LA PERUGIA-CHIUSI E QUEI DUE PEPPONE E DON CAMILLO DELLA VALNESTORE CHE LA VOLEVANO A TUTTI I COSTI

LA PERUGIA-CHIUSI E QUEI DUE PEPPONE E DON CAMILLO DELLA VALNESTORE CHE LA VOLEVANO A TUTTI I COSTI
0 Flares 0 Flares ×

Peppone e Don Camillo, il sindacone baffuto e comunista e il prete, che si davano battaglia (e si spalleggiavano) nell’Emilia del dopoguerra, dove la guerra era finita da poco e la guerra fredda divideva le piazze: da una parte la parrocchia, dall’altra la sezione del Pci…

Due personaggi nati dalla fantasia di Giovannino Guareschi, diventati protagonisti di tanti film con Gino Cervi (Peppone) e Fernandel (Don Camillo)… Film comici, ma fino ad un certo punto. Guareschi che era uomo di destra strizzava l’occhio al prete, ma anche il sindacone Peppone non ci usciva male… Qualcuno più tardi nella saga di Peppone e Don Camillo ci vide anche il “prequel” del compromesso storico cui lavorarono Moro e Berlinguer vent’anni dopo…

Quel clima evocato da Guareschi era diffuso un po’ in tutto il Paese e anche la Val Nestore in quegli anni ebbe i suoi “Peppone e Don Camillo”. Non due personaggi immaginari, di carta o di celluloide, frutto della penna di uno scrittore, bensì due personaggi veri, in carne ed ossa:  rispondevano ai nomi di Alfio Caponi e Don Guglielmo Palazzetti.

Caponi, giovane comunista di Mongiovino, antico borgo vicino Tavernelle, famoso per un importante santuario, era un operaio alle fornaci Briziarelli, poi diventerà Senatore della Repubblica; Don Guglielmo Palazzetti, più attempato, era l’arciprete di Collebaldo.

Il  comunista e il prete. Ovviamente democristiano. Ma…  le testimonianze ci raccontano che a differenza dei personaggi di Guareschi, perennemente in conflitto e a farsi dispetti che servivano alla trama, loro no, loro avevano una bella intesa e facevano addirittura comizi dallo stesso palco.

Dinanzi a loro una Val Nestore messa in ginocchio dalla guerra e tutta da ricostruire. Però quella popolazione composta da artigiani, contadini, commercianti, non partiva dal nulla, da sempre coltivava un sogno, un progetto, quello del collegamento ferroviario Perugia-Chiusi, per dare alla vallata un approdo alla linea Firenze-Roma. Un primo tratto della strada ferrata necessaria al collegamento era già stato realizzato: da Ellera a Pietrafitta. Solo treni merci, però. Convogli adibiti al trasporto di lignite che si trovava nella miniera, questa la sola funzione che da decenni svolgeva la breve tratta ferroviaria. Nel 1953 l’inaugurazione della stazione di Tavernelle, con l’avvio anche del servizio viaggiatori. E di questo passaggio Caponi da un lato e Don Palazzetti dall’altro furono protagonisti assoluti. Non del tutto solitari però.

Già dagli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia, non appena fu aperta la stazione di Chiusi,  si cominciò a parlare di questo collegamento via ferrovia. I Comuni di Perugia, Panicale, Piegaro, Città della Pieve e Chiusi ci lavorarono molto, insieme  a deputati e senatori,  per decenni. Perugia voleva porre fine all’obbligo di arrivare fino ad  Orte per andare a sud e ad Arezzo per andare a nord, quando la distanza da Chiusi via Pietrafitta-Tavernelle sarebbe stata di soli 32 km.  Già nel 1875 Perugia mise in programma l’opera, non certo faraonica. Ma il progetto non si è mai concretizzato, perché tutta la fascia del nord Trasimeno e tutto il vasto territorio che da Ponte San Giovanni corre giù per Assisi, Bastia, Foligno fino a Terni-Orte, avevano compreso che avrebbero perso una loro centralità.

Passano i decenni e, come un fiume carsico, la questione del collegamento di Perugia con Chiusi riemerge continuamente. Nel 1889 rinasce l’idea del collegamento e viene incaricato  l’Ing. Angiolo Maria Laurenzi, che propose una tranvia a scartamento ridotto. L’idea entusiasmò gli amministratori del tempo, sindaco di Chiusi per primo, che si riunirono a Perugia. Laurenzi illustrò come quel collegamento avrebbe messo nelle condizioni i perugini di collegarsi con la grande rete nazionale: “ci potremo mettere in diretta comunicazione – queste le sue parole – con la ferrovia più importante d’Italia, con il circondario di Orvieto, con la Provincia di Siena e, se consideriamo bene la località dove sbocca la linea, anche con la Provincia di Viterbo”.

Alla fine prevalsero ancora gli interessi di campanile e tutto tornò dentro i cassetti.

