CASTIGLIONE DEL LAGO, L’INVASIONE DEI FRICCHETTONI. UNA MOSTRA SU UMBRIA JAZZ 1978

CASTIGLIONE DEL LAGO – Chi aveva 20-30 anni nel ’77 o giù di lì quei giorni se li ricorderà sicuramente. Impossibile non ricordarseli, perché da queste parti non si era mai visto niente di simile. Per due estati, quelle del 1976 e 1978, a Città della Pieve e a Castiglione del Lago sbarcò Umbria Jazz. Il primo grande festival jazz in Italia. E non è che il jazz all’epoca riampisse gli stadi, come i concerti rock. Era, come è sempre stato, una musica di nicchia. Ma Umbria Jazz lo sdoganò come fenomeno di massa, come pretesto per raduni stile Woodstock anche in luoghi periferici, lontani dalle periferie metropolitane e anche dal parco Lambro o da Castelporziano, dove andavano in scena i festival dei poeti fricchettoni. Dal 28 ottobre al 3 dicembre a Castiglione del Lago a Palazzo della Corgna una mostra fotografica racconterà, per immagini, proprio il concerto di Umbria Jazz del ’78 nel paese lacustre. Un concerto che tra il 19 e il 21 luglio, segnò una vera e propria “invasione” di più di 8.000 giovani.
E la mostra proposta dal fotoclub “Al garage di Elio” di Perugia, più che il concerto in sé racconta proprio l’attesa e il “contesto”. Quell’invasione. Titolo: “Lagonudo”, forse perché a centinaia in quei giorni caldissimi, facevano il bagno nudi, non solo nel lago, ma anche nelle fontane e sotto le docce provvisorie fatte impiantare per l’occasione dal Comune nelle spiagge…
C’era già stata Bologna ’77. Era l’epoca degli indiani metropolitani. La droga circolava a fiumi. A Città della Pieve proprio nelle sere di Umbria Jazz ci scappò anche il morto per overdose… Il movimento del ’77 era anche un movimento di contestazione generale, più radicale di quello del ’68, meno “ideologico” e filosofico, più genericamente “alternativo” al sistema. Per due -tre edizioni di Umbria Jazz, allora in formula itinerante, con concertio in varie piazze dell’Umbria, confluirono in paesi del tutto impreparati migliaia di giovani.
E quei paesi come Città della Pieve e Castiglione del Lago (ma anche Chiusi, Ponticelli, Terontola, dove in moltissimi sbarcavano dal treno) furono messi a dura prova. Vagoni ferroviari messi a soqquadro, negozi, rosticcerie ebar e presi d’assalto e “saccheggiati”. Li chiamavano (chiamavamo) “espropri proletari”. Significava entrare, prendere ciò che serviva e andarsene senza pagare. In qualche caso anche rovesciando qualche bancone se qualcno protestava.
Nel ’77, l’anno di Bologna e dei carriarmati per le strade, Umbria Jazz si fermò. Proprio per quegli episodi di illegalità. Dopo l’edizione del ’78 si fermò di nuovo, per tre anni, riprendendo poi nel 1982, ma con una formula diversa, più “professionale”, meno “alternativa”. Erano già cominciati gli anni ’80, con il “riflusso”, la “Milano da bere”, l’edonismo reaganiano. Il movimento del ’77 fagocitato dalla disperazione della droga da un lato e dalla deriva della lotta armata diffusa, predicata dall’Autonomia Operaia dall’altro. Gli indiami metropolitano respinti e ricacciati nelle loro riserve sempre più tristi, marginali. E anche il punk da noi ci mise un po’ per affermarsi. Il jazz tornò ad essere quello era sempre stato, una musica bellissima, ma d’elite. Di nicchia. No, non per ricchi, ma non per tutti.
Le protagoniste della mostra “Lagonudo” sono le foto di Giuseppe Guaitini, uno dei fondatori del Foto Club Perugia che realizzò il reportage del concerto, ospitato in un’area verde sul Lungolago castiglionese a poche centinaia di metri dal Centro Storico. Il titolo però oltre al richiamo alle immagini di giovani nudi di cui abbiamo parlato, allude alla “messa a nudo dell’incontro-scontro tra due mondi e modelli culturali estranei tra loro, in un ambiente che se da una parte, per dimensioni e carenze strutturali, lo acuisce, dall’altra lo stempera, lo addolcisce, proprio grazie all’abbraccio protettivo delle “dolci” acque del Trasimeno”.
