19 GIUGNO FESTA DOPPIA A CITTA’ DELLA PIEVE: PATRONI E LIBERAZIONE. QUELLA STRANA FUCILAZIONE DEL 27 MAGGIO ’44…
CITTA’ DELLA PIEVE – Oggi, 19 giugno, a Città della Pieve è festa. Due volte. Il 19 giugno infatti è la festa del patrono, due anche anche in questo caso: Gervasio e Protasio. E la città che ha trascorsi papalini è molto attenta a queste cose. Come del resto è giusto che sia. Ma il 19 giugno è anche la data della Liberazione della città dal nazifascismo nel 1944.
Una coincidenza questa che sa quasi di prodigio. Città della Pieve fu anche la prima cittadina della zona ad esser liberata dagli alleati e dai partigiani. Seguirono Cetona e San Casciano Bagni il 20, Sarteano il 24, Chiusi il 26, Chianciano, Montepulciano e Castiglione del Lago il 29…
Anche a Città della Pieve la liberazione non fu una passeggiata per le truppe alleate e per i distaccamenti partigiani che diedero loro una mano… Si combatté duramente per le strade del centro storico e nelle campagne circostanti e nelle ultime settimane, da metà aprile, tedeschi e fascisti operarono rastrellamenti feroci alla ricerca dei “ribelli” e dei renitenti alla leva che non avevano risposto alla chiamata allearmi della Repubblica di Salò delle classi 1924 e 25.
Non mancarono scontri a fuoco, fucilazioni, impiccagioni. Ce ne furono a Cetona, a San Casciano, a Chiusi, a Chianciano, a Montepulciano, a Castiglione del Lago con decine di civili passati per le armi o trucidati barbaramente…
Proprio il 19 giugno, giorno della liberazione di Città della Pieve, a Cetona, località Vecciarella, 8 contadini furono rastrellati e poi falciati con raffiche di mitra alle spalle dopo esser stati invitati a fuggire dalle SS della divisione Herman Goering. La stessa che fece fucilare a Chianciano i tre contadini chiusini della famiglia Perugini (padre e due figli) e il militare “sbandato” Giuseppe Marino catturato a Chiusi e impiccato ad un lampione a Montepulciano…
Un episodio simile si verificò anche a Città della Pieve il 27 maggio del’44. Tre settimane prima della liberazione. Ma in questo caso furono i fascisti della Guardia Nazionale Repubblicana, non i tedeschi i protagonisti. Vittima un cittadino marchigiano, di Moldavio, alloggiato all’Albergo Garibaldi: Pacifico Maria Giorgi Pierfranceschi, di 32 anni.
La vicenda merita di essere raccontata. La mattina del 27 maggio ’44 giunge a Città della Pieve un reparto di camicie nere della GNR, circa quaranta uomini guidati dal sottotenente Filippo Faro, proveniente da Città di Castello. Dopo avere bloccato le vie d’accesso iniziano un rastrellamento alla ricerca di renitenti e disertori, annunciati in numero notevole anche nel centro storico. Il tutto avviene in accordo e con il pieno concorso delle autorità fasciste locali.
In una stanza dell’albergo “Garibaldi” viene arrestato il citato cittadino di Moldavio, che, giunto l’assenso dal comando provinciale della Gnr, seduta stante viene condannato alla fucilazione, anche perché trovato in possesso di una pistola, sebbene sprovvista di munizioni.
I fascisti locali chiedono e ottengono dal sottotenente Faro che l’esecuzione avvenga al cimitero e non sulla piazza principale, per non allarmare troppo la popolazione e non correre rischi. Pacifico Maria Giorgi Pierfranceschi viene accompagnato alla caserma dei Carabinieri, dove il comandante (il maresciallo maggiore Eugenio Galletta) viene diffidato dal fare qualsiasi cosa in favore del condannato. Dal rapporto di quest’ultimo, comandante anche dopo la Liberazione, datato 1 settembre 1944, risulta che nessuno dei quaranta militi abbia accettato di eseguire la condanna e che lo abbia fatto di persona il sottotenente Faro, sulla facciata di un palazzo del centro, inscenando la tentata fuga del condannato (in questo modo ha poi motivato l’accaduto ai Carabinieri). Compiuta l’esecuzione, Faro e i suoi militi si dileguano, mentre il gruppo di fascisti pievesi rimane sul posto fino al trasporto del cadavere alla sepoltura. Pacifico Maria Giorgi Pierfranceschi risulterà poi nipote del Dottor Giorgi Martegiani già podestà di Città della Pieve.
