ALTA VELOCITA’, L’ISTAT CERTIFICA L’ISOLAMENTO DELL’UMBRIA. IL COLLEGAMENTO PERUGIA-CHIUSI SOLUZIONE PIU’ RAZIONALE
“Per la regione dell’Umbria, in particolare per alcune sue città, le basilari linee di trasporto sono raggiungibili certo, ma piuttosto fuori mano”. E’ questo il quadro a tinte fosche che fornisce l’ISTAT attraverso una sua relazione sui temi dell’accessibilità per gli umbri, di arrivare in pochi minuti alle connessioni nazionali dell’Alta Velocità ferroviaria, così come per raggiungere i caselli autostradali. Questo dell’isolamento storico di alcune città, in particolare la città capoluogo di regione, con il resto del Paese è un tema vecchio di oltre un secolo. Insomma l’Istat ha solo detto in modo chiaro quello che tutti sapevano: Perugia e una buona parte del suo territorio, si trovano a seguito della realizzazione delle linee di trasporto nazionali separati. L’Umbria è al centro della penisola, è “il cuore verde d’Italia”, ma, a meno meno che non si costruisca una terza linea Nord – Sud, che transiti per il centro dell’Umbria, è tagliata fuori dalle direttrici veloci. E’ molto improbabile che la terza linea venga costruita. Non è in agenda.
“La forza delle connessioni”, recita un noto slogan pubblicitario. Ecco, appunto le connessioni, sta qui il centro del problema, amplificato dal fare dei governi regionali e nazionali, che si ostinano a trovare la soluzione prendendo in considerazione solo lo stato attuale, mentre invece serve innovazione. «Il tema dell’accessibilità alle infrastrutture – sottolinea l’Istat-, intesa come possibilità di cittadini e imprese di accedere ai relativi servizi, ha assunto nel tempo una crescente rilevanza», anche perché «la maggiore o minore facilità di accesso incide sulla qualità della vita per i cittadini e sulla competitività e produttività delle imprese». Non solo questo. Dietro alle infrastrutture e alla loro realizzazione ruota tutto il tema di uno sviluppo omogeneo dei territori, senza squilibri come è avvenuto in Umbria e in tutto il Paese, che non crei i presupposti per la marginalizzazione di intere aree e il sovraffollamento di altre. Bene, l’Umbria ad oggi non ha stazioni connesse direttamente all’alta velocità, tranne quella di Orvieto. Ma oltre ad Orvieto può servirsi anche delle stazioni di Orte, Chiusi e Arezzo, tutte e quattro perfettamente operative e funzionanti, con connessione AV. Sono stazioni che per la loro dislocazione geografica, offrono un servizio a una vasta fascia dei territori toscano-umbri, sostituirle con una unica stazione in linea in mezzo ai campi, è davvero surreale. Dentro a questo quadro c’è la criticità rappresentata appunto dalla città di Perugia, che per la sua posizione geografica in merito alle linee ferroviarie, deve fare due lunghissimi tragitti ferrati per raggiungere le direzioni Sud Nord dell’Alta Velocità. Qui sta il nocciolo del problema.
In Umbria quasi il 30 per cento dei Comuni può accedere a una stazione entro 15 minuti, quasi il doppio della media nazionale, e il 58 per cento può farlo entro mezz’ora contro una media nazionale del 38,7 per cento. E se si guarda alle quote di popolazione umbra servite, il 61,2 per cento degli umbri può accedere a una stazione entro 15 minuti (in Italia si parla del 39 per cento) e il 31 per cento fra i 15 e i 30 minuti, pochi punti in meno rispetto alla media (36 per cento); solo il 7,4 % della popolazione invece impiega fra i 30 e i 45 minuti. L’Istat ha poi radunato i comuni in grappoli omogenei, da cui è scaturito un dato, un vero primato negativo (44 %) di comuni nella classe «accessibile ma distante», tanto che la situazione viene definita «particolarmente critica». Perugia appunto è la punta più emergente di questa problematicità. Il dibattito finalmente si è aperto. Un confronto che però – va sottolineato – appare fortemente condizionato da interessi campanilistici ed economico-fanziari, che da oltre un secolo impediscono di trovare la soluzione razionale e giusta, come la Perugia -Chiusi. Sì, perché il capoluogo regionale, lo si toglie dall’isolamento, non tanto facendo partire il Frecciarossa dalla stazione di Fontivegge, ma al contrario, lo si risolve facendo percorrere meno chilometri possibili per connettere Perugia all’Alta Velocità. E questo obbiettivo, cartina geografica alla mano, lo si raggiungere solamente se Perugia si connette coprendo la distanza di appena 35 chilometri a Chiusi. Così come affermavano gli On.li Maschiella del PCI di Bastia Umbra e Micheli, DC di Terni. Un tema antico questo, che negli anni cinquanta e sessanta aveva trovato una prima risposta con la linea Perugia -Tavernelle, che doveva proseguire per la città etrusca. Ma le miopie campanilistiche, fecero si che quella prima tratta ferroviaria venisse dismessa dopo poco più di 10 anni e additittura smantellata. Le attuali vie ferrate, che portano i passeggeri di Perugia a Nord e a Sud, sono due autentici immensi giri dell’orto (125 chilometri per Orte; 85 chilometri per Terontola-Arezzo), due percorsi ferrati che per i territori che percorrono, nonostante le tante ristrutturazioni che sono state e saranno ancora realizzate, non potranno scrollarsi di dosso la nomina di “mulattiere ferrate”. E non sarà certo la realizzazione di una stazione in linea realizzata in mezzo alla campagna con i parcheggi a pagamento, a risolvere il problema, perché il nocciolo dei chilometri da percorrere per raggiungerla resta tutto.
