IL CARABINIERE UCCISO DAI DUE AMERICANI E QUELLA FOTO: LA RIFLESSIONE DI UN’AMERICANA IBRIDA

mercoledì 31st, luglio 2019 / 17:08
IL CARABINIERE UCCISO DAI DUE AMERICANI E QUELLA FOTO: LA RIFLESSIONE DI UN’AMERICANA IBRIDA
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La vicenda del carabiniere ucciso a Roma e poi di uno dei due giovani americani arrestati per l’omicidio, fotografato bendato e ammanettato dietro la schiena, in una caserma durante l’interrogatorio, hanno giustamente indignato tutti. L’uccisione del carabiniere perché delitto efferato e apparentemente senza motivo plausibile, la foto fatta girare sui social, perché in Italia è vietato maltrattare i cittadini, chiunque siano, quando sono sotto la tutela o in custodia dello stato, anche in condizione di privazione della libertà. E tutta la storia ha tutta l’aria di essere una storiaccia con molti punti oscuri che non sono stati per nulla chiariti. C’è chi teme, inoltre, che i due giovani americani, che alloggiavano in un albergo di lusso ed erano in cerca di droga, e non di un ristorante, possano alla fine cavarsela come i militari che tranciarono con un aereo la funivia del Cermis e come Amanda Knox, perché appunto americani e ricchi e non magrebini o nordafricani, il che avrebbe fatto la gioia e la fortuna dei fasciorazzisti dilaganti, sempre in cerca di un nemico, di un capro espiatorio, possibilmente nero e arrivato col barcone…

La questione è seria. C’è un morto, ed era un servitore dello Stato. Che doveva essere armato e invece non lo era. E anche questo è un punto oscuro e ci sono due giovani cittadini di un altro Paese, un paese alleato, che hanno confessato  l’omicidio… Ma erano in condizioni di alterazione per la droga.  Poi ci sono figure ambigue e oscure mezzi pusher e intermediari e forse informatori dei carabinieri… e c’è un Paese che si interroga (nella migliore delle ipotesi) e si divide, c’è chi critica quella benda in caserma (che sarà poca cosa, ma non è prevista né consentita dalle leggi italiane) e chi invoca lavori forzati e pena di morte, anche queste cose non previste e non presenti nel nostro ordinamento giudiziario. Ma si interrogano e si dividono anche gli americani. Ecco, qui di seguito, una riflessione che ci ha inviato la nostra amica e collaboratrice Sybil Fix, da Charleston, South Carolina, Usa. Sybil Fix ha vissuto  a Cetona per 20 anni (fino al 1990), Ha appena pubblicato l’edizione in italiano del suo libro “La ragazza di borgo” sulla sua esperienza cetonese, uscito, in inglese, un anno fa.  Ma questa sua riflessione è una riflessione da americana. Non da cetonese. Per questo, secondo noi è ancor più interessante. Eccola:

