IL CARABINIERE UCCISO DAI DUE AMERICANI E QUELLA FOTO: LA RIFLESSIONE DI UN’AMERICANA IBRIDA
La vicenda del carabiniere ucciso a Roma e poi di uno dei due giovani americani arrestati per l’omicidio, fotografato bendato e ammanettato dietro la schiena, in una caserma durante l’interrogatorio, hanno giustamente indignato tutti. L’uccisione del carabiniere perché delitto efferato e apparentemente senza motivo plausibile, la foto fatta girare sui social, perché in Italia è vietato maltrattare i cittadini, chiunque siano, quando sono sotto la tutela o in custodia dello stato, anche in condizione di privazione della libertà. E tutta la storia ha tutta l’aria di essere una storiaccia con molti punti oscuri che non sono stati per nulla chiariti. C’è chi teme, inoltre, che i due giovani americani, che alloggiavano in un albergo di lusso ed erano in cerca di droga, e non di un ristorante, possano alla fine cavarsela come i militari che tranciarono con un aereo la funivia del Cermis e come Amanda Knox, perché appunto americani e ricchi e non magrebini o nordafricani, il che avrebbe fatto la gioia e la fortuna dei fasciorazzisti dilaganti, sempre in cerca di un nemico, di un capro espiatorio, possibilmente nero e arrivato col barcone…
La questione è seria. C’è un morto, ed era un servitore dello Stato. Che doveva essere armato e invece non lo era. E anche questo è un punto oscuro e ci sono due giovani cittadini di un altro Paese, un paese alleato, che hanno confessato l’omicidio… Ma erano in condizioni di alterazione per la droga. Poi ci sono figure ambigue e oscure mezzi pusher e intermediari e forse informatori dei carabinieri… e c’è un Paese che si interroga (nella migliore delle ipotesi) e si divide, c’è chi critica quella benda in caserma (che sarà poca cosa, ma non è prevista né consentita dalle leggi italiane) e chi invoca lavori forzati e pena di morte, anche queste cose non previste e non presenti nel nostro ordinamento giudiziario. Ma si interrogano e si dividono anche gli americani. Ecco, qui di seguito, una riflessione che ci ha inviato la nostra amica e collaboratrice Sybil Fix, da Charleston, South Carolina, Usa. Sybil Fix ha vissuto a Cetona per 20 anni (fino al 1990), Ha appena pubblicato l’edizione in italiano del suo libro “La ragazza di borgo” sulla sua esperienza cetonese, uscito, in inglese, un anno fa. Ma questa sua riflessione è una riflessione da americana. Non da cetonese. Per questo, secondo noi è ancor più interessante. Eccola:
La narrativa anti-americana in occasione dell’uccisione del Carabiniere Rega mi ha esaurita. Potremmo mai, in Italia, trattare un evento senza colorirlo con immediate e grossolane generalizzazioni che non hanno niente, assolutamente niente a che vedere con la realtà del giorno e dell’evento? Senza schierarci subito intorno a bandiere irrilevanti? Senza tirare fuori la Seconda Guerra Mondiale? Ho sentito dire delle boiate alla radio stamattina da capogiro – che “Trump viene a prendere i ragazzi in Air Force One!” Che “l’America, come sempre, se ne strafotte della giustizia in Italia, o della sicurezza”. Che “tanto questi ragazzi tornano in America e nessuno li punirà”. Andiamo dal vituperio dei carabinieri nel caso Cucchi alla creazione di miti. Pare che in Italia non sia mai stato ucciso un Carabiniere — dagli italiani stessi. Come si dimentica la storia. Non ho mai visto una tale sfilata di strumentalizzazione politica di ogni colore.
Questi ragazzi indagati pare abbiamo commesso un delitto orribile e insensato e dovrebbero essere puniti – che siano ricchi o poveri, americani o nigeriani o italiani. E dovrebbero essere puniti in Italia dove hanno commesso il reato, secondo le leggi italiane, del luogo. E credo che la maggior parte delle persone in America sia d’accordo su questo. Dovremmo tutti augurarci, come cittadini di nazioni democratiche, che giustizia sia resa in maniera puntuale e rigorosa (e su questo punto la sfortunatissima benda e foto non aiutano, dando un potenziale motivo agli States di richiedere estradizione, nonostante i trattati internazionali, e anche un potenziale motivo di invalidare la loro confessione, se confessione c’è stata). Tra l’altro, penso che la maggior parte degli americani si vergognino e si rammarichino di fronte ad eventi come questo – particolarmente coloro che hanno visitato l’Italia. È da notare che la madre dello stesso ragazzo accusato di aver ucciso il Carabiniere, che povera donna, è davvero in una situazione da incubo dati i fatti e la distanza, ha espresso – come speravo e pensavo che facesse – empatia e dolore per la vedova di Rega e fiducia nel sistema giudiziario italiano.
