AIUTI ALLE IMPRESE, SPOSTAMENTI FUORI REGIONE, POTERI AI COMUNI: CARO PRESIDENTE… RISINI E BETTOLLINI SCRIVONO A CONTE. MA TRA I DUE QUALCHE DIFFERENZA C’E’

martedì 28th, aprile 2020 / 09:20
AIUTI ALLE IMPRESE, SPOSTAMENTI FUORI REGIONE, POTERI AI COMUNI: CARO PRESIDENTE… RISINI E BETTOLLINI SCRIVONO A CONTE. MA TRA I DUE QUALCHE DIFFERENZA C’E’
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CITTA’ DELLA PIEVE  – Prima Stefano Scaramelli, poi a ruota la sua fedelissima Pamela Fatichenti, in serata anche Fausto Risini, sindaco di Città della Pieve. I primi due di Italia Viva, il terzo invece sindaco civico, ma dalla Lega considerato uno dei suoi eletti. Tutti contro il DPCM di Conte sulla cosiddetta fase 2. Tutti e tre si dicono perplessi e avrebbero vorrebbero una riapertura della attività più marcata, più rapida e meno “scaglionata”.  Come abbiamo già scritto ieri dopo il post di Scaramelli, che a chiedere di poter riaprire la propria attività siano operatori preoccupati e stremati è comprensibile. I morsi della crisi, ll fatturato zero e gli zero scontrini da due mesi si fanno sentire. Soprattutto se hai l’affitto, le bollette e i fornitori da pagare. Che lo facciano uomini e donne della politica e delle istituzioni è meno comprensibile. Soprattutto come nel caso dell’ex sindaco di Chiusi e ora consigliere regionale se sei uno che ha dovuto combattere personalmente con il virus per 50 giorni. Certe sortite sembrano dettate più da desiderio di visibilità, dalla voglia molto opportunistica di accreditarsi come capipopolo degli scontenti e degli incazzati e anche per dall’ossequio alla linea del Capo. Nel caso di Scaramelli e Fatichenti di Renzi.

Per Fausto Risini il discorso è parzialmente diverso. Ma anche lui evidentemente deve rispondere a pressioni forti. Sia degli operatori pievesi, che del paryito di riferimento, che a livello nazionale spinge forte per la “sgassata”. Scrive Risini:

“Ai tanti concittadini che mi hanno sollecitato a dare un parere sul nuovo Decreto rispondo qui, condividendo con voi una riflessione serale ad alta voce. Ci sono punti del dispositivo che mi convincono ed altri decisamente no.
Ma prima di scendere nel dettaglio lasciatemi fare una premessa. Dall’inizio di questa emergenza nazionale ho garantito, come è doveroso che sia, la mia piena collaborazione, fiducia e solidarietà al Governo.
Non ho espresso posizioni personali se non quello di auspicare maggiori aiuti e fondi per rispondere concretamente alle esigenze dei miei cittadini. Ma nonostante i Decreti “Cura Italia” e “Liquidità” le difficoltà e le preoccupazioni che mi vengono poste si stanno acuendo giorno dopo giorno sempre di più. Noi Sindaci siamo qui in prima fila, il primo presidio sociale e democratico del nostro Paese e il Governo deve ascoltarci e darci risposte commisurate. I Comuni hanno bisogno di un’iniezione di liquidità immediata, lo abbiamo chiesto tramite l’Anci e auspichiamo in una rapida risposta da parte del Presidente Conte.
Come abbiamo chiesto altresì, nella stessa missiva che domani pubblicheremo, un fondo per il sostegno agli affitti delle attività commerciali chiuse per Decreto e l’indispensabile sostegno alle famiglie che tornano a lavoro e che devono sapere come poter gestire al meglio i propri figli. Ai bambini, che sono i più colpiti da questa emergenza, chi ci pensa e soprattutto come? Lo dico onestamente, mi aspettavo una fase 2 diversa, con più organizzazione e strategia, non una fase 1 bis, come è stata definita giustamente da molti.A partire dal fatto che non comprendo perchè non si sia prevista la riapertura di tutte le attività che riescono a garantire gli standard igienico-sanitari previsti.
Badate bene, non parlo di un “riapriamo tutto e via” ma se un gioielliere, tanto per fare un esempio, riesce a garantire entrate contingentate, distanziamento interpersonale, dispositivi di protezione ecc. su quali basi dirgli di no? Qual’è il criterio di selezione adottato? Chi non era in grado di rispettare gli standard non riapriva, semplice.
Ma la stessa opportunità, in una fase 2, va data a tutti, soprattutto alle piccole e medie imprese che sono veramente in ginocchio e che senza un riassorbimento dei debiti da parte dello Stato, maturati con questo lockdown, faranno difficoltà a rialzarsi. Personalmente mi aspettavo anche un approccio sito-specifico per la strategia di ripartenza, che tenesse in considerazione le peculiarità delle zone che hanno praticamente azzerato i contagi, magari concedendo un minimo di discrezionalità alle Regioni. E concludo, per non dilungarmi troppo, che la normativa genera una confusione e delle contraddizioni non necessarie.
È d’obbligo, inoltre, in questo particolare momento tenere in debita considerazione anche il fattore psicologico dei cittadini che hanno bisogno di avere prospettive chiare e rassicurazioni sul proprio futuro. Non si possono solo chiedere sacrifici, diamogli anche la speranza e la certezza che lo Stato c’è e si prenderà cura di loro, di noi. Spero che il Governo accolga le nostre richieste sollecitamente e dia finalmente risposte più incisive e più strutturate”.

