CHIUSI SCALO, QUESTA SERA MANIFESTAZIONE PER I 5 SI’ AI REFERENDUM. L’8 E 9 GIUGNO DIAMO UN SEGNALE FORTE E CHIARO!

CHIUSI – In Tv dei referendum dell’8 e 9 giugno si parla poco. Troppo poco, il minimo sindacale e forse anche meno. La destra (con qualche lieve differenza di toni) fa campagna elettorale per il “non voto”, cioè invita i propri elettori a disertare le urne per far saltare il quorum e quindi rendere inutile la consultazione. Come è noto per essere validi i referendum devono registrare una affluenza al voto pari al 50% + 1 degli aventi diritto. Altrimenti sarà un nulla di fatto.
Con mezzo schieramento politico schierato per l’astensione (che è arma decisamente più forte rispetto al NO sulla scheda) la vera battaglia sarà proprio quella per il raggiungimento del quorum. Ormai in Italia vota, quando va bene, il 60% degli elettori, se una parte di chi normalmente alle urne ci va, in occasione dei referendum andrà invece al mare o a fare una gita, ecco che la partita per i promotori dei quesiti referendari si fa dura. Quattro quesiti riguardano il lavoro e le tutele dei lavoratori e puntano ad abrogare alcune norme che le avevano rese “più elastiche” e diciamolo pure molto più labili, fin quasi a cancellarle (vedi il Jobs Act di Renzi), uno riguarda invece il “diritto di cittadinanza” per i cittadini stranieri, proponendo, con il Sì, di abbassare da 10 a 5 anni la soglia per poter diventare cittadini italiani. Sono questioni rilevanti, di giustizia sociale e di civiltà.
Si tratta in sostanza di ristabilire misure di maggiore tutela del lavoro e di uguaglianza, riattivando diritti sacrificati sull’altare del turboliberismo e della “flessibilità”, parolina magica utilizzata spesso per mascherare quella vera, e cioè “fregatura”. Fregatura per chi sta peggio, per chi sta sotto e non in cima alla piramide, per chi fa fatica ad arrivare a fine mese anche se lavora… E per chi viene da altri paesi, ma contribuisce a far andare avanti “questo Paese”, con il proprio lavoro, con le trasse che paga.
In Italia i referendum hanno segnato passaggi epocali: da quello tra Monarchia e Repubblica del ’46, a quello sul Divorzio del ’74, o quello sulla Legge 194 sull’Aborto del 1981… Poi quello sul nucleare e altri il cui esito è stato succesivamente “aggirato” con escamotage legislativi “fregatura” (perché di questo si tratta). E anche stavolta, nonostante non ci sia più, nemmeno lontanamente il clima rovente e la forte partecipazione degli anni ’70-80, l‘appuntamento è di quelli che possono spostare gli equilibri.
Ed è grave che alcuni esponenti di primo piano delle istituzioni (vedi il presidente del Senato) o del Governo invitino la gente a NON VOTARE, cioè a non esercitare un diritto-dovere civico. Che lo facciano esponenti di partito è discutibile, ma ci può stare; che lo faccia la seconda carica dello Stato ci sta molto meno. Anzi non ci sta proprio.
Si sta entrando nell’ultima settimana di campagna elettorale referendaria. E il fronte ampio del SI’ è mobiliato. Questa sera, per esempio, a Chiusi Scalo si terrà una iniziativa pubblica, in Piazza Garibaldi, ore 21,00. Proprio a dimostrazione dell’ampiezza del “campo” referendario il parterre degli oratori sarà nutrito e composito: il sindaco Sonnini farà gli onori di casa, mentre l’introduzione sarà affidata ad Andrea Biagianti della Cgil Siena. Interverranno a seguire Lorenzo Magnoni, consigliere comunale del gruppo Possiamo-Sinistra per Chiusi; Niccolò Trabalzini, vice presidente provinciale Arci; Hans Nardi del M5S; Agnese Carletti Presidente dela Provincia di Siena; Irene Bettollini, presidente Anpi Montepulciano; Nico Bartalini della segreteria provinciale Pd. Conclusioni di Maria Grazia Gabrielli, della segreteria nazionale Cgil.
In sostanza il “campo largo” del centro sinistra (esclusi i centristi di Italia Viva e Calenda, che sono per il NO, avendo a suo tempo propugnato il Jobs Act e le altre amenità sottoposte a referendum. Vedremo però se almeno andranno a votare oppure anche loro sceglieranno l’astensione per far fallire il quorum).