Sì, solo la città di Porsenna rappresenta il più veloce approdo all’Alta Velocità, per Perugia. C’è poi tutto il capitolo autostrade, in particolare della A1. Anche su questo Perugia e la Val Nestore, hanno pagato un prezzo altissimo negli anni cinquanta. Su questo particolare frangente infrastrutturale, le risultanze degli studi dell’Istat sono piuttosto preoccupanti. Il dato che salta agli occhi è che solo il 5% degli umbri ha la possibilità di immettersi in autostrada entro 15 minuti (il dato peggiore in Italia), per il 28 per cento servono fra i 15 e i 30 minuti (quasi in linea con il resto del paese); per un terzo dei residenti invece servono fra i 30 e i 45 minuti contro una media dell’8 per cento: peggio, in Italia, c’è solo la Basilicata (41,4 per cento). Insomma, se quasi 9 italiani su 10 possono arrivare a un casello al massimo in 30 minuti, nella regione “cuore verde” questa opportunità è offerta solo a un terzo della popolazione. Stando così i fatti, solo il 16 % dei Comuni umbri è nella categoria «accessibili e prossimi» a un casello, mentre ben il 78 % è in quella «inaccessibili e distanti»; dietro all’Umbria solo Basilicata e Molise. Una Regione quindi che insieme a Trentino e Friuli viene inserita nei «territori di transizione, dove l’autostrada sembra essere funzionale alle connessioni di lungo raggio con regioni diverse, piuttosto che facilitare l’accessibilità all’interno della stessa». Superare queste occlusioni non sarà facile, ma anche su questo segmento infrastrutturale occorre pensare a progetti nuovi, inutile cercare di correggere l’esistente. E un progetto nuovo per far arrivare Perugia subito in autostrada, si potrebbe individuarlo su due soluzioni. La prima vedrebbe ancora una volta protagonista Chiusi. Basterebbe infatti terminare i lavori di ristrutturazione della Pievaiola con sfondamento verso Chiusi, appunto, attraverso la ristrutturazione dell’attuale strada Provinciale del Fornello (la Sp 309) di appena 12 chilometri, per ritrovarsi a ridosso non solo della Stazione feroviaria, ma anche del casello autostradale di Chiusi. Sarebbero sempre 35 i chilometri per raggiungerlo da percorrere da Perugia. Non solo: da Chiusi (anzi da Po’ Bandino frazione di Città della Pieve a ridosso di Chiusi Scalo) c’è già la possibilità di raggiungere rapidamente anche il Casello di Fabro (20 km circa) attraverso la SP di Fondovalle già oggi molto utilizzata anche per il trasporto merci.
Un po’ meglio della media la regione si comporta per quanto riguarda gli aeroporti, o meglio l’unico aeroporto. Quasi un umbro su due infatti può raggiungere il San Francesco al massimo in 30 minuti, mentre in Italia la media è del 36%. Ovviamente nonostante la crescita delle rotte e dei passeggeri, vale lo stesso discorso fatto per le ferrovie, dato che avere a disposizione uno scalo da milioni di passeggeri e centinaia di rotte offre molte occasioni in più rispetto alle possibilità garantite dal San Francesco. Ma anche qui c’è da tenere presenti le normative europee che entreranno in vigore tra pochi anni. Si andrà infatti verso un blocco dei voli aerei se c’è il treno. Sì in Europa la Commissione Ue ha dato già il via libera alla Francia di vietare i collegamenti aerei sulle tratte brevi. Sotto alle tre ore di volo, dovranno i voli essere sostituiti dal treno. Il motivo è facile da comprendere, il treno non inquina e “ti porta da Centro a Centro”, come sottolineava l’On. Ludovico Maschiella. L’aereo inquina e ti scarica quando va bene a 30 chilometri dalla città. Costruire una stazione del treno AV in mezzo al nulla, a 60 km da Perugia, a 50 da Arezzo, a 60 da Siena (come sarebbe quella di Creti-Farneta ipotizzata dal Tavolo tecnico interregionale preso il Ministero dei Trasporti) sarebbe la negazione delle stesse direttive europee. Direttive che invece verrebbero non solo rispettate, ma valorizzate utilizzando come hub per l’Alta Velocità le stazioni esistenti come Chiusi e Arezzo. Che senso ha portare la stazione dei treni in un NON LUOGO dove non esistono altre conessioni ferroviarie e si arriva solo in auto?
Insomma il dibattito che sta venendo avanti all’interno del Parlamento europeo e della Commissione, delle prime decisioni già prese su quello che dovrà essere il trasporto in Europa, rappresenterà un vero cambio epocale. Nulla sarà più come prima, un po’ come avvenne con l’avvento del digitale, un prima e un dopo chiaramente distinguibili. L’approdo finale dovrebbe vedere nel vecchio continente una netta prevalenza del treno in tutte le sue varianti, sul trasporto aereo. Renato Casaioli