Insomma anche il sindaco pievese avrebbe preferito una “riapertura” più larga, e magari decisa anche su base locale, in relazione alla situazione dei contagi e della capacità di ottemperare alle misure di sicurezza. Il che è una posizione non irragionevole, ma i toni nei confronti del Decreto e del Governo sono piuttosto tranchant (“la normativa genera una confusione e delle contraddizioni non necessarie”).

Così come Risini, anche il sindaco di Chiusi Bettollini ha scritto a al premier Conte. Una “letterina agile” ma precisa, così l’ha definita, con tre richieste specifiche:

1) che gli aiuti alle imprese e all’economia siano rapidi, garantiti e certi e che non siano dimenticati i Comuni perché l’assenza di gettito (con il lockdown i comuni hanno perso tassa di soggiorno, introiti dai parcometri, multe, tassa sul suolo pubblico ecc..) fa rischiare il dissesto di bilancio e quindi mettendo a rischio anche la continuità dei servizi pubblici e la tenuta sociale;

2) che la possibilità di spostarsi per andare a trovare parenti e congiunti – compresi fidanzati e fidanzate – ristretta alla regione di appartenenza, possa trovare una deroga attraverso accordi tra i sindaci, per consentire lo spostamento anche fuori regione nei comuni confinanti. Come ad esempio Chiusi e Città della Pieve o Castiglione del Lago (qui Bettolini ha accolto e rilanciato una sollecitazione in tal senso venuta anche dalle colonne di primapagina);

3) che i Comuni possano avere più potere decisionale sul tema delle riaperture delle attività, sulla base dello stato di salute della comunità e della possibilità delle aziende di applicare le norme di sicurezza. Questo al di là delle scadenze indicate nel Dpcm…  (in questo caso Bettollini e Risini sembrano in linea).

La differenza tra i due sta nel fatto che Bettollini ha rimarcato però l’incongruenza di chi chiede oggi “di correre e sgassare” mentre il 18 marzo, con lo stesso numero di contagi chiedeva di chiudere tutto, anche oltre le direttive de Governo. E soprattutto ha messo in guardia dai tentativi di strumentalizzare a fini di visibilità e consenso personale e di partito il malcontento e la difficoltà di tante persone di tante imprese. “Aizzare lo scontento è operazione pericolosa e irresponsabile” dice il sindaco di Chiusi, che non fa mistero di non amare il Governo Conte né l’accordo Pd-M5S, però chiede rispetto per le norme finché ci sarà bisogno di rispettarle. A Chiusi, per fare un esempio, da circa 3 settimane la curva dei nuovi contagi è vicina allo zero (con gli ultimi casi tutti riferibili a focolai già noti, quindi in qualche misura attesi e fisiologici), ma i “positivi” sono ancora 18, come il 16 marzo. I guariti sono 23, i deceduti 2. Quindi l’allarme non è finito. “Allentare la stretta e provocare una ricaduta con qualche leggerezza, sarebbe imperdonabile, e letale per la stessa ripresa economica che potrebbe essere definitivamente compromessa”.

Con l’ex amico Scaramelli è gelo (“Il lupo perde il pelo, ma non il vizio”). Con Fausto Risini qualche differenza di approccio c’è, ma senza acredine. Probabile, se Conte ascolterà la richiesta, che i due e insieme ai sindaci di Castiglione del Lago e di Cetona si debbano sedere ad un tavolo (anche in conference call) per la questione degli spostamenti familiari e affettivi extra confine. E qui viene in mente una canzone: “Across the border”, di Bruce Springsteen.

m.l.

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