La mostra sarà aperta tutti i giorni dalle 10 alle 17: biglietto intero 9 euro; ridotto “A” 7 euro (per gruppi e giovani da 18 a 25 anni); ridotto “B” 4 euro (giovani da 6-17 anni); ingresso gratuito fino a 5 anni di età e per tutti i residenti nel Comune di Castiglione del Lago.
Da appassionato di fotografia di quel periodo, ritengo che lo storico tema dei freak sia un ”must” che conduce gli ”image hunters” a non disertare mostre che evidenziano l’accoppiamento e l’aria che tirava dentro questi celebrati raduni, dove veniva messo in essere ogni comportamento legato all’antisistema, meglio ancora se accompagnato dalla musica jazz o rock.Personalmente quando potevo prendevo parte a tali raduni non tanto per la musica ma per scattare immagini e spesso non era nemmeno tanto facile e fra Firenze, Londra,Istanbul ed altri luoghi, di immagini di quella che fu chiamato ”il proseguo della beat generation” ne ho collezionate moltissime.Ricordo che Enzo Ragazzini valente fotografo, espose qualche anno or sono nei locali della concessionartia Ford a Po’ Bandino una bellissima serie di foto in bianco e nero su uno dei primi festival di musica Rock all’Isola di Wight dove folle di decine di migliaia di persone presero parte in continuazione per qualche giorno all’evento.Erano tempi nei quali la contestazione al sistema prendeva spunto anche e soprattutto dalla musica ma l’aria che tirava era quella che si leggeva nei visi dei giovani, nell’abbigliamento, nella partecipazione agli eventi di una umanità giovanile spesso alla ricerca di se stessa,che vagava anche talvolta senza meta e senza limiti nei luoghi che ospitavano i concerti, dove avveniva di tutto. In quel tempo vivevo a Napoli ed a Firenze per ragioni di lavoro ma a me piaceva molto ricercare fotograficamente i volti, i luoghi, i comportamenti e gli atteggiamenti di questa umanità giovanile ed anche cosmopolita, dove all’interno di se stessa aleggiava quasi una poesia, una forza vibrante ed anche dolce che intendeva cambiare il mondo. Alla fine però si è visto e constatato che con tali strumenti è stato il mondo a far cambiare tali giovani, appunto come dice il Post quando parla delle vicissitudini che dovettero sopportare quei giovani ed i loro movimenti.Fotograficamente parlando,quegli anni furono molto produttivi di immagini e dei relativi significati. Ho una discreta collezione di foto su quelle tematiche ,con le quali anche a Chiusi qualche anno fà ho organizzato una mostra alla Saletta del Teatro Mascagni dal titolo ”Il Pudding Shop” che riguardava le immagini degli Hyppies che si riunivano ad Istanbul e che affrontavano il percorso verso l’India, per poi perdersi nelle sue polverose strade. Molti di loro non sarebbero più tornati nei loro paesi d’orgine e si persero nel sub continente alla ricerca di un mondo che esisteva solo nella loro mente.Molti finirono per vendere il sangue agli ospedali per poter rimanere nei luoghi dove abbondavano droghe delle quali erano estremi conoscitori e consumatori.Durante i miei viaggi in Asia ne ho incontrati molti facenti parte di questa ”umanità”, spesso anche assai diversi dalle folle di coloro che partecipavano ai concerti rock del tipo di quello di Umbria Jazz a Castiglione del Lago ma ormai già negli anni ’80 erano purtroppo semprepiù spesso dei relitti umani, malati ed abbandonati in paesi che non li respingeva ma che li ignorava,ai quali paesi loro avevano creduto al messaggio di costruire al loro interno il loro mondo fantastico.Nell’esecuzione fotografica risiedeva anche la facoltà di doversi mettere alla prova poichè non tutta di questa umanità amava farsi riprendere dalla fotocamera e spesso la reazione era inconsulta ed anche violenta e poteva diventare pericolosa se non si chiedeva il permesso di fotografare ma lo stesso permesso avrebbe snaturato la spontaneità dei visi e degli sguardi, delle condizioni nelle quali i soggetti si trovavano, e questo non solo all’estero ma anche in italia.spesso ho anche rischiato di farmi accoppare ed una volta in un famosissimo raduno di musica Pop a Londra tenutosi ad Hyde Park il 12 Settembre 1970 ricordo che per la frenesia di fotografare scampai per puro miracolo al pestaggio da parte di un gruppo di Hells Angels che mi avevano minacciato se avessi scattato.Scattai e scappai, mi inseguirono ma mi nascosi fra la folla e per fortuna ni tolsi il giubbotto che indossavo e non mi riconobbero, ma mi cercarono e mi avrebbero minimo minimo spaccato la fotocamera che avevo acquistato a rate. v Una di quelle immagini degli Hells Angels ritratti di spalle a loro insaputa fu la prima foto che riuscii a vendere alla Roy Rogers Italiana che commercializzava i jeans a Campi Bisenzio e mi fu pagata nel 1973 la somma di centomila lire e mi sembrò all’epoca di toccare il cielo con un dito quando al Salone del Jeans di Parigi ne fu fatto un poster di 8 metri per 8 metri a scopo pubblicitario. Da questo avvenimento in poi sono stato sempre attratto da quel tema fotografico ed ho continuato ogni volta che si verificavano tali eventi ad essere presente e scattare. Ecco perchè quelle immagini scattate da Guaitini le visiterò e le osserverò con assoluto interesse e piacere cercando di essere presente nel giorno dell’inaugurazione.