Se i militi della 102a Legione della GNR di Perugia che avevano fatto il rastrellamento, si rifiutarono di eseguire materialmente la fucilazione, i fascisti pievesi invece spinsero per l’esecuzione, comunque autorizzata dal Tenente Colonnello Antonio Loredan, comandante della Legione perugina. Fascisti locali tutti citati nel rapporto del Maresciallo Galletta dei Carabinieri. I loro nomi? Eccoli: Tiberio Ottaviani, segretario politico del Fascio di Città della Pieve; Eugenio Rossi, segretario politico del Fascio della frazione Moiano (indicato dal maresciallo Galletta come il delatore che fece scatenare il rastrellamento); Giovanni Mommi, commissario prefettizio di Città della Pieve; Renato Porzioli, maresciallo della Gnr; Giuseppe Carlini, console della Gnr; Luigi Peccetti, maresciallo della Gnr; Liberto D’Ubaldo, capo ufficio annonario; Severino Rossi; rag. Adelmo Arena, impiegato esattoriale (indicato dal maresciallo Galletta come fervente collaboratore dei tedeschi); Umberto Barbino, guardia municipale, deceduto – sempre a Città della Pieve – il 17 giugno successivo a seguito di colpo di arma da fuoco, in circostanze non meglio chiarite, durante il passaggio del fronte (qualcuno forse gliela fece pagare); sottotenente Valentino, comandante di un reparto di Alpini stanziato in frazione San Litardo.
Qualcuno, nell’immediato dopoguerra ipotizzò che l’arresto e la fucilazione di Giorgi Pierfranceschi non avesse ragioni politiche, ma… diciamo così, di gelosia. Pare infatti che avesse una relazione con la figlia del titolare dell’Albergo Garibaldi, della quale si era invaghito anche il delatore e collaborazionista Adelmo Arena, che fece di tutto per toglierselo dai piedi…
Pacifico Maria Giorgi Pierfranceschi risulta sconosciuto all’Anagrafe di Città della Pieve, cui risulta soltanto la sua morte avvenuta il 27 maggio 1944. Nonostante il citato rapporto dei Carabinieri di Città della Pieve lo annoveri, anche, come partigiano, oltre che come renitente/disertore alla chiamata della RSI, il suo nominativo non compare
né fra i partigiani né fra i patrioti riconosciuti dalla Commissione regionale dell’Umbria. Il fatto che avesse in tasca una pistola spiega poco o niente. Ce l’avevano in tanti una pistola in tasca in quel periodo, anche se era molto rischioso.
Un altro episodio poco chiaro, come ce ne sono stati tanti anche in questo territorio, che conferma, se ce ne fosse bisogno, due cose: 1) che i fascisti italiani non furono dei semplici comprimari, ma veri e propri complici consapevoli dei nazisti; 2) che la guerra ha sempre lati oscuri e feroci e non di rado diventa alibi e copertura per vendette personali e ragioni di bottega.
m.l.
