigeni, i conquistadores e i gesuiti nel mezzo a evangelizzare i primi e a frenare gli eccessi dei secondi. Avete presente il film Mission?

Ma non è che allora non si viaggiasse, viaggiavano eccome…

L’Italia nel 1523 era uno spezzatino di Repubbliche, Regni e Ducati, divisa e perennemente in guerra.  Ma da Firenze, Siena, Lucca, Mantova o Piacenza si vendeva di tutto nelle Fiandre, in Olanda, in Germania. I senesi si erano inventati la banca e la cambiale… Sulla via della seta era un via vai di carovane. E tra i commerci più fiorenti e appetibili c’era quello delle opere d’arte, gli artisti migliori e più celebrati erano appetiti, cercati, pagati a peso d’oro per un polittico o un ritratto.

Pietro Vannucci da Castel della Pieve, detto “il Perugino” era senza dubbio tra questi. Per Agostino Chigi era ad esempio “il meglio maestro d’Italia”, e Vasari nelle Vite del 1568 scrisse che la sua pittura “tanto piacque al suo tempo, che vennero molti di Francia, di Spagna, d’Alemania e d’altre province per impararla”… Stava nascendo il capitalismo e i capitalisti volevano celebrare sé stessi… Non era solo la Chiesa a cercare gli artisti migliori.

“All’inizio del ‘500 però il Perugino, pur essendo uno dei massimi pittori della sua epoca, era caduto un po’ in disgrazia…  Esiliato dai grandi centri artistici,  si ritirò nella sua regione di origine, l’Umbria, lavorando soprattutto nei piccoli centri di provincia, dove il suo stile trovava ancora estimatori”. Così narrani le biografie.

Era un “paraculo”, il Perugino, uno assatanato per i soldi,  faceva dipinti in serie utilizzando cartoni già usati per altri dipinti, si faceva pagare anche in natura: vino, prosciutti e forse qualche donzella…  Niente a che vedere da questo punto di vista però con l’allievo Raffaello, morto a 36 anni di sifilide, dovuta a “eccessi amorosi” (l’urbinate era insomma uno che oggi si direbbe sex addicted, cioè affetto da ipersessualità. Come gli utenti assatanati di youporn…).

Quando la peste nera cominciò a mietere vittime a Perugia, Pietro Vannucci, detto il Perugino, cercò scampo rifugiandosi fuori dalle mura, in un piccolo borgo che era poco più di una pieve: Fontignano. Che oggi è nel comune di Perugia, ma è vicino a Tavernelle e Panicale, dove aveva dipinto uno splendido San Sebastiano trafitto dalle frecce…

Ma la peste non diede scampo nemmeno a lui, che morì, appunto in quel passaggio inverno-primavera del 1523. Aveva 75 anni, che al’epoca non erano pochi. Si moriva prima di norma…

La pest non faceva sconti. Neanche ai più grandi. Ecco, 500 anni dopo, siamo di nuovo alla peste. Alle città chiuse a chiave. E anche Mario Draghi, che è uno di quelli che se fosse vissuto nel ‘500 avrebbe potuto commissionare un dipinto al Perugino, adesso deve starsene chiuso in casa a Città della Pieve e chiamare i pompieri se gli va a fuoco la canna fumaria, come è successo ieri sera…

Il mondo in fin dei conti non è cambiato più di tanto dal 1500. Certo oggi la medicina e la scienza sono un po’ più avanti. Ma, oggi come allora, ci sono virus di cui si sa poco, per i quali non esiste ancora  un vaccino e che rischiano di cambiare i connotati alla società, all’economia, al modo di vivere.

La peste uccise il Divin Pittore Pietro Perugino… Oggi il Cornavirus sta uccidendo persone normali, per lo più anziane o con patologie pregresse complicate. E ci sta cambiando la vita. A tutti, poveri e ricchi. Europei, americani o asiatici… Ci sta cambiando le abitudini quotidiane. E anche i modo di consumare. Probabilmente cambierà anche la produzione delle cose utili, di quelle meno utili e di quelle “futili”. Cambierà in tutti noi la percezione di ciò che conta di più e di ciò che conta di meno. Del bello e del brutto. Alla fine, insomma, cambierà anche la committenza…

m.l.

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