La narrativa anti-americana in occasione dell’uccisione del Carabiniere Rega mi ha esaurita. Potremmo mai, in Italia, trattare un evento senza colorirlo con immediate e grossolane generalizzazioni che non hanno niente, assolutamente niente a che vedere con la realtà del giorno e dell’evento? Senza schierarci subito intorno a bandiere irrilevanti? Senza tirare fuori la Seconda Guerra Mondiale? Ho sentito dire delle boiate alla radio stamattina da capogiro – che “Trump viene a prendere i ragazzi in Air Force One!” Che “l’America, come sempre, se ne strafotte della giustizia in Italia, o della sicurezza”. Che “tanto questi ragazzi tornano in America e nessuno li punirà”. Andiamo dal vituperio dei carabinieri nel caso Cucchi alla creazione di miti. Pare che in Italia non sia mai stato ucciso un Carabiniere — dagli italiani stessi. Come si dimentica la storia. Non ho mai visto una tale sfilata di strumentalizzazione politica di ogni colore.
Questi ragazzi indagati pare abbiamo commesso un delitto orribile e insensato e dovrebbero essere puniti – che siano ricchi o poveri, americani o nigeriani o italiani. E dovrebbero essere puniti in Italia dove hanno commesso il reato, secondo le leggi italiane, del luogo. E credo che la maggior parte delle persone in America sia d’accordo su questo. Dovremmo tutti augurarci, come cittadini di nazioni democratiche, che giustizia sia resa in maniera puntuale e rigorosa (e su questo punto la sfortunatissima benda e foto non aiutano, dando un potenziale motivo agli States di richiedere estradizione, nonostante i trattati internazionali, e anche un potenziale motivo di invalidare la loro confessione, se confessione c’è stata). Tra l’altro, penso che la maggior parte degli americani si vergognino e si rammarichino di fronte ad eventi come questo – particolarmente coloro che hanno visitato l’Italia. È da notare che la madre dello stesso ragazzo accusato di aver ucciso il Carabiniere, che povera donna, è davvero in una situazione da incubo dati i fatti e la distanza, ha espresso – come speravo e pensavo che facesse – empatia e dolore per la vedova di Rega e fiducia nel sistema giudiziario italiano.
Detto questo, ogni nazione ha il diritto  –  e il dovere – di proteggere i propri cittadini all’estero, Italia inclusa, e di assicurarsi che siano trattati con le dovute garanzie giudiziarie, a prescindere da quanto o come queste garanzie siano rispettate nel loro paese (gli States hanno i loro propri problemi giudiziari, ben risaputi, ma questo è un altro argomento: il fatto che la polizia si comporti male in Texas non giustifica che i Carabinieri italiani trattino male un cittadino americano in Italia). E se qualcuno, ovunque sia, si scandalizza a vedere la foto del ragazzo bendato, ha ragione: è una foto inquietante, a prescindere dal fatto che soldati americani abbiano bendato e torturato prigionieri ad Abu Ghraib. Non c’è equivalenza morale. Il fatto che i soldati americani abbiano ucciso gente in Vietnam non ha niente a che fare con questo né stabilisce un qualche parametro di paragone o esempio. E soprattutto non annulla un grave errore, dal punto di vista giuridico, da parte dei Carabinieri coinvolti. (Va precisato che il ragazzo bendato nella foto non è quello accusato di avere fisicamente accoltellato il Carabiniere, anche se a questo punto le accuse contro i due sono le stesse.)
E a questo proposito, basta col tirare fuori casi che sono totalmente dissimili: Cermis, Amanda Knox (tra l’altro assolta, con gravi errori d’inchiesta da parte della polizia e giudiziari da parte dei tribunali) … ci manca anche l’Achille Lauro. Monte Cassino. Sono casi ognuno molto diversi, con un retroterra specifico. Eppure pare che facciano comodo per tirare fuori (di nuovo) e sventolare ogni vecchio pregiudizio accumulato contro l’”altro”, contro lo “straniero”, e ogni risentimento passato, come un matrimonio in cui il coniuge ti rinfaccia costantemente un errore di decenni prima e continua a rappresentarsi come vittima (in questo caso, Italia vittima degli States, una narrativa assurda e fasulla — e non mi voglio mettere a discutere qui i dettagli della Seconda Guerra Mondiale). Mi ricorda lo stesso dibattito di sapore xenofobo qui, negli States, riguardo ai messicani. E se questo povero Carabiniere fosse stato ucciso da un italiano? Sarebbe stato diverso? O da un russo? Si sarebbe detto allora, ah, Stalin uccise milioni di persone? E se fossero stati cinesi? Sarebbero stati meno villani perché connazionali del grande eroe Mao (assassino di milioni)? O se erano tedeschi, li avremmo pensati nazisti, o non-nazisti? Cosa se ne sarebbe detto? Per fortuna non sono neri — per fortuna loro. Non posso immaginare le sfaccettature: neri del Chad o neri d’America? E di che sfumatura di nero?
Riguardo a questo caso specificamente, mi pare che sia un delitto non premeditato – pare che i ragazzi non sapessero che fosse un Carabiniere … sono incensurati … erano fuori di testa (non che questo scusi qualcosa) … pare che abbiano confessato (confessione che purtroppo potrebbe essere invalidata dalla foto) … I dettagli sono poco chiari. Le domande ancora tante. Sono rammaricata che questi ragazzi siano venuti a Roma a comprare droga, e che tanti studenti americani in Italia si comportino da cafoni e idioti come fanno. È vergognoso. Da americana cresciuta in Italia—un paese le cui leggi faccio ogni sforzo per rispettare—mi fa provare vergogna. In più, provo sgomento di fronte al numero di coltellate inflitte in questo omicidio… Perché? Per un incontro casuale sembra un numero straordinario, più comune in delitti personali … Non si può certo dire che sia stato un “incidente”. E come hanno potuto portare quest’arma dagli States? Dove l’hanno presa? Perché l’hanno portata? La cosa è triste.
Per adesso, al contrario di ciò che sento riportato nei media italiani, in America non sento sbraiti in difesa di questi ragazzi né a favore della loro estradizione; la stampa (inclusa la televisione) per lo più sta trattando l’evento con cautela, riportando i fatti senza editorializzare, aspettando, credo, di vedere cosa rivela il tempo.