Certo, anche Cgil e Pd non sono senza peccato su queste materie. Il Pd era guidato da Renzi e appoggiò e propugnò senza troppi tentennamenti le riforme liberiste; mentre la Cgil, pur con qualche mal di pancia, non fece neanche un’ora di sciopero contro, e questo in molti lo hanno ricordato nelle iniziative di questi giorni. Adesso il Pd ufficialmente è per 5 Sì, quindi per abrogare le norme delle riforme renziane, ma mezzo partito, a cominciare dall’ex presidente dell’Emilia Romagna e competitor della Schlein alle primarie, Bonaccini, è per il NO. Il Pd, anche se registra qualche segnale di ripresa come le vittorie alle comunali di Genova e Ravenna, non riesce proprio a trovare una linea unitaria su niente: neanche sul genocidio a Gaza, visto che ci sono esponenti Pd che si definiscono “Sinistra per Israele”… E i referendum su lavoro e cittadinanza non fanno eccezione. Saranno comunque uno spartiacque. Il 9 sera sapremo se c’è in Italia uno schieramento sufficientemente forte che vuole riportare il lavoro, i diritti, l’equità, lo stato sociale al centro del dibattito politico, oppure no.
E la manifestazione nazionale del 7 giugno a Roma su Gaza alla quale aderiranno anche molti di quelli che sono rimasti titubanti e balbettanti per mesi di fronte al massacro dei palestinesi da parte dell’esercito di Netanyahu, sarà un’altro spartiacqe: la situazione è talmente grave e drammatica che non è più tollerabile neanche da chi accusava chiunque osasse criticare il governo di Israele di essere antisemita e filo Hamas. C’è un popolo che non vuole stare in silenzio, che non tollera il silenzio e l’indifferenza.
I referendum saranno uno spartiacque anche per misurare quanto la coscienza civile e democratica degli italiani sia ancora viva o sia invece assuefatta al pensiero unico meloniano, che tra l’altro invita a disertare le urne, il che vuol dire tentare di inficiare i referendum specifici, ma anche minare e sminuire la portata stessa di uno strumento democratico, uno dei pochi in mano ai cittadini per decidere se una legge va bene oppure no…
Quindi a nostro avviso l’8 e il 9 giugno a votare è importante andarci. Come giornale – lo abbiamo già scritto in altri articoli – siamo per 5 sì. Ma è importante andarci anche per votare no se uno non è convinto…
A proposito: ieri, il ministro e vice premier Salvini, quando il presidente dell’Abruzzo, parlando di vino, gli ha detto che il Montepulciano d’Abruzzo è più famoso e più venduto del Nobile di Montepulciano, in Toscana, ha risposto “Meglio, i toscani hanno rotto le palle”. Un ministro così non serve davvero a nessuno. Un ministro così fa solo danni (vedasi il recente taglio del 70% alle risorse per le strade provinciali, a vantaggio del Ponte sullo Stretto) e prima lo mandiamo a casa e meglio è. I referendum confermano o abrogano delle leggi, non mandano a casa i ministri, non fanno cadere i governi, ma un segnale lo possono dare. Quindi diamoglielo questo segnale e diamolo forte e chiaro, in modo che nessuno possa dire “non ho sentito”…
m.l.
Dunque, nel merito dei quesiti referendari : in tempi come gli attuali, in cui il dramma di tutte le aziende è la carenza di manodopera, stare a discutere di “flessibilità” e tutele dei lavoratori è sostanzialmente aria fritta. Qurl che sfugge a sinistra e sindacati (salvo che ai tempi di Renzi…) è che NESSUNO si diverte a licenziare i lavoratori o ricorrere agli ammortizzatori sociali, se lo fa è perché COSTRETTO. Altrimenti si cade nella stucchevole retorica del “Padroni vs operai”, titolo tra l’ altro di un articolo che comparve su questo giornale negli anni 90 a firma di un tal sig. Arcese, una roba delirante da TSO. Se io azienda ho lavoro, sono il primo ad avere a cuore la sicurezza e il benessere dei miei collaboratori perché grazie a loro raggiungo i miei obiettivi, non siamo più nell’ Inghilterra dell’ inizio rivoluzione industriale. Quindi di che parliamo?
Sull’ atteggiamento dei partiti di maggioranza, e non solo, è inutile e puerile gridare allo scandalo : si limitano a sfruttare le regole del gioco, secondo le quali una partita non giocata equivale ad una partita vinta. Ho anche scritto di recente che questa regola del quorum non mi piace perché di fatto avvantaggia irrimediabilmente i sostenitori del no, ma finché vige c’è poco da fare, allora semmai ci si adoperi per cambiarla.