Se mettessi un occhio nelle carte e nei documenti di mio zio Solismo Sacco, diversi di quei nomi che hai citato ed anche altri non citati sarebbero tutti storicamente presenti con le relative azioni compiute e tali elenchi sono stati da lui stesso stilati soprattutto nel dopoguerra e reperibili nelle sue carte a cominciare dall’ aggressione avvenuta a Moiano il 15 Marzo 1924 dove fu pestato a sangue da un manipolo di un centinaio di fascisti che compirono una scorreria-presenti anche carabinieri- e che portarono i catturati nella casa che è accanto al fosso del torrente Moiano sulla destra venendo da Chiusi ed entrando a Moiano, dove ancora sul muro di una porta si può a molta fatica leggere ”Fiaschetteria”di proprietà ancor oggi della famiglia Della Ciana .Diversi di quei nomi che hai citato compaiono negli elenchi che lui fece a suo tempo sia per documentazione storica delle vicende sia perchè molti di quei nomi si sono resi responsabili di violenze ed a tal proposito conservo sempre un suo scritto della lunga denuncia fatta ai carabinieri di Città della Pieve in data 20 Agosto 1946 dove ricorre qualche nome che hai fatto nel tuo Post.Le sue descrizioni sono state sempre fornite con dovizia di particolari e sarebbe anche interessante credo pubblicare questo suo scritto che racconta tutti i momenti di tale aggressione che veramente fa venire i brividi solo a leggerla.Cose ormai lontane nel tempo queste, ma se pensiamo che c’è stata gente che ha dovuto subire tali violenze incredibili nel nostro territorio e che molti hanno pagato con la morte, oggi non sembra quasi possibile soprattutto agli occhi dei più giovani che tali avvenimenti siano successi.La foto che hai pubblicato è quella del passaggio del 2° Battaglione dei Royal Fusiliers che attraversa Vaiano per raggiungere la linea del fronte sotto Pozzuolo e dove sulla destra si possono ancora notare le arcate di una casa che ancor oggi esiste e che è la casa di un mio lontano parente (Luzi).Tale foto da me acquistata al Museo di Storia della Guerra (IWM) di Londra fà parte del mio archivio ed è stata pubblicata sul libro dal titolo ”La Battaglia Dimenticata”di Janet Kinrade Dethick che credo sia reperibile ancor oggi in qualche libreria di Castiglion del Lago dove Roger Absalom ha prodotto l’introduzione all’opera stessa e dove anch’io ho scritto una Postfazione che ricorda le ragioni del mio attaccamento a questo territorio ed ai fatti che sono avvenuti in quel periodo.credo che di tale pubblicazione ne siano state stampate non molte copie sia in lingua iotaliana chè inglese e chi fosse interessato a tale acquisto potrebbe chiedere alla casa editrice Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation di Perugia.
la foto è dia archivio e credo sa tratta dal Kombat film girato dalle ruppe alleate durante il passaggio del fronte. Ce ne sono altre piuttosto note scattate a Chiusi (in macerie), a Castiglione del Lago. Una l’ho utilizzata anche io per la copertina del libro “Non è stato nessuno” (Del Bucchia Editore ,2009), si vedono soldati britannici entrare a Gioiella.. Quanto ai nomi dei fascisti pievesi che collaborarono al rastrellamento del 27 maggio ’44, sono tratti dal verbale del maresciallo dei Carabinieri Eugenio Galletta del 1 settembre 1944, verbale redatto per la ricostruzione del caso….
