LA RIVOLTA DEGLI AGRICOLTORI: PROBLEMI VERI E RISCHI DI FARE CONFUSIONE. L’OPINIONE DEL LEADER DEI COLTIVATORI BIOLOGICI UMBRI

mercoledì 07th, febbraio 2024 / 16:59
LA RIVOLTA DEGLI AGRICOLTORI: PROBLEMI VERI E RISCHI DI FARE CONFUSIONE. L’OPINIONE DEL LEADER DEI COLTIVATORI BIOLOGICI UMBRI
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PERUGIA – Sulla protesta degli agricoltori, che dopo aver “marciato su Roma” stanno “invadenbdo” anche Sanremo dove è in corso il Festival, interviene Vincenzo Vizioli, presidente di Aiab, l’associazione  iotaiana Agricoltura biologica in Umbria. Cioè la branca del settore più “attenta e sensibile” alla politica ambientale e alla riduzione della chimica nelle coltivazioni e produzioni agricole.  Così scrive Vizioli:

Mentre anche migliaia di agricoltori biologici si uniscono alle proteste in tutta Europa, AIAB chiede prezzi equi e giusti sia per i consumatori che per gli agricoltori che adottano pratiche più ecologiche, ma avverte che le legittime preoccupazioni sui prezzi ingiusti e sulla concorrenza non devono essere usate per indebolire scelte già maturate in favore della salute umana e dell’ambiente.

Gli attacchi alla politica verde della UE sono fuori luogo, anche perché con il beneplacito delle associazioni di categoria e la complicità di parlamentari spesso incompetenti o al servizio delle Multinazionali, stiamo assistendo a una serie di atti più che preoccupanti. Lo sdoganamento dei nuovi OGM senza però che siano citati in etichetta (il 6 febbraio il voto finale al Parlamento EU), la demolizione del SUR, il Regolamento che puntava a ridurre del 50% i pesticidi entro il 2030 e l’allungamento per altri 10 anni del glifosato, nonostante l’istituto Ramazzini abbia dimostrato la sua cancerogenicità sui topi, i rilevamenti dell’ISPRA lo ritrovino come primo principio attivo presente nelle acque superficiali, nonché negli alimenti anche per bambini.  

“Gli agricoltori che si impegnano nella transizione ecologica non sono adeguatamente remunerati né dal mercato né dalla PAC” dice Jann Plagge, presidente di IFOAM e aggiunge giustamente che “Gli agricoltori biologici soffrono anche di prezzi bassi e di concorrenza sleale dovuta a standard meno ambiziosi, nonostante offrano molti benefici per l’ambiente e la società. Molti agricoltori biologici rischiano di abbandonare la certificazione biologica senza un migliore supporto da parte di rivenditori e politici.”

Le legittime preoccupazioni sui prezzi ingiusti e sulla concorrenza non dovrebbero essere erroneamente indirizzate contro la salute e la protezione della natura. Il Green Deal e la strategia Farm to Fork dell’UE sono politiche fondamentali e non possono essere accusate di causare difficoltà agli agricoltori, perché chiedono semplicemente le regole minime della sana agronomia. Inoltre la maggior parte delle proposte di legge che riguardano la sana agricoltura sono state bloccate, respinte o annacquate e finora non hanno avuto alcun impatto sugli agricoltori. 

Il contrasto ai cambiamenti climatici non è contro gli agricoltori, piuttosto altri attori della filiera agro alimentare devono condividere le responsabilità ambientali, invece di penalizzare gli agricoltori. La transizione verso sistemi alimentari sostenibili non può poggiare esclusivamente sulle spalle degli agricoltori biologici e dei consumatori disposti a pagare di più per metodi di produzione alimentare che preservino il clima e la biodiversità.

Il vero problema da affrontare è il modello capitalistico che affida il prezzo di beni primari alle speculazioni finanziarie dei mercati. Per esempio il prezzo del grano si fa sui “futures” della borsa di Chicago o Parigi, con un crollo del prezzo a cui mercato del biologico, si è immediatamente adeguato

I prezzi pagati agli agricoltori biologici sono diminuiti negli ultimi due anni e talvolta sono uguali ai prezzi pagati agli agricoltori convenzionali ma il volume di affari è cresciuto. La GDO che controlla il 60% del mercato bio, continua a vendere prodotti biologici a prezzi maggiorati, con conseguenti margini di profitto elevati, mentre agli agricoltori biologici non viene riconosciuto il valore del prodotto. Intanto i prezzi dei mezzi di produzione aumentano per l’inflazione e il caro energia. 

Anche le nostre associazioni di categoria si scagliano contro la PAC, mantenendo però un atteggiamento di quiescenza verso il Governo, che con la legge di bilancio ha abolito l’esenzione Irpef per il settore agricolo, ha cancellato l’esenzione contributiva per i primi due anni di insediamento ai giovani agricoltori, reso l’assicurazione contro gli eventi climatici obbligatoria e tolto i sussidi al gasolio agricolo.    

Non esiste dicotomia tra reddito e ambiente, gli agricoltori hanno bisogno del giusto prezzo costruito sui costi di produzione, mentre il premio della PAC deve essere il riconoscimento del beneficio sociale che offre chi si impegna in pratiche agricole come l’agricoltura biologica e biodinamica, non un compenso al mancato reddito.

Una posizione che prova a conciliare le rivendicazioni per una maggiore e più equa remunerazione del lavoro degli agricoltori con l’esigenza di una agricoltura più sana e più compatibile, tentando di evitare la contrapposizione tra reddito reddito e ambiente, puntando il dito sul nodo principale e cioè sul sistena del neoliberismo, la variante più spregiudicata e feroce del capitalismo che si fonda sulle speculazioni finanziarie più che sulla qualità del prodotto. Ci sembra un punto di vista non banale e un contributo importante al dibattito.

Nella foto (Gazzetta di Siena): trattori in marcia verso Roma in Val d’Orcia, sulla Cassia…

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