CHIUSI, UN NATALE PIU’ TRISTE DEL SOLITO. IL CONFRONTO COI PAESI VICINI. L’ASSENZA DI UN “FATTORE TRAINANTE”

CHIUSI, UN NATALE PIU’ TRISTE DEL SOLITO. IL CONFRONTO COI PAESI VICINI. L’ASSENZA DI UN “FATTORE TRAINANTE”
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CHIUSI –  A Chiusi è sorta una polemica che è finita pure in Consiglio Comunale sulla decisione di non allestire quest’anno le luminarie di Natale. Sui social non passa giorno che qualcuno non faccia notare la differenza tra una Chiusi spenta e altri paesi limitrofi che invece “sfavillano” di luci e cotillons… Tra l’atmosfera triste che si respira a Chiusi e quella più “brillante” e “turistica” di Montepulciano e altre località che puntano anche sul Natale per attrarre visitatori: l’albero in acqua più grande del mondo a Castiglione del Lago, per esempio, o il “calendario luminoso” di Città della Pieve ecc. L’erba del vicino è sempre più verde. Questo lo dice anche il proverbio. Ovvio che le luminarie non esauriscono il problema. E che non metterle può anche essere un segnale di sobrietà e di compatibilità ambientale. Di rispetto verso chi stenta a pagare le bollette.

Negli anni passati, per iniziativa soprattutto dell’associazione del commercianti, qualche tentativo, anche costosetto, di far tornare Chiusi e Chiusi Scalo al centro della scena c’è stato (la pista su ghiaccio, la fontana illuminata in piazza Dante, il babbonatale volante con l’ausilio dei Vigili del Fuoco ecc…). Adesso sia il centro storico che la Stazione fanno fatica a rimanere nelle retrovie. Il centro della scena è molto lontano. Comunque altrove.

I commercianti quest’anno hanno optato per “illuminare” i negozi chiusi che sarebbero rimasti spenti, rilevandone alcuni per un paio di mesi allestendoci dei temporary shop o semplicemente delle vetrine accese. Almeno c’è meno buio, meno tristezza diffusa. L’idea non è male. L’illuminazione di locali ormai spenti da tempo fa pure capire che alcuni sarebbero perfetti anche come sala multifunzione (mostre, conferenze, reading teatrali, incontri pubblici), un luogo che a Chiusi Scalo manca ed è una lacuna non da poco. Se ne parla dai tempi della Primavera, campagna elettorale 2011. Sono passati più di 10 anni e il problema non è stato risolto.

Siccome Chiusi non ha un “motore” che smuove migliaia di turisti e visitatori come il Brunello a Montalcino e il Vino Nobile a Montepulciano (perché è il vino che “tira e trascina” più del Rinascimento, che pure non è certo poca cosa), non ha l’albero in acqua più grande del mondo e non ha avuto l’idea di farlo nel Chiaro invece che al Trasimeno e non ha nemmeno il “presepe dipinto” (e non da uno qualunque, ma da uno dei più grandi pittori del ‘500) più grande del mondo, un affresco di 6,5 per 7 metri, tra l’altro accessibilissimo e restaurato in maniera mirabile, deve per forza di cose inventarsi qualcosa di diverso o puntare su altro, anche sotto Natale. 

Intendiamoci, non è che a Città della Pieve ci sia la fila davanti all’Oratorio dei Bianchi per ammirare l’Adorazione dei Magi del Perugino, che invece dovrebbe averla. Anche il Perugino, per quanto sia famoso e considerato un grandissimo, ha meno appeal del vino Nobile e di un tour per cantine… Monumentali magari, ma sempre cantine e non musei.