Detto questo, ogni nazione ha il diritto – e il dovere – di proteggere i propri cittadini all’estero, Italia inclusa, e di assicurarsi che siano trattati con le dovute garanzie giudiziarie, a prescindere da quanto o come queste garanzie siano rispettate nel loro paese (gli States hanno i loro propri problemi giudiziari, ben risaputi, ma questo è un altro argomento: il fatto che la polizia si comporti male in Texas non giustifica che i Carabinieri italiani trattino male un cittadino americano in Italia). E se qualcuno, ovunque sia, si scandalizza a vedere la foto del ragazzo bendato, ha ragione: è una foto inquietante, a prescindere dal fatto che soldati americani abbiano bendato e torturato prigionieri ad Abu Ghraib. Non c’è equivalenza morale. Il fatto che i soldati americani abbiano ucciso gente in Vietnam non ha niente a che fare con questo né stabilisce un qualche parametro di paragone o esempio. E soprattutto non annulla un grave errore, dal punto di vista giuridico, da parte dei Carabinieri coinvolti. (Va precisato che il ragazzo bendato nella foto non è quello accusato di avere fisicamente accoltellato il Carabiniere, anche se a questo punto le accuse contro i due sono le stesse.)
E a questo proposito, basta col tirare fuori casi che sono totalmente dissimili: Cermis, Amanda Knox (tra l’altro assolta, con gravi errori d’inchiesta da parte della polizia e giudiziari da parte dei tribunali) … ci manca anche l’Achille Lauro. Monte Cassino. Sono casi ognuno molto diversi, con un retroterra specifico. Eppure pare che facciano comodo per tirare fuori (di nuovo) e sventolare ogni vecchio pregiudizio accumulato contro l’”altro”, contro lo “straniero”, e ogni risentimento passato, come un matrimonio in cui il coniuge ti rinfaccia costantemente un errore di decenni prima e continua a rappresentarsi come vittima (in questo caso, Italia vittima degli States, una narrativa assurda e fasulla — e non mi voglio mettere a discutere qui i dettagli della Seconda Guerra Mondiale). Mi ricorda lo stesso dibattito di sapore xenofobo qui, negli States, riguardo ai messicani. E se questo povero Carabiniere fosse stato ucciso da un italiano? Sarebbe stato diverso? O da un russo? Si sarebbe detto allora, ah, Stalin uccise milioni di persone? E se fossero stati cinesi? Sarebbero stati meno villani perché connazionali del grande eroe Mao (assassino di milioni)? O se erano tedeschi, li avremmo pensati nazisti, o non-nazisti? Cosa se ne sarebbe detto? Per fortuna non sono neri — per fortuna loro. Non posso immaginare le sfaccettature: neri del Chad o neri d’America? E di che sfumatura di nero?
Riguardo a questo caso specificamente, mi pare che sia un delitto non premeditato – pare che i ragazzi non sapessero che fosse un Carabiniere … sono incensurati … erano fuori di testa (non che questo scusi qualcosa) … pare che abbiano confessato (confessione che purtroppo potrebbe essere invalidata dalla foto) … I dettagli sono poco chiari. Le domande ancora tante. Sono rammaricata che questi ragazzi siano venuti a Roma a comprare droga, e che tanti studenti americani in Italia si comportino da cafoni e idioti come fanno. È vergognoso. Da americana cresciuta in Italia—un paese le cui leggi faccio ogni sforzo per rispettare—mi fa provare vergogna. In più, provo sgomento di fronte al numero di coltellate inflitte in questo omicidio… Perché? Per un incontro casuale sembra un numero straordinario, più comune in delitti personali … Non si può certo dire che sia stato un “incidente”. E come hanno potuto portare quest’arma dagli States? Dove l’hanno presa? Perché l’hanno portata? La cosa è triste.