Per ritornare ai nominativi di coloro che hanno sopportato le violenze nel Comune di Città della Pieve ci sarebbe da stilare un lunghissimo elenco,sia di quelle patite sotto il regime fascista sia di quelle relative al periodo della ritirata tedesca,che proprio a Città della Pieve vide vittima Don Pompeo Perai,caduto sotto una raffica di mitra di un militare delle SS in circostanze si dice poco chiare nel suo esercizio di parroco mentre infuriava la battaglia e che durante questa desiderava portare il suo conforto ai feriti. Negli appunti di mio zio ho ritenuto porre in evidenza anche i nomi di quella che fu nominata la strage di San Litardo compiuta dai tedeschi in ritirata a seguito di informazioni delatorie a loro date da un prete collaborazionista.Un prete noto per portare il manganello sotto la tonaca.I nomi dei fucilati sono i seguenti: Manganello Enrico di Giustino nato il 19.01.1907, Lanzi Gina di Nazzareno nata il 4.09.1908, Donati Adelmo di Agostino e di Penci Teresa nato a Città della Pieve il 25.07.1925. Feriti gravi: Fonti Eugenio fù Sante nato a Città della Pieve di anni 71 e Fiorentini Nazzareno.Per non parlare poi della Strage della Muffa compiuta sempre dai tedeschi a seguito di iniziativa di due giovani della milizia fascista che reclutavano i renitenti alla leva e che volevano negli ultimi giorni della ritirata tedesca farsi accreditare nella Brigata Risorgimento facendosi passare per partigiani al fine di salvare la pelle,ma che incoscentemente provocarono la strage per la reazione tedesca della famiglia Bruni che nulla c’entrava.I loro due nomi sono stati cassati dal ruolino dei partigiani della stessa brigata.Altra cosa rimasta molto in ombra fu la Strage di Montebuono dove caddero circa una dozzina 12 contadini che si ribellarono alle razzie del bestiame compiute dai tedeschi e capitanati dal fatidico tenente Lanfranco Bonanni sedicente facente parte della ”sedicente e misteriosa Brigata Primo Ciabatti.Su questa storia gli storici dovrebbero indagare molto e non prendere per scontato le veline circolate nell’immediato dopoguerra su tale nome facente parte poi dei servizi segreti inglesi con gradi ed incarichi per arrivare anche alle compromissioni di altri personaggi presenti in una continuità della scia di sangue che negli anni ’70 del secolo passato è arrivata a lambire anche i misteri della strage di Via Fani.Una storia di servizi segreti, organizzazione paramilitari del tipo di Gladio ed ancora altro che credo rimarranno per sempre nell’ombra. A noi uomini della strada non è dato di sapere, perchè tutta tale materia sarebbe veramente roba da inchieste di Andrea Purgatori. Ma se a tale storia mancano i gangli di collegamento, i nomi dei referenti, i nomi degli agenti e di coloro che si immischiarono nella turbolenza di quel periodo e che veniva anche da più lontano, occorrerebbe anche sapere che ci sono stati uomini, uomini semplici ma determinati che con la loro azione, con il loro intuito ed analisi politica e con il loro vissuto ed esperienza, ci hanno permesso anche se a non arrivare a prendere materialmente la verità per mancanza di passaggi rimasti nell’ombra, ma di vederla proiettata con chiarezza estrema di fronte a noi.E dietro quella verità ci stà sempre ben radicata una morale che poi è quella del potere che per mantenersi in sella compie i fatti più efferati e riprovevoli non rinunciando a nulla.
Carlo, in questo articolo si racconta un fatto specifico, non la somma delle stragi nazifasciste. E quanto a quel caso specifico il verbale dei carabinieri citato nel pezzo è piuttosto preciso e indica per ognuno dei fascisti pievesi che collaborarono al rastrellamento fatto dai 40 militi della GNR arrivati da Perugia, anche la qualifica (grado e mansione) nella GNR locale. Tutti tranne uno di cui è indicato solo nome e cognome. In questo caso i fascisti pievesi e perugini non sono stati solo dei “collaborazionisti” dei tedeschi, ma protagonisti diretti del rastrellamento. E poi della fucilazione sommaria e sbrigativa da parte del capomanipolo…
Quanto alla strage della Muffa il giovane fascista che secondo quanto scrivi causò la rappresaglia si chiamava Giuseppe Ciani ed era già passato coi partigiani. In una intervista a primapagina e in una testimonianza diretta riportata nel libro “Nove mesi” ed. Del Bucchia, 2009, racconta la sua versione e si scagiona, affermando di aver fatto quello che gli avevano detto di fare e che si doveva fare… Del resto accusare Ciani della rappresaglia tedesca, è come accusare i gappisti di via Rasella per l’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Qui le parole mi sembra che siano in libera uscita.Chi glielo aveva detto a Ciani ed al suo collega che fino a 15 gg prima aveva militato che avrebbero dovuto compiere quell’azione? Dall’ indagine