Chiusi ha molte cose belle da vedere, ma nessuna tranne la cattedrale, che si veda così, di impatto, solo passando per strada. Il Museo Nazionale è rilevantissimo, ma resta un luogo per appassionati del genere. Ha avuto più battage mediatico la scoperta dei bronzi di San Casciano in 15 giorni che il grande patrimonio chiusino in quasi 70 anni di televisione…  Tre minuti su la 7 qualche giorno fa, e meno male, ma di trasmissione del genere Chiusi dovrebbe e potrebbe averne una al mese.

Per questo forse, Chiusi dovrebbe puntare su altro: su eventi di qualità, che almeno in quelle occasioni, facciano tornare la città al centro della scena. O possano generare curiosità, attenzioni. Anche mediatiche. Il festival Orizzonti targato Cigni dal 2014 al 2016 fu un tentativo in tal senso, ma Chiusi non era pronta e preparata per performance di quel genere, troppo fuori dalle righe, e sappiamo tutti come andò a finire (il fatto che fosse pure dispendiosa certo non aiutò).

Di sicuro non può bastare uno stand delle contrade, la casina di Babbo Natale con una stella cometa illuminata a indicarne la posizione, e tre pony per far fare un giro ai bambini… Chiusi – ma questo su primapagina lo scriviamo da decenni,  non da adesso – sembra aver perso l’inventiva, la fantasia, la curiosità, la voglia di stupire con qualche effetto speciale. O con qualche intuizione originale. Con la qualità che supplisce alla poca quantità. 

E’ una città che ha perso smalto e vitalità, su questo non ci piove. Ma sembra che giochi al ribasso, sempre con il motore al minimo dei giri. Manca lo scatto d’orgoglio. La giocata che può ribaltare la partita.

Il supporto encomiabile delle sole contrade, dei terzieri nel centro storico o di associazioni come l’Auser o Chiusinvetrina può essere utile, m non sufficiente. Se è opportuno fare una riflessione sull’ubicazione della festa dei Ruzzi della Conca (vedi proposta di Alfio Rossi ripresa anche da questo giornale), a maggior ragione appare necessaria una riflessione più generale sul che fare. E non solo sul come ravvivare e rendere attrattive le feste comandate. Che già non sarebbe poco.

Chiusi, per dire,  sembra non si sia ancora accorta che ha una squadra di basket in serie A2, che di domenica (e spesso anche di mercoledì) può assistere a un spettacolo sportivo che i paesi limitrofi neanche si sognano. Che a Chiusi può arrivare gente da Udine, Bologna, Pistoia, Forlì Ferrara, Mantova, Ravenna, o da Chieti, ma anche da San Severo, Nardò, Cividale del Friuli… Lavorare su questo versante per fare dello sport un “fattore” anche di crescita turistica e di notorietà della città non è una bestemmia. Lo sport a certi livelli non è mai solo un fatto sportivo.

Stesso discorso vale per la cultura, cioè per l’arte, il teatro, la musica, la letteratura. Chiusi ha delle carte da giocare anche su questi tavoli. Qualcuna ogni tanto viene pure giocata, ma manca un disegno complessivo. Un filo conduttore, una continuità che consenta di valorizzare i “giacimenti”  e attrarne altri.

Troppe iniziative appaiono staccate dal contesto, isolate, fini a sé stesse e a chi le organizza, pur avendo un valore  in sé, che però fa fatica ad emergere. La mostra fotografica itinerante con le foto del soldato Orest del Battaglione Azov di quest’estate, per esempio, fece parlare di sé perché suscitò qualche polemica;  quella successiva sulla vita dura degli albini in Africa, ancora in piedi, non ha avuto lo stesso impatto. Né le medesime attenzioni. Anche le mostre – di qualunque natura o tipologia – hanno bisogno di essere supportate da un battage che non sia solo promozionale, ma faccia parlare di ciò che esse raccontano.  Hanno bisogno di un contesto vivo, pulsante. Di gente che ne discuta e magari ci litighi pure sopra…

A Chiusi purtroppo adesso il massimo del confronto-scontro può avvenire su qualche cavillo procedurale del regolamento comunale per la presentazione