Sono andato all’inaugurazione e molto succintamente dirò l’impressione che ho ricevuto. Dei quattro interventi ne ho apprezzati principalmente due : quello fatto dalla sociologa D.ssa Isabella Corvino e dall’autore delle foto Guaitini.Quest’ultimo ha lasciato trasparire la sua passionalità di poter rappresentare quel lavoro ma se pur in maniera breve si è limitato a parlare dell’ excursus della sua vita e di quell’esperienza davanti alla quale si è trovato ad operare. Un esperienza di certo inaspettata e probabilmente è stata quella che ho di più apprezzato dato che ha parlato delle pulsioni che lo hanno spinto a fotografare. Infatti tutto il suo ”reportage” vale secondo me come lavoro essenzialmente documentaristico e non tanto di interpretazione artistica su ciò che andava riprendendo poichè si è limitato a riprendere la folla, anzi le folle dei giovani presenti nelle rive del lago ed in più poichè le opere non hanno subito nella stampa sui supporti così almeno sembra alcuna correzione, sono tutte risultate secondo il mio punto di vista tecnicamente carenti un po’ del fuoco ed è per questo che ho detto che valgono dal punto di vista documentaristico, poichè raffigurano l’evento e le persone di quella che era la realtà di quasi mezzo secolo or sono, mentre allo stesso tempo occorre capire che trattasi di immagini scattate su film che nel tempo un certo degrado sicuramente l’ha dovuto sopportare così come quello della stampa su grande formato e quindi lacarenza di fuoco.Le immagini quindi sono risultate sgranate ma rendono ugualmente molto bene su quanto stava passando davanti agli occhi del fotografo.Dell’ intervento della vicesindaco ho potuto purtroppo ascoltare solo un 25% del discorso sia per il sovrapporsi della continuità delle parole dovuta probabilmente ad una forma cadenziata del suo parlare con inflessioni quasi semi-dialettali autoctone nella continuità del suo parlare ed anche per il non ottimo funzionamento dell’audio. L’intervento del Sig. Festuccia è stato più creativo ed ha cercato di trasportare le visioni della realtà dei momenti di cui fu spettatore e lo ha fatto anche in maniera coinvolgente descrivendo le emozioni punto per punto di quella ”saga”,anche se forse dando a certe sue espressioni un taglio e significato che ho recepito come un po’ sarcastico e quasi beffardo per certe argomentazioni- che forse si sarebbe potuto risparmiare- quando ha parlato dell’approntamento del sistema ricettivo fatto dal PCI dell’epoca che si ”lasciò un piccolissimo margine economico” che secondo lui sarebbe servito al perorare ” la lotta di classe”.Io non sò perchè oggi vengano usate tali tagli di parole visto che dalla platea si sono levati da parte di qualcuno dei risolini quasi di scherno,ma questo è un altro discorso che non c’entra nulla con la mostra ma che è anche forse un dato politico indicativo dei tempi che viviamo della realtà umbra, non solo oggi e che investe il pubblico che di fronte a certe cose reagisce in maniera quasi di derisione di ciò che venga detto. In definitiva della mostra ho apprezzato la volontà documentaristica ed ”i reperti fotografici” che credo siano abbastanza unici al giorno d’oggi di quella che fù l’atmosfera che vigeva in quegli anni.Quasi sempre anche la fotografia ci parla di avvenimenti e ci aiuta a comprendere il mondo nel quale siamo immersi e con tutti i passaggi sapientemente illustrati da chi ha introdotto la presentazione (Sig. Petrucci ?) il pubblico dei visitatori ha potuto riflettere sull’incontro-scontro fra due mondi che all’epoca si confrontavano e dell’anelito di libertà spesso poco compreso dalle fasce generazionali più anziane. Bravo Guaitini !