Per adesso, al contrario di ciò che sento riportato nei media italiani, in America non sento sbraiti in difesa di questi ragazzi né a favore della loro estradizione; la stampa (inclusa la televisione) per lo più sta trattando l’evento con cautela, riportando i fatti senza editorializzare, aspettando, credo, di vedere cosa rivela il tempo.
Nel ciclo notiziario, questo evento non è in cima alla classifica (per quanto invece lo sia in Italia, e più cresce in Italia e più crescerà qui). Il tono è piuttosto sobrio verso di loro— tra l’altro pare che l’assassino avesse un passato un po’ violento e avesse picchiato un compagno del liceo, ferendolo gravemente alla testa e quasi uccidendolo (riportato nel San Francisco Chronicle oggi). L’opinione pubblica americana ne ha piene le tasche di storie di gente bianca e ricca che fa quel che vuole impunemente — e dubito che la foto diluisca questo. Ma questo non vuol dire che, se si rivela che ai ragazzi non viene garantito un processo giusto (torniamo alla foto …), questo non cambi, almeno nella stampa. E come sappiamo, in America è componente culturale innata quella di riportare i propri cittadini a casa e proteggerli, nel bene e nel male (con alcune eccezioni).
A proposito, negli Stati Uniti i cosiddetti cop-killers — coloro che uccidono i poliziotti — sono trattati con particolare infamia, in quasi tutti i circoli, criminali e non. Il “servizio” della polizia e dei pompieri, come dei militari, è trattato con grande reverenza. Infatti, è possibile che, se fossero estradati (e questo potrebbe diventare un football politico, purtroppo, a causa della foto), questi ragazzi soffrirebbero una punizione più dura in America che in Italia. Sicuramente non gli stenderanno il red carpet. Con le attenuanti, non credo che affronterebbero la pena di morte, ma dipende. In California, con la giuria giusta… chissà. Ma spero che questo non succeda, e che vengano invece processati in Italia e imprigionati in un carcere italiano, come è giusto e probabile che sia. Vedremo.
In ogni caso, il mio punto centrale è che non è tutto bianco e nero. La cultura e la percezione degli eventi sono ben più complessi di ciò che sembra bollire in superficie in questa isterica reazione a catena di sentenze propagandistiche e generalizzazioni.
Basta con questo schierarsi, con queste stupide e inutili bandiere che dividono e oscurano le importanti sottigliezze della realtà e della verità, senza insegnare nulla. Questo è un evento triste e terribile e va gestito con equanimità e rigorosità giudiziaria da tutti, su tutte e due le sponde, a prescindere dalla nazionalità o dal colore di pelle. E spero con tutto il cuore che questo accada. È il compito di tutti che questo accada: perché su questo dipende il fatto che, sì, viviamo ancora in società democratiche (grazie, anche, agli Stati Uniti).
Sybil Fix
Charleston, South Carolina, Usa, 31 luglio 2019
La signora nel suo intervento lancia continuamente il sasso poi nasconde la mano, si finge “ecumenica” ma traspare il suo forte nazionalismo tipicamente USA. Al di là di sfumature che dovrà chiarire la giustizia i fatti sono lampanti, siamo di fronte ad un omicidio efferato per il quale il responsabile deve avere un giusto processo è una giusta condanna in Italia,il resto sono chiacchiere, chiacchiere magari anche interessanti per esempio su come si comporti il governo usa con i propri cittadini all’estero ma questo aprirebbe un dibattito diverso.
E’ interessante la riflessione di Sybil perché ci racconta come i media americani raccontano la vicenda e come si comporti di solito il governo Usa, e perché il suo è un punto di vista “ibrido” cioè quello di un’americana che ha vissuto in Italia e si sente mezza italiana. E si pone pure delle domande (legittime) sul tipo di omicidio (che non le pare casuale) e sull’arma del delitto portata in Italia dagli Usa (come è stato possibile?). Vivendo adesso in South Carolina, Sybil avrà percepito più certi accenti antiamericani nei commenti in Italia, che non cose diverse, come il cambio dei termini usati dai fascioleghisti e fasciorazzisti nelle prime ore e dopo la confessione dei due giovani Usa, con il cattivismo feroce anti-africani diventato quasi buonismo verso questi due giovanotti, che nessuno ha chiamato “bestie assassine”. Ma secondo me resta una riflessione utile.