Sulle contraddizioni del PD citate nell’articolo non ci sono parole. Vedo a Chiusi solerti militanti PD impegnarsi nella campagna referendaria e sono gli stessi in persona che qualche anno fa erano in prima fila a sostenere le riforme nel mondo del lavoro che ora vogliono abolire messe in atto dall’allora loro segretario e presidente del consiglio Renzi. Ci vuole veramente un bel coraggio e una faccia come…
Riguardo ai commenti sulla sicurezza nel mondo del lavoro a cui le aziende tengono tanto invito il Signor Giangiacomo a consultare le statistiche. Una media di tre morti sul lavoro al giorno.
Al Sig. Scaramelli prima di tutto ricordo che la statistica non è una scienza esatta, e in questa fattispecie nulla dice riguardo al nesso causale tra inadempienze dell’ azienda e incidente sul lavoro. Tant’è che molte volte è proprio il lavoratore ad essere riluttante nei confronti delle misure di sicurezza (“ma devo mettermelo per forza quel coso lì?”). Secondo, valutiamo la cognizione di causa con cui si parla : io guido da 25 anni una società operante in un settore ad alto rischio infortuni con zero sinistri gravi, lei cosa fa? Magari avrà passato 40 anni a girarsi i pollici dietro una scrivania qualche ente pubblico, patronato et similia, giusto per buttarla la’…della serie, citando i Maneskin, la gente purtroppo parla, e non sa di che c…. parla.
Mi scuso per il tono, diciamo così, un pò troppo acceso, ma trovo altrettanto sbagliato gettare fango indiscriminato sulle categorie motore dell’ economia sulla base di un labile sillogismo “morti sul lavoro = sfruttamento e disinteresse delle aziende nei confronti della sicurezza “.
X Giangiacomo Rossi. Lei dice che trova errato il caso di quando si tratti di ”gettare fango indiscriminato sulle categorie motore dell’economia”. In una società di questo tipo dove per ragioni storiche- e la farei troppo lunga e lei lo sà bene perchè ci siamo confrontati per mesi sulle colonne di questo giornale- sui massimi sistemi ed ognuno sicuramente è rimasto della propria opinione, ma il sottoscritto non dispera che a forza di dati e di risultati si possa anche cambiare idea sui fondamentali. Detto questo sia i miei chè i suoi discorsi convergono su un fatto ineludibile che è quello delle ragioni del profitto. Ecco, fondamentalmente non voglio demonizzare tale concetto perchè lei stesso mi insegna che senza profitto non vi sia investimento e senza investimento non esiste la catena del moltiplicatore, concetto questo fondamentale di una economia che la si voglia definire keynesiana o post-keynesiana poichè il mondo con questa fino ai giorni nostri ha funzionato e dovuto fare i conti.Non lo dico io questo che sono il signor nessuno ma pensatori i cui nomi hanno travalicato la storia.Ci ricongiungiamo ad affrontare quindi il concetto della remunerazione dei fattori della produzione, idea attuale anche se molti amano definire tale procedimento frutto di idee sorpassate.Credo che non si possano eludere i tre fattori:Natura, Lavoro, Capitale. Il ripagamento di tali fattori è diventato nell’economia moderna un percorso obbligatorio dal quale non si possa prescindere e quindi la limitatezza delle risorse ed il loro impiego, la necessità di un profitto ed il suo impiego diventano due fattori obbligatori e che necessitano nell’organizzazione del lavoro di essere retribuiti.Il solo fattore sul quale si possa pigiare il tallone per raggiungere e modificare la tendenza al profitto diventa ”il lavoro” nella più variegata forma che si possa applicare. Dietro al lavoro ci sono le persone ma talvolta le ragioni dell’esistenza di un profitto che per propria essenza debba procedere in maniera crescente a causa delle condizioni del mercato fà sì che al fine del profitto il lavoro e tutti gli aspetti della sicurezza vengano sacrificati e ridimensionati come ”costo” a tale finalità. Ed allora le sua dizione di ”motore dell’economia” per molti aspetti-non tutti-credo che vada ridimensionata poichè se per tante cause è ”motore” per altre è motore che funziona male quando non soddisfa le necessità umane che inevitabilmente scaturiscono dalla condizione delle persone ed anzi le comprime come succede la maggior parte delle volte e tale maggior parte delle volte non la si deve al lavoratore ma al sistema predetto che necessita per espandersi di comprimere inevitabilmente le necessità umane.Quindi il pensiero- me lo lasci definire ”aziendalista” che lei esprime è un concetto che si è evoluto e sviluppato nei vari momenti storici che hanno visto picchi di produttività e quindi di profitto e picchi di depressione economica che sono intimamente concatenati