TAVERNELLE, DONNA DI 65 ANNI COSTRETTA A SCENDERE DALL’AMBULANZA: IN OSPEDALE CI ARRIVA, MA CON L’AUTO DEL MARITO. E RISCHIA LA VITA

venerdì 27th, gennaio 2023 / 10:29
TAVERNELLE, DONNA DI 65 ANNI COSTRETTA A SCENDERE DALL’AMBULANZA: IN OSPEDALE CI ARRIVA, MA CON L’AUTO DEL MARITO. E RISCHIA LA VITA
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TAVERNELLE – Nella disastrata sanità pubblica italiana succede di tutto. Anche che arrivi l’ambulanza per portarti all’ospedale e poi ti scarichi a metà strada per uno strano e incomprensibile ordine di servizio ai sanitari che la stavano conducendo. E’ successo in questi giorni a D.B. una 65enne di Acquaiola, frazione di Piegaro. La donna si è vista scaricare dall’ambulanza che la stava trasportando all’Ospedale regionale di Perugia, a seguito di malori che da un paio di giorni la tormentavano. Il rocambolesco trasbordo, dal mezzo di soccorso all’auto del proprio marito che lo seguiva, documentato dalle telecamere di una stazione di servizio, è avvenuto sabato mattina.
Il marito, seguito anche dall’auto guidata dalla figlia, a tutta velocità si è diretto al pronto soccorso del Silvestrini. La donna insomma all’ospedale ci è arrivata, ma con mezzo proprio. Dopo aver firmato un foglio di dimissioni volontarie ed esser stata mollata al distributore…
L’arresto della corsa dell’ambulanza, sarebbe avvenuto non per un guasto, ma a seguito di una telefonata. Un ordine di servizio non si sa bene partito da chi e da dove. L’ordine perentorio che veniva impartito all’ambulanza partita da Città della Pieve, era quello di non proseguire più per il Silvestrini, ma di tornare indietro e portare la donna al pronto soccorso dell’ospedale di Castiglione del Lago. Dal quale – particolare abbastanza inquietante – la malcapitata paziente era stata rimandata a casa dopo una visita ed esami vari il giorno prima.
La vicenda ha inizio alle sette di mattina di venerdì 20 gennaio. La donna che si era appena alzata, dopo una notte di riposo tranquilla, si era sentita male, svenendo e battendo fortemente la testa sul lavandino del bagno. Il marito sentito il tonfo, accorreva e chiamava il 118. Eseguiti gli accertamenti con la TAC e l’elettrocardiogramma, dai quali non risultava nulla, la signora veniva dimessa. Forse una sospetta labirintite. Il malore, in forma ancora più pesante, si è ripresentato la mattina dopo, sabato. Ancora svenimenti e nuova caduta a terra, a cui si associavano anche altri sintomi, che facevano intuire, che forse il cuore della donna non funzionava bene. Nuova chiamata al 118, con l’ambulanza che arriva con a bordo solamente un infermiere e l’autista, nessun dottore, nonostante il marito avesse chiarito che il cuore forse era in pericolo. Da qui la corsa verso il Silvestrini di Perugia, a cui seguirà la fermata improvvisa per fare retromarcia, come abbiamo già raccontato.  Il marito della donna asserisce che i medici del pronto soccorso del Silvestrini, gli hanno assicurato che da loro non è partita nessuna telefonata. Comunque la donna viene sottoposta ad una serie di esami e ricoverata. Ma è nella tarda mattinata di domenica, che il suo stato di salute precipita: arresto cardiaco durato ben 27 lunghissimi secondi, con i medici che corrono per tentare di far riprendere il battito e rianimare la donna… Ci riescono e decidono immediatamente per l’installazione di un pacemaker. Telefonata ai parenti e via di corsa in sala operatoria: l’operazione le salva la vita.
Insomma una brutta storia, caratterizzata da un crescendo rossiniano di allarmi, che nessuno era riuscito a capire bene. Ora i familiari vogliono vederci chiaro ed hanno già presentato una denuncia presso la Caserma dei Carabinieri di Tavernelle. Sì, perché quel “trasbordo” dall’ambulanza all’auto del marito, che la porterà da solo al Silvestrini, si potrebbe configurare come omissione di soccorso. Il marito ancora oggi, visibilmente sconvolto, nonostante siano passati alcuni giorni dall’accaduto, racconta di come quell’ambulanza nonostante l’imbarazzo dell’infermiere, sia tornata indietro, obbedendo ad un ordine, a cui lui si era vigorosamente opposto e che ancora oggi non si sa da chi è stato impartito.
Derubricare l’accaduto ad un mero fatto organizzativo, di gestione delle ambulanze, è una risposta che non regge. Tornare indietro con un paziente a bordo che aveva avuto sintomi gravi (svenimenti, cadute ecc.) è una prassi incomprensibile. La colpa ovviamente non è del sanitario o volontario che guidava l’ambulanza, il quale ha “eseguito un ordine” facendo, magari a malincuore e con imbarazzo ciò che gli è stato detto di fare.
Il fatto è successo in Umbria, una regione che ha cambiato bandiera politica proprio in seguito e per effetto di scandali amministrativi nella gestione della sanità, ma che aveva una sanità, comunque, tra le migliori d’Italia per qualità delle strutture e del personale e anche per i tempi e le modalità di risposta. La “cura” del Centro Destra che ora è al governo della Regione, non solo non ha apportato migliorie, ma ha impoverito anche ciò che prima funzionava. Il caso della sessanticinquenne di Acquaiola, fatta scendere dall’ambulanza, con un rischio di infarto i corso (che poi si è verificato il giorno dopo) è un evidente caso di malasanità. Ma non di malfunzionamento per carenze o disguidi, in questo caso c’è di mezzo un ordine di servizio strano impartito ad una ambulanza. Chi lo ha impartito e per quale motivo? A queste domande va data risposta, anche perché la paziente che c’era sopra ha davvero rischiato la vita.
r.c.
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