L’aprioristica eliminazione dalla critica e dal dibattito che la Sig.ra non ritiene utile che ne faccia parte sul fatto della ricerca delle origini sulla protezione quasi assoluta dei cittadini americani quando compiono reati all’estero la dice lunga-secondo me- sulla formazione culturale ricevuta anche se come lei stessa dice cercando di mediare sui destini fra le varie giustizie,quella italiana e quella americana. Io invece partirei proprio per una analisi che possa essere tendenzialmente più completa da ciò che ha rappresentato e rappresentino gli Stati Unito d’America nel passato ed anche oggi nel mondo ed allora ad una analisi forse più tendenzialmente obiettive non cancellate per stanchezze interlocutorie, si osserverebbe forse che accanto ad i meriti dovuti agli stati Uniti d’America per aver liberato l’Italia dal nazifascismo si vedrebbe un po’ più con precisione che le finalità oltre ad essere inequivocabilmente quelle umanitarie e del benessere potrebbero essere in eugual misura quelle del dominio politico ed economico che ne è derivato, ben conscio nella mente di chi nei tre grandi si è spartito il mondo a Yalta.E tale dominio economico deriva senza ipocrisie dalla spartizione del mondo in due deciso appunto a Yalta, ma se noia e insopportabilità ad osservare tali relazioni crescono nel lettore, allora diremo subito scendendo nel campo dei soprusi umani e delle ”bendature” che ugualmente l’esercito americano si è reso reso responsabile di euguali delitti verso i cittadini degli stati con cui era in guerra o si considerava in guerra. C’è poco da farla lunga: anche in politica quella che acquista supremazia culturale consapevole di essere spinta verso l’acquisizione come verità e che tendenzialmente si rivolge all’opinione pubblica influenzandola sul modo di pensare si chiama in un solo modo, comune intendiamoci bene non solo agli USA ma anche a nazioni come la Russia e la Cina ed a tante altre come l’India (detta fra l’altro che in maniera più impropria non si può) ” la più grande democrazia del mondo” conosciuta comune appunto a tutte queste grandi nazioni dove vige un sistema economico che ha conquistato il mondo e che non tollera di essere messo in discussione e che si chiama come una casa produttrice di dischi musicali che esisteva una volta nominata ”la voce del padrone”. Dovrebbe bastare questo a far riflettere sulle nature delle democrazie guidate e che vengono considerati tali perchè ognuno dal di dentro può esprimere un proprio personale parere.Provino invece ad ipotizzare un tentativo di cambiamento da parte di una maggioranza organizzata per cambiare tale sistema e vedremo cosa succede alle
” democrazie guidate” se viene imposta la democrazia oppure un creare le condizioni per uno scivolamento verso un sistema autoritario.Non per essere nè scettico ma nemmeno per essere preso per i fondelli da discorsi inneggianti all’umanitarismo frutto del benessere e della democrazia diffusa, ma non mi si dica che la democrazia sia per tutti euguale sennò è un altra presa per i fondelli, per il semplice fatto che in tale sistema per chi ha e possiede può essere ed anche è democrazia, per chi non ha e non possiede la democrazia se la sogna.E come si chiama quella nazione che talvolta gli si rivolge l’epiteto come il ”gendarme del mondo” se non quella nazione che ha segnato nel suo divenire lo sviluppo per tanti ed il sottosviluppo per altrettanti ? Nessuno ha la bacchetta magica ma il sistema instaurato è quello della salvaguardia di interessi e dire che occorra evitare tali discorsi anche di fronte alle ”bendature” secondo me è una forma preterintenzionale di poter appianare le critiche di natura negativa su un certo sistema vigente e salvaguardato proprio da certi tipi di cultura a cui tutto viene piegato e sottomesso,benevolmente o con la forza. Oppure mi sbaglio e vado troppo lontano ? La signora pensa che la difesa del sistema del profitto privato e delle grandi corporations anche esistenti prima della seconda guerra mondiale e che hanno oggi conquistato il mondo sia stata fatta ed indota ed accettata per portare il benessere della maggioranza della gente gente ? Proprio la ” bendatura” che fa scaturire la ricerca di questi fatti e di tali etiche che ne stanno dietro richiede una analisi che non può prescindere dall’evoluzione storica delle potenze che hanno assoggettato il mondo e credo che per un giudizio più tendenzialmente vicino alla realtà non si possano certe cose saltare a piè pari.Proprio per amore della verità che in tal caso più che soggettiva dovrebbe essere oggettiva.