a tale meccanismo.Alla difesa di tale concetto che poi semprepiù oggi viene smentito dalla realtà dei fatti per una serie di questioni anche legate senz’altro come lei dice alla volontà dei lavoratori : ” ma perchè mi debba mettere questo per ragioni di sicurezza”, tutto questo dipende dal grado di svilupo di una società e la società italiana su tale fronte è talmente deficitaria soprattutto nelle piccole e medie aziende dove si determinano i casi di morte di chi lavora. Quando lei richiama chiamandolo debole sillogismo: morti sul lavoro=disinteresse delle aziende nei confronti della sicurezza” le faccio notare che si ragiona sia per statistiche sia per concettualità delle finalità dei fattori stessi della produzione per i quali il risultato- e lei lo sà bene perchè è un imprenditore- involve costi e non potrebbe essere diverso da così’ e quindi si và a modificare il profitto. E credo che lei ammetterà che in un mondo come l’attuale, sottoposto alla concorrenza più sfrenata,diventi essenziale l’espandere al massimo i profitti perchè diversamente non si sopravvive, e come non sopravvivono i datori di lavoro ancora peggior sorte tocca alle maestranze. Quindi da qui il fatto e la necessità di poter cambiare tali parametri indipendentemente da quello che lei dice e che di certo corrisponde a verità, che nel suo settore sia difficilissimo trovare mano d’opera disposta a tale tipo di lavoro. Credo che la necessità odierna sia quella di non minimizzare e guardare da un punto di vista onnicomprensivo che i rapporti interni a tali tre fattori della produzione siano squilibrati soprattutto in favore del capitale chè spesso nelle aziende più grandi ma anche in quelle medie e piccole si riconverte oggi come oggi in impiego finanziario delle risorse, risultando produttivo solo per l’imprenditoria e scardinante per gli equilibri del lavoro. Il capitale per sua natura necessita di autoriprodursi e sconfiggere in tale lotta tutti quei paletti che una economia che si indirizzi verso il benessere pubblico e la democrazia cerca di frapporre. Fin’ora le sorti di tale conflitto a livello globale hanno portato alla sopravvivenza ed al dettar legge da parte del capitale sugli altri fattori ma il segno che ne deriva e che vediamo intorno a noi è quello della recessione dopo aver anche raggiunto picchi alti di impiego e produttività,ma se guardiamo alla storia economica delle nazioni è un ciclo altalenante ma tendenzialmente discendente per quelle famose due ragioni di cui io e lei discutevamo da qualche anno e che si chiamano: limitatezza comunque di risorse e caduta tendenziale del saggio di profitto e fin’ora mi sembra che nessuna teoria economica le abbia smentite, anzi quelle delle teorie keynesiane e post keynesiane abbano confermato tali teorie. Un esempio banale rapportato alle nostre politiche interne dell’italia che mi viene adesso da dire: La sedicente sinistra da quando ormai da decenni ha innalzato i nomi di Prodi ma non solo lui ma anche di tanti altri giuslavoristi ad indice delle procedure economiche ci hanno fatto osservare che l’italia ha svenduto progressivamente ed anche in poco lasso di tempo di tre decenni il proprio capitale industriale ed umano. Iri, Eni, Ilva, Alfa Romeo,Alitalia e si potrebbe continuare. Personalmente non sono mai stato un estremista politico come molti che conosco e che mi hanno letto forse possano pensare, ma alla fine il giudizio politico che ne emerge da tutto questo è la giustezza di quel discorso di Moni Ovadia(spero che lo abbia letto), perchè credo che se vogliamo tutti sopravvivere ci sia da rivedere in profondità i rapporti di cui parlavo prima fra i tre fattori della produzione, poichè da lì deriva tutto ed anche le conseguenze. Se ci rendiamo conto di tutto questo forse ancor oggi quialcosa possiamo fare, altrimenti c’è solo l’abisso verso quale spingono le conseguenze create da tale rapporto d produzione, e l’abisso oggi può essere purtroppo quel famoso fungo che non si chiama fungo porcino….ma è il risultato del sistema che abbiamo fin qui prodotto, ma in tale produzione di responsabilità esiste una scala e dentro tale scala le responsabilità non sono tutte uguali. La saluto e come al solito chiedo venia per la lunghezza.
Signor Giangiacomo io sono un libero professionista che da trent’anni gestisce la propria attività, creata dal nulla e non trovata lì grazie ai genitori. Faccia il bravo prima di offendere le persone, glielo consiglio così in modo spassionato perché con me casca male. Sui morti sul lavoro lo vada a dire ai familiari di chi non torna a casa la sera che la statistica non è una scienza esatta.