LA VALNESTORE INDUSTRIALE NON E’ MORTA DEL TUTTO. SEGNALI DI RIPRESA

martedì 27th, febbraio 2024 / 16:52
LA VALNESTORE INDUSTRIALE NON E’ MORTA DEL TUTTO. SEGNALI DI RIPRESA
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PANICALE –  C’era una volta la valnestore come distretto industriale o quantomeno come una delle aree più industrializzate dell’Umbria. E parliamo di Industria, non di artigianato. Di aziende con centinaia di addetti. E di quella che era considerata “aristocrazia operaia” cioè manodopera ad alta qualificazione e anche ben retribuita. Aziende come Cisa, Trafomec, Coifer, Ciucci, Punto Verde, oltre la Vetreria e la centrale Enel di Pietrafitta. Aziende importanti che non solo occupavano tante persone – uomini e donne – ma che mobilitavano anche grandi quantità di merci e di denaro. Un boom economico come quello verificatosi nel nord Italia, che in Valnestore si è è protratto dalla metà degli anni ’60 alla crisi del 2008. Boom economico che è stato anche abitativo con l’esplosione dell’edilizia privata e la nascita di negozi e servizi per le aziende e le famiglie. Studi di commercialisti, geometri, avvocati, agenzie di viaggi, banche che ovviamente seguono i flussi e aprono laddove il denaro corre, non certo dove non c’è. C’era anche una scuola professionale a Tavernelle che formava periti meccanici dalla quale sono usciti operai e tecnici qualificati che poi, in parte, si sono evoluti in imprenditori. Anche quella scuola non esiste più.
Oggi quindi di tutto ciò che era il tessuto produttivo della vallata rimane ben poco: Punto Verde, che è ridimensionato, ma resiste, la Vetreria che rimane una delle aziende leader del settore a livello nazionale e nel territoroi la più consistente.Che peraltro ha rilevato alcuni dei capannoni dismessi (vedi ex Trafomec)… Poi c’è qualche segnale di ripresa in alcuni settori, con imprese nate dalle ceneri dei colossi precedenti, che cercano di trovare nuove strade. Tra queste la Pfc Power, la Trafocoop di derivazione ex Trafomec e la CMT che ha rilevato lo stabilimento ex Cisa e ha festeggiato nei giorni scorsi i suoi primi 40 ani di attività… Ma siamo ancora lontani dai numeri di 20-30 anni fa…
Si può ipotizzare la rinascita di un distretto industriale in Valnestore? Di sicuro non sarà possibile se la vallata rimarrà il cul de sac che è adesso dal punto di vista delle infrastrutture viarie. Quelle ferroviarie purtroppo sono stater smantellate addirittura proma che il boom cominciasse, a metà anni ’60. Ora rimane il nodo Pievaiola, ristrutturata in buona parte tra Perugia e Tavernelle, ma senza sbocco verso il nodo di Chiusi, se non tramite la strada Provinciale del Fornello (tra Piegaro e Moiano) che è una mulattiera. Raddrizzare i tornati o trovare una qualche forma di bypass in quei 10 km consentirebbe di collegare Perufia e la Valnestore in modo veloce e sicurto a Chiusi, dove c’è la stazione ferroviaria, un casello autostradale e la connessione per l’altro casello autostradale di Fabro. E potrebbe sorgervi anche il Centro Intermodale Merci che fu avviato a costruzione con finanziamento del  Patto Territoriale, ma è rimasto incompiuto.
Qualche giorno Mario Draghi così si è espresso sulla globalizazione:  “Contrariamente alle aspettative iniziali, la globalizzazione non solo non è riuscita a diffondere i valori liberali – democrazia e libertà non viaggiano necessariamente insieme a beni e servizi – ma li ha anche indeboliti all’interno dei paesi che ne erano stati i principali sostenitori, finendo anzi per alimentare la crescita di forze che guardavano maggiormente alla dimensione interna. Presso l’opinione pubblica occidentale si è diffusa la percezione che i cittadini fossero coinvolti in una partita falsata, in cui milioni di posti di lavoro venivano spostati altrove mentre i governi e le aziende restavano indifferenti. […] Le persone chiedevano una distribuzione più equa dei benefici della globalizzazione e una maggiore attenzione alla sicurezza economica. E, per ottenere questi risultati, si aspettavano un uso più attivo della “pratica di governo” – assertività nelle politiche commerciali, protezionismo o redistribuzione che fosse”.
Ecco, la Valnestore industriale del passato è stata anche un tentativo non solo di sviluppo, ma anche di democrazia economica, basata sul radicamento nei territori, che oggi purtroppo è spazzata via dal vento liberista. A questo punto due le cose che servono: 1) che le aziende nate sulle e dalle ceneri delle aziende precdedenti abbiano successo e sviluppo; 2) che la politica riprenda il proprio ruolo, creando le condizioni  che ciò possa avvenire, con politiche territoriali e di valorizzazione della produzioine uscendo dalla logica delle sole speculazioni finanziarie. Questo sarà uno dei temi della prossima campagna elettorale. Ci vorrebbe insomma una politica capace di pensiero critico verso il capitalismo e il liberismo. Cosa che al momento non si intravede. Per fortuna, come dicevamo, si intravede qualche segnale nel mondo dell’impresa locale sia di nuova che di più antica costituzione. Se son rose…
r.c.
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