Nel ciclo notiziario, questo evento non è in cima alla classifica (per quanto invece lo sia in Italia, e più cresce in Italia e più crescerà qui). Il tono è piuttosto sobrio verso di loro— tra l’altro pare che l’assassino avesse un passato un po’ violento e avesse picchiato un compagno del liceo, ferendolo gravemente alla testa e quasi uccidendolo (riportato nel San Francisco Chronicle oggi). L’opinione pubblica americana ne ha piene le tasche di storie di gente bianca e ricca che fa quel che vuole impunemente — e dubito che la foto diluisca questo. Ma questo non vuol dire che, se si rivela che ai ragazzi non viene garantito un processo giusto (torniamo alla foto …), questo non cambi, almeno nella stampa. E come sappiamo, in America è componente culturale innata quella di riportare i propri cittadini a casa e proteggerli, nel bene e nel male (con alcune eccezioni).
A proposito, negli Stati Uniti i cosiddetti cop-killers — coloro che uccidono i poliziotti — sono trattati con particolare infamia, in quasi tutti i circoli, criminali e non. Il “servizio” della polizia e dei pompieri, come dei militari, è trattato con grande reverenza. Infatti, è possibile che, se fossero estradati (e questo potrebbe diventare un football politico, purtroppo, a causa della foto), questi ragazzi soffrirebbero una punizione più dura in America che in Italia. Sicuramente non gli stenderanno il red carpet. Con le attenuanti, non credo che affronterebbero la pena di morte, ma dipende. In California, con la giuria giusta… chissà. Ma spero che questo non succeda, e che vengano invece processati in Italia e imprigionati in un carcere italiano, come è giusto e probabile che sia. Vedremo.
In ogni caso, il mio punto centrale è che non è tutto bianco e nero. La cultura e la percezione degli eventi sono ben più complessi di ciò che sembra bollire in superficie in questa isterica reazione a catena di sentenze propagandistiche e generalizzazioni.

Basta con questo schierarsi, con queste stupide e inutili bandiere che dividono e oscurano le importanti sottigliezze della realtà e della verità, senza insegnare nulla. Questo è un evento triste e terribile e va gestito con equanimità e rigorosità giudiziaria da tutti, su tutte e due le sponde, a prescindere dalla nazionalità o dal colore di pelle. E spero con tutto il cuore che questo accada. È il compito di tutti che questo accada: perché su questo dipende il fatto che, sì, viviamo ancora in società democratiche (grazie, anche, agli Stati Uniti).

 Sybil Fix

Charleston, South Carolina, Usa, 31 luglio 2019

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