storica e dai documenti non risulta affatto che qualcuno o qualche capo della Risorgimento gli avesse ordinato tale azione e se lo dice nell’intervista che gli facesti (ero presente pure io a tale fatto)questa cosa la dice lui quindi non risulta da nessuna parte che gli fu ordinato di comportarsi in quel modo.Tutte queste storie che poi hanno avuto un seguito nell’immediato dopoguerra e che tendono a scagionare i singoli individui sono state e rimangono parte di una presa di posizione politica atta ad addossare la responsabilità alle brigate partigiane a solo scopo di discredito politico soprattutto nel nostro territorio poichè gli alleati lo sapevano bene che tali formazioni erano in prevalenza formate da comunisti come fù anche il tentativo fatto con i fatti di Via Rasella, ma data la situazione il caso della Muffa fù del tutto una iniziativa personale e ogni mente che ragiona normalmente su come potevano essere quei momenti lo può ben comprendere che per salvarsi dalle conseguenze di aver partecipato al reclutamento forzato dei renitenti o di coloro che erano al bosco avessero entrambi deciso di passare nelle fila dei partigiani, ma questo era solo fatto per salvarsi dalle conseguenze dal momento che il regime stava crollando,ben altra cosa che poi cambiarono idea ed era logico che lo fecero cercando di non avere conseguenze personali. E non è affatto come tu osservi che la stessa cosa possa essere paragonabile ai fatti di Via Rasella perchè quell’azione fatta dai gappisti romani era una azione di guerriglia ben determinata e studiata e quindi organizzata che mirava a creare scompiglio fra le forze nazifasciste presenti a Roma ed in tutta Italia e non davvero paragonabile all’azione di due ragazzi che nella loro ingenuità liberaono il tedesco che poi portò i suoi commilitoni a compiere la strage della Muffa.Tant’evvero che i loro nomi sono stati cassati dal Ruolino della Brigata Risorgimento che a tutt’oggi possiedo in originale con la dizione ufficiale precisa sia per Santucci chè Ciani chè Mencarini dove si legge:”fascisti repubblichini…poi si unisce a Ciani e Mencarini e divennero partigiani a Muffa provocando la reazione tedesca con 6 morti”. Sul nome di Ciani in tale documento ufficiale si legge :”Azione personale per aggregarsi ai partigiani con Santucci Antonio.Allora di cosa parliamo ? Dei fatti col paragone con Via Rasella che tu dici che possa essere immaginata alla stessa stregua ? Lo comprendono tutti che non possa essere la stessa cosa, o no ?
Codeste sono interpretazioni tue e basta e sul tale caso c’è stata una ricostruzione dei fatti scritta ed eseguita anche in maniera puntuale da Stefano Bistarini nel suo libro dal titolo ”La Liberazione degli ebrei e la strage della Muffa” dove a pag.67 parla di come si svolsero i fatti e conclude come segue:” ….che i tre repubbloichini ritenessero,vista la situazione che si evolveva intorno a loro,di accettare il consiglio e di ”coprire la loro posizione di fascisti collaborazionisti” è cosa certa.Infatti solo loro sapevano che non erano più fascisti,per cui avevano tradito l’italia aderendo alla repubblica Sociale,avevano fatto rastrellamenti contro gli italiani,poi avevano tradito i traditori per cui si erano messi nella posizione di essere ricercati dai tedeschi,dai fascisti, dai partigiani e dagli alleati, con la morte come conseguenza di una cattura.Vista la resistenza forsennata dei tedeschi che non si ritiravano facilmente,il motivo della loro azione,al di là delle loro intenzioni,avrebbe portato a tragiche conseguenze e Ciani Giuseppe,ma anche gli altri due,non potevano non saperlo.”Questo è quanto ha scritto Stefano Bistarini ed il che mi sembra cosa inoppugnabile.Altra cosa è quella che affermano direttamente le persone interessate che credo sia giusto ascoltare anche se dopo tanti anni ma credo che occorra vedere un po’ più le cose dall’alto anche perchè in un periodo di revisionismo storico come adesso la verità ricercata dovrebbe essere OGGETTIVA .E sicccome come ben sai e vedi sempre che io stesso sono sempre molto prolisso nel mio scrivere, ho evitato di citare i fatti relativi alle persone che tu nomini perchè sennò si cade come dici te nell’elenco delle stragi nazifasciste di tutta italia….ma riguardo a quei nomi che tu citi si sappia che c’è una storia tutta dietro per arrivare nell’arco di così tanti anni a lambire anche le stragi della fine del secolo scorso collegate spessissimo da un filo che è nero ma intinto nel barattolo della vernice rossa….e da tale barattolo escono fuori soprattutto rimestatori il cui lavoro è quello di indirizzare a pensare la gente comune ad isolare i nemici del potere,cioè i loro stessi nemici. E’ la forza del potere, da sempre ma questa la si combatte in un solo modo: con la cultura e la critica ed organizzandosi.
