LA RELAZIONE DEL PROCURATORE CANTONE: UMBRIA E PERUGIA SNODO DI SPACCIO E RICICLAGGIO E TERRA DI CONQUISTA PER LE COSCHE
PERUGIA – I siti di informazione dell’Umbria riportano con un certo risalto i passaggi della relazione inviata dal Procuratore di Perugia Raffaele Cantone in vista dell’Inaugurazione dell’anno giudiziario. Soprattutto quei passaggi che fanno riferimento alle infiltrazioni della malavita organizzata nella regione. La più centrale e una delle più piccole della penisola.
L’Umbria – scrive Cantone – è territorio di «interesse di cosche criminali operanti per attività di riciclaggio e reinvestimento». «Le indagini effettuate e quelle in corso dimostrano la presenza in provincia di Perugia e nel Ternano di soggetti collegati soprattutto alle ‘ndrine calabresi o a gruppi camorristici campani che gestiscono attività in alcuni settori economici (edilizia, turismo e commercio) sia presumibilmente utilizzando denaro e risorse di provenienza illecite, sia anche utilizzando, laddove necessario, la capacità di ‘intermediazione’, fondata sulla forza di intimidazione dei gruppi mafiosi di riferimento».
Uno dei settori di “intervento” delle cosche è quello – sempre secondo la relazione Cantone – della compravendita di prodotti petroliferi “la cui gestione è affidata a prestanome da soggetti legati alle consorterie criminali, campane o calabres”. Ma sono risultate presenze di operatori campani legati alla criminalità organizzata (il Clan dei Casalesi in particolare) nel settore del riciclòo dei rifiti, in particolare quelli metallici.
Articolato il capitolo droga: «Le indagini dell’ultimo periodo hanno anche confermato come il monopolio della vendita degli stupefacenti, fenomeno purtroppo molto esteso nell’intera Regione e che vede fra i fruitori degli stessi non solo giovani, ma spesso anche persone di età avanzata, professionalmente e socialmente appartenenti alle classi abbienti, sia nelle mani di gruppi criminali stranieri. La stragrande maggioranza dei soggetti imputati di spaccio sono, infatti, stranieri e collegati essi stessi a reti criminali quasi sempre dirette da soggetti di medesima provenienza geografica, che appaiono, grazie anche ad indagini più approfondite, molto strutturati sul piano organizzativo ed aventi quali modelli di riferimento le cosche tradizionali mafiose nazionali. Queste organizzazioni risultano anche in stretti legami con gruppi transnazionali operanti in stati stranieri (il dato è risultato pienamente confermato dall’esame dei contatti avvenuti attraverso piattaforme criptate) e riescono anche a ripartirsi sia le zone del territorio umbro in cui operare sia la tipologia di stupefacente da smerciare». Insomma l’Umbria da questo punto di vista è tutt’altro che una regione bucolica e felice. Anzi, sembra essere addirittura uno snodo dello spaccio e del riciclaggio dei proventi da traffico di stupefacenti. Con complicità insospettabili. In questo caso non straniere.
Sempore nella relazione Cantine si legge infatti che «le complicità e le connivenze di cittadini italiani sono del resto venute alla luce anche sotto un altro e inatteso profilo: in un caso di recente accertato, sono stati proprio italiani incensurati ed insospettabili a rendersi disponibili a fare da prestanome di spacciatori albanesi in attività commerciali come bar e ristoranti, acquistate attraverso il reimpiego delle somme provenienti dallo smercio di cocaina. In Umbria ed in particolare a Perugia – scrive Cantone – sembra, inoltre, essere stato impiantato un vero e proprio hub per lo smistamento di ingenti partite di eroina, acquistate da soggetti nigeriani, in qualche caso già noti per precedenti indagini, direttamente dai canali di rifornimento internazionali che si trovano in Olanda. Le indagini, in parte ancora in corso – conclude il Procuratore di Perugia – hanno restituito la prova di importazioni di grossissimi quantitativi (molti chili) di eroina purissima, trasportati con vari stratagemmi in Perugia e poi distribuiti da qui all’intero mercato umbro e non solo. La novità, per certi versi assoluta, è il collegamento di questo gruppo straniero con esponenti di primo piano della camorra campana, che hanno anche garantito l’individuazione di fidati corrieri per il ritiro dello stupefacente».
Il quadro delineato da Raffaele Cantone dunque è tutt’altro che idilliaco. Ma è ovvio che non si tratti solo di una questione di polizia e di magistratura. Il traffico di stupefacenti, il riciclaggio del denaro sporco, le infiltrazioni malavitose anche in settori commerciali e industriali e addirittura in alcuni servizi pubblici (i rifiuti) pongono anche problemi di ordine politico e amministrativo. Perugia, come molti altri comuni andrà al voto nella prossima primavera, così come si voterà per il rinnovo del presidente e del consiglio regionale. Questo tema delle delle attività illecite e mafiose non può non essere uno dei principali nell’agenda della campagna elettorale. E’ altrettanto ovvio che il quadro delineato da Cantone non è solo la conseguenza delle maglie larghe nell’accoglienza, dell’arrivo di centinaia di profughi e migranti economici. Ci sta che qualche spacciatore sia arrivato in Italia con qualche barcone, o dalla rotta balcanica. Ma i più – par di capire dalla stessa relazione del Procuratore – viaggiano in Mercedes e vestono elegante.
M.L.
Quando si parla di lotta alla droga, a mio avviso si affronta il problema dalla prospettiva sbagliata, o nella migliore delle ipotesi, incompleta. Come ogni mercato, anche quello è costituito da domanda e offerta. Ebbene, ci si limita a perseguire (peraltro con risultati modesti) l’ offerta, ma nulla si fa per reprimere la domanda. Ovvero, si arresta lo spacciatore, ma nulla accade al tossico, il quale è completamente libero di proseguire il suo vizio stupido. Proviamo a immaginare cosa accadrebbe se fosse introdotto l’ obbligo di una specie di “no drug pass”, basato sull’ effettuazione di test a tappeto, senza il quale non è possibile accedere a lavoro, studio,e prestazioni sanitarie. La pandemia, tra lockdown e vaccini, ci ha insegnato che lo stato, se vuole costringerti a rigare dritto, è in grado di farlo. Quindi il discorso è semplice, il problema droga non si risolve perché non lo si vuol risolvere. Basta vedere che fine hanno fatto i vari tentativi di impedire l’ assunzione di sostanze ai parlamentari, tutti “stranamente” arenati: per non parlare di quel servizio delle Iene, stoppato dal garante della privacy. Un parallelismo può essere fatto con i tentativi di arginare la prostituzione con ordinanze locali che perseguivano i clienti intenti al meretricio in strada : saranno state discutibili, ma intanto le esercenti dalle strade erano sparite. E così andrebbe fatto per la droga, ovvero reprimere anche e soprattutto la domanda. Dopodiché lo spacciatore in Mercedes non ci viaggia più.