IL TEATRO COME STRADA PER DIRE DELLE COSE E FARSI ASCOLTARE…

giovedì 24th, agosto 2023 / 14:59
IL TEATRO COME STRADA PER DIRE DELLE COSE E FARSI ASCOLTARE…
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CHIUSI – Sono passati 5 giorni dalla… “notte prima dell’assedio“, molte persone mi fermano per strada. Mi chiedono dello spettacolo, commentano, riportano commenti che hanno sentito in giro… Per lo più (diciamo sopra al 95%) sono positivi, alcuni addirittura entusiasti, quindi la cosa fa senza dubbio piacere. Qualcuno ha notato che lo spettacolo ha avuto successo, ma allo stesso tempo gli articoli di primapagina si sono un po’ diradati…  E questo è vero. Ma è agosto, i ritmi sono un po’ più lenti per tutti, poi lo spettacolo ha assorbito ore di lavoro, energie fisiche e mentali e d’altra parte non abbiamo neanche più 20 anni e le fatiche alla lunga si sentono. Detto questo, in redazione si è già ricominciato a riprendere il ritmo giusto. Amici e conoscenti mi chiedono se, visto che il teatro in qualche modo funziona, io non abbia intenzione di cambiare mestiere e mettermi a fare quello, lasciando un po’ in secondo piano l’informazione. Non so se sia una rassicurazione o meno, ma non ho questa intenzione. Dico inoltre che a fare il teatro si fa fatica, ma ci si diverte. E a 67 anni non è poco. Qualcuno poi, tra quelli che hanno lavorato alla “notte prima dell’assedio” ha faticato più di me… io non sono salito sul palco, non ho dovuto imparare a memoria il copione (anche se lo so a memoria lo stesso) e i movimenti, non ho dovuto scrivere la colonna sonora e suonarla dal vivo.

Dico poi un’altra cosa: che in tempi grami per la politica, e anche per l’informazione, forse affidarsi a incursioni culturali non è una strada sbagliata. Forse è l’unica che può funzionare. Perché oltre a divertirsi, a scatenare un po’ di creatività, con il teatro, con un certo tipo di teatro, anche fatto in casa a livello del tutto artigianale (ma non approssimativo o “oratoriale”, con tutto il rispetto per gli oratori, che non ci sono più, come non ci sono più le sezioni di partito) si possono dire delle cose che altrimenti e con altre modalità è difficile dire. Perché mancano le occasioni, le sedi, gli interlocutori.

Personalmente mi piace fare questo tipo di teatro…  Un teatro di narrazione, che prendendo spunto da un periodo, una vicenda, una storia, parla di quel periodo, di quella storia, ma anche dell’oggi. Con Bianco Rosso e Nero (2012-2013) per esempio prendemmo di petto gli anni di piombo e l’impatto che ebbero in una zona apparentemente periferica e sonnacchiosa e che invece sotto quell’aspetto non si fece mancare assolutamente niente; con “4 amici al bar” (2015) sui cantautori Tenco, Endrigo, Jannacci e Gaber parlammo dell’Italia del boom economico, dell’inurbamento, della migrazione dal sud alle città del nord e del triangolo industriale, dell’autunno caldo, dei tentativi di colpo di stato, della fine dei partiti; con “On the road. Again” (2019), ci spostammo in America, stavolta sulle note di Woody Guthrie, Bob Dylan e Bruce Springsteen, per parlare di un tema che allora era caldissimo, quello delle grandi migrazioni mondiali, prendendo spunto dal “muro” costruito al confine tra Usa e Messico  per fermare le carovane dei migrantes che dal centro America cercavano di varcare la frontiera a El Paso e San Diego…  per parlare dell’America democratica e progressista che via via stava diventando trumpiana e sempre più egoista, ma anche del fatto che le frontiere sono tutte uguali di qua e di là dell’Oceano.

Sabato scorso con “Tradire! La notte prima dell’assedio” abbiamo voluto parlare di storia, della storia di Chiusi e di questo territorio di confine… lo abbiamo fatto partendo da un episodio rilevante accaduto nel ‘500 e che fu una quasi “guerra mondiale” combattuta nelle nostre terre tra le grandi potenze d’Europa… E abbiamo scelto quel fatto per parlare anche delle guerre di oggi, quella in Ucraina, ma non solo quella. Per parlare di logiche e comportamenti che in 500 anni non sono cambiati. Per portare in evidenza e a galla le analogie tra le carneficine del ‘500 e quelle del 2023…

Se ci siamo riusciti non lo so. Non sta a me dirlo. Però ci abbiamo provato. E secondo me valeva la pena provarci. Vale la pena provarci sempre, se si ritiene di avere qualcosa da dire o da raccontare. Se si avverte il bisogno, anche intimo, personale, di dirle certe cose…  L’ho detto, in premessa, anche lì al Chiostro San Francesco, sabato scorso: quello che abbiamo messo in scena non è una lezione di storia moderna. Non ha questa pretesa. Lo spettacolo non è stato e non sarà, nelle repliche, un comizio politico, per sostenere certe posizioni, anche in relazione alle guerre di oggi. E’ una riflessione a voce alta. Un grido di dolore. Una esortazione a “farla finita con la guerra”, questo sì. Ma soprattutto è un contributo, minimo, alla conoscenza della storia di questi territori spesso attraversati dalla Storia con la S maiuscola. Quella vera, quella dei grandi avvenimenti, dei grandi personaggi che si studiano a scuola… Mi ha fatto piacere sentire dei docenti chiedere di portarlo nelle scuole “perché aiuta a capire la storia contestualizzandola nel territorio”. Non so se sarà possibile. Ma l’idea è stimolante. Con Bianco Rosso e Nero lo facemmo.

Bianco Rosso e Nero fu una piece corale, con 15 “attori” (Gianni Poliziani, Francesco Storelli e Tommaso Provvedi i principali), 4 amici al bar vide sul palco ancora Storelli e Poliziani; On the road. Again fu interpretato da Alessandro Manzini, Martina Belvisi, Massimo Giulio Benicchi e Luca Morelli con i Dudes per la colonna sonora. Tradire! La notte prima dell’assedio è invece un one man show, con Alessandro Lanzani in veste di mattatore e ancora i Dudes a tenergli bordone, ma stavolta con brani propri e non cover… La musica è stata una costante: ho avuto il piacere di lavorare con l’Orchestra Aurora, i giovani Kandischi, gli storici Kamars, gli Old Lp del compianto Bruno Crociani, con Marco Canestrelli e Ornella Tiberi, Marco Pasquariello e Luca Camerota. Insieme abbiamo spaziato dallo swing anni ’50 al cantautorato italiano, dal folk rock americano all’indie rock. In qualche caso abbiamo formato band inedite per l’occasione assemblando pezzi di formazioni diverse, andando ad esplorare territori diversi da quello dei repertori di ognuno… Un divertimento in più. Per tutti.

Tutte produzioni curate da primapagina. E ce ne s0no anche altre precedenti (Bisogna saper perdere, Una irresistibile passione per le rosse, La palla è rotonda, Seduto in cima a un paracarro, Settembre ’43-giugno ’44: un racconto a più voci…). In tutto una decina. Tutti testi made in primapagina

Il teatro che si confronta con i classici o con testi altrui lo lascio volentieri a chi è più bravo e più avvezzo a farlo. Ce ne sono tanti anche nella zona, anche tra coloro che hanno, negli anni, collaborato con me. Parlo di Gianni Poliziani, Francesco Storelli, Alessandro Manzini, Martina Belvisi… Io mi diverto a portare in scena le mie cose. Come contributo ad una causa che era di tutti. Può essere di tutti. Con l’intento di far riflettere, di aprire spazi, di creare contaminazioni, non concorrenza o competizione. Con l’intento di rimettere in pista energie, professionalità, competenze che sono un patrimonio inestimabile che rischia però di rimanere sommerso: penso a tecnici come Fabrizio Nenci, come Daniele Cesaretti. Con l’intento di valorizzare talenti come i Dudes e metterli in vetrina…

Per quanto ci riguarda, come primapagina,  il binomio informazione-teatro/musica è un fatto assodato, un “continuum” che dura dal 1998 ed è andato avanti ininterrottamente. E continuerà, se il padreterno ci darà salute.

A primapagina abbiamo ancora voglia di raccontare storie e di divertirci a farlo. Portare queste storie su un palcoscenico è una delle modalità possibili.  Aggredire le magagne dell’oggi con la cultura, anche partendo dal basso, dall’artigianato puro, forse è l’unica strada percorribile e l’unica che consente di avere una platea disposta ad ascoltare. Se poi arrivano anche gli applausi tanto meglio. In ogni caso è dal tempo dei greci che il teatro è un modo per parlare anche di politica e della società. Noi non abbiamo inventato niente.

Marco Lorenzoni

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