ARRIVA ANTHEA, L’APP-PACIFICATRICE DEI DIVORZI CONFLITTUALI

giovedì 18th, gennaio 2018 / 13:44
ARRIVA ANTHEA, L’APP-PACIFICATRICE DEI DIVORZI CONFLITTUALI
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Il tribunale di Modena dà il via libera all’adesione al progetto Anthea di una coppia in fase di divorzio

Un divorzio non è mai una passeggiata. È raro che ci si lasci con allegria, da buoni amici o genitori giudiziosi. Più spesso ci si lascia per esasperazione, quando l’ultimo filo di tolleranza si è spezzato. Rabbia e risentimento prendono il sopravvento e, nonostante i buoni intenti, etica e civiltà vanno a farsi friggere fagocitate da una conflittualità sovrastante.

Consapevole dei danni che una separazione può causare a cose e persone ma soprattutto personcine,  l’avvocato Gianni Casale del Foro di Modena, che si occupa del diritto di famiglia e della tutela dei minori da molti anni, ha realizzato il progetto Anthea, con un’ applicazione che potrebbe aiutare le coppie a gestire separazioni e post-separazioni  in modo più sano.

Come funziona: Anthea è un’applicazione per smartphone e tablet che include una piattaforma di comunicazione pensata per lo scambio di informazioni e accordi tra genitori per quanto riguarda la vita dei figli. L’applicazione permette anche di creare mini-eventi (ad esempio “accompagnare il bambino in piscina”) e verificare l’adesione o eventuali alternative.

Le coppie possono scegliere di includere nell’ applicazione gli assistenti sociali (ove necessario) e il giudice che si occupa della causa di divorzio. Il giudice, per motivi etici e legali, non può essere consultato nè può intervenire nella comunicazione ma, volendo, può visionare il materiale in tempo reale. L’assistente sociale, oltre ad avere accesso al materiale prodotto, se interpellato, può anche dare consigli utili ad una migliore gestione dei minori e concordare appuntamenti in sede istituzionale.

Tutta l’operazione è possibile grazie ad un accordo scritto con cui i genitori prendono atto delle modalità di uso dell’applicazione. Una delle ragion d’essere di Anthea, infatti, è che messaggistica e documentazione (certificati, moduli etc,) prodotte possono essere utilizzate in sede di giudizio.

Presentato inizialmente in Parlamento alla commissione bicamerale per l’infanzia, il progetto Anthea va oggi incontro alla sua prima sperimentazione. Con la sentenza n.2259/2017 il Tribunale di Modena ha accordato infatti il ricorso ad Anthea ad una coppia in fase di separazione che ha deciso di aderire al progetto.

È stato obiettato che il monitoraggio costante tipo grande fratello (di Orwell non di Mediaset) potrebbe accentuare lo stress della coppia già provata dalla separazione ma, in un’intervista radiofonica, l’avvocato Casale ha precisato che Anthea non è nata per essere imposta.  Deve essere una scelta libera, nella consapevolezza che si tratta appunto di una comunicazione “controllata” ,e quindi di una gestione del divorzio condivisa.

L’obiettivo principale di Anthea è dunque di placare gli istinti bellicosi ma fa parte di un progetto più ampio che vuole, tra le altre aspirazioni, snellire la burocrazia e alleggerire il lavoro cartaceo degli assistenti sociali (favorendo la maggiore disponibilità sul territorio) attraverso una produzione di materiale collettanea a cui gli stessi genitori collaborano.

L’uso di un’ applicazione come Anthea può sicuramente essere visto come una sorta di terzo occhio istituzionale che tutto sa, controlla, manipola e gestisce, tipo appunto grande fratello (sempre di Orwell). Ma questa sarebbe la critica più scontata.

In realtà il progetto sposta la riflessione su tutt’altri piani: quanto siamo disposti ad ammettere la nostra incapacità di controllare la parte peggiore di noi, e soprattutto:quanto siamo disposti a chiedere aiuto anche a costo di rendere pubblici i nostri limiti?

Elda Cannarsa

 

 

 

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