L’idea riparte nel 1913, promotori gli ingegneri Calisse e Fucci: “Questa sarebbe anzitutto un’ottima ferrovia locale”, sostenevano, utile anche al commercio, al tessuto industriale e all’agricoltura,,,  Ma forze occulte, anche allora si misero in movimento e il progetto fu di nuovo accantonato. Poi arrivò la grande guerra, e con essa la necessità di rilanciare le fonti energetiche nazionali, quindi la miniera di Pietrafitta tornò ad avere importanza strategica. Subito si costruì un primo tronco – la citata tratta Ellera-Pietrafitta –  e subito dopo ci furono manifestazioni popolari perché il progetto della Perugia-Chiusi, fosse portato a compimento. Il Ministero dei lavori Pubblici e lo stesso governo guidato da Nitti, 1919, ordinarono la costruzione del terzo tronco Ellera-Chiusi. Ma il progetto si arenò ancora una volta. Le esigenze estrattive dopo la grande guerra erano venute meno.

Un’ultima speranza per la città di Perugia si accese nel gennaio del 1946, allorché il Ministero dei Trasporti incaricò l’Ufficio Costruzioni delle Ferrovie dello Stato di redigere un progetto di massima del tracciato fino a Chiusi. In un lampo la notizia fece il giro delle Istituzioni locali, negli ambienti politici e imprenditoriali perugini,  entusiasta la Camera di Commercio.  In molti credettero di aver vinto finalmente quell’annosa battaglia.  E’ dentro questo scenario di lotte delle popolazioni locali che rivendicavano un diritto, quello della ferrovia come condizione per lo sviluppo dei loro territori, che i “Don Camillo e Peppone” locali si inseriscono nella vicenda con una caparbietà politica che li porterà ad essere due protagonisti autorevoli e riconosciuti da tutti.

C’è chi ancora ricorda quel comizio in piazza Mazzini a Tavernelle nel quale parlarono uno dopo l’altro Caponi e il parroco.

La prima locomotiva giunse a Tavernelle nel 1950, circondata da una popolazione festante. Ma l’inaugurazione vera avvenne nel 1953, alla presenza di numerosissime personalità politiche, ministeriali , Istituzionali, con le Camere di Commercio di Perugia e Siena in prima fila. La stazione di Tavernelle, proprio perché la linea doveva proseguire fino a Chiusi, fu progettata come “stazione capotronco” . Quell’inaugurazione per i due personaggi fu il coronamento di una lunga stagione di lotte sociali anche aspre, ma finalmente un futuro per il territorio si stava schiudendo. Poi la morte di De Gasperi,  grande amico di Don Palazzetti nel 1954,  a cui seguì di li a poco la morte del parroco barricadiero (1958), fecero perdere alla Val Nestore punti politici di riferimento di prim’ordine. Il Pci governava in Val Nestore, ma non a livello nazionale. E la guerra fredda nn aiutava le lotte comuni… Era un’Italia divisa in due come una mela.

La ferrovia con degli argomenti davvero inverosimili, nel 1965 non fu prolungata fino a Chiusi, ma fu dichiarata fuori servizio e chiusa.

Da ultimo, negli anni 1980, la Regione Toscana produsse un suo progetto per realizzare la Perugia-Chiusi, così da realizzare nel contempo il collegamento tra i due mari (tanto che il piano regolatore di Chiusi del 1974 prevedeva verso sud un tronco ferroviario addirittura per Grosseto), ma la Regione Umbria non lo prese in considerazione. Anzi dopo la chiusura del 1965 la Ellera-Tavernelle è stata addirittura smantellata, in modo che a nessuno venisse in mente di riaprirla…

Oggi il collegamento ferroviario Perugia-Chiusi si potrebbe fare realizzando una “bretella” da Borghetto di Tuoro a Castiglione del Lago, in modo da evitare ai treni provenienti da Perugia di dover arrivare a Terontola e poi magari tornare indietro. Ma sull’asse Ellera-Pietrafitta-Tavernelle-Chiusi il collegamento rapido si può fare su strada. Basterebbe -come abbiamo scritto tante volte – realizzare un “bypass” (in galleria?) nella zona del Fornello, tra Piegaro e Moiano, per evitare quei 10 km di tornanti e  congiungere la Pievaiola, già ampiamente adeguata e ammodernata, direttamente con la zona di Chiusi.

Questo è uno dei punti della piattaforma programmatica del Comitato per la valorizzazione della stazione di Chiusi. Ovvio che ha senso solo se la stazione di Chiusi non verrà ulteriormente depotenziata, se rimarrà l’approdo all’alta velocità, se verrà realizzato il centro intermodale merci progettato e finanziato dal Patto Territoriale e rimasto scandalosamente incompiuto. Altrimenti no.

La morale di questa storia? sulle ferrovie, i collegamenti, le stazioni avevano idee più chiare e lungimiranti i sindaci e i politici dell’800 e degli anni ’50 di quelli di oggi.

Renato Casaioli  e Marco Lorenzoni

0 Flares Twitter 0 Facebook 0 Google+ 0 Email -- LinkedIn 0 Pin It Share 0 0 Flares ×
Consorzio di bonifica
Mail YouTube