Infatti, come ho scritto nel commento precedente quella di Giuseppe Ciani è “la sua versione”. Che nessuno ha pubblicamente smentito. ed è comunque rispettabile. Stiamo parlando di una persona che all’epoca aveva 22 anni. E in ogni caso ordini o no, i partigiani che si trovavano davanti dei tedeschi di solito provavano a neutralizzarli, per una semplice questione di sopravvivenza. Anche il partigiano Josep Klucine detto “il polacco” fu accusato (ingiustamente) di aver compiuto azioni sconsiderate e per questo fucilato dagli stessi suoi compagni della brigata Simar, a Sarteano. I gappisti di via Rasella sapevano della possibile rappresaglia…e così tanti altri. E’ la guerra che è una montagna di merda e che porta a sempre conseguenze tragiche…
Il lato oscuro della storia è quello di arruolare, passato il fronte, gli ex fascisti,macchiatisi di nefandezze, al comando di enti pubblici,consorzi, banche,corpi di polizia municipali, purché dimostrassero di essere dei candidi chierichetti,poi tutto passa, si fa finta di dimenticare, per convenienza,per pabulum come si direbbe nella Roma antica.
Che sia la sua versione è chiaro ed è inutile dirlo ma che nessuno abbia pubblicamente smentita non è vero,perchè le smentite ci sono nelle ricostruzioni non solo ufficiali fatte dall’ANPI di Castiglione del Lago ma anche dalla storiografia dell’epoca, ma ci sono state anche dagli stessi partigiani (da quello detto Balilla per esempio) che sono stati intervistati dagli stessi iscritti all’ANPI.L’ultimo di qualche anno fà.E se poi non bastasse tale ufficialità c’è sempre il fatto che i loro nomi siano stati cassati dal ruolino dei partigiani insieme alla succinta spiegazione per tale trattamento che qualcosa credo vorrà significare. Che il fatto che avesse 22 anni (Ciani) non significa nulla perchè quando poche settimane prima era con la milizia a rastrellare i renitenti allora perchè avesse 22 anni non contava nulla? Eppure tale la funzione e tale incarico la assumeva e la soddisfaceva,ma per tagliare la testa al toro come si dice basterebbe l’indagine di Stefano Bistarini a dire come si sono svolti i fatti.Che altro si possa opporre davanti ad una ricostruzione dei fatti aderente anche con le altre fatte dagli storici nell’immediato dopoguerra cio che Ciani aveva detto rispetto alla sua posizione ? Certo, ne và tenuto conto di ciò che l’interessato dichiara,ma è una dichiarazione appunto dell’interessato.Sai quanti ”interessati” hanno dichiarato cose diverse da quelle che hanno compiuto ? A trucidare quei contadini inermi sono stati i tedeschi mica è stato detto che fossero stati i tre italiani ma il comportamento irrazionale e finalizzato all’accredito con le brigate partigiane fu quello che provocò- con gli atti che si assunsero personalmente in quei frangenti- tale strage e con tutta probabilità se non si fossero comportati in quel modo non ci sarebbe stata quell’inaudita violenza.Non la si può pensare così oppure la teoria del dubbio ci assale a tutti adesso ? Tutto qui, ma non è proprio poco mi sembrerebbe…e con i se ed i ma non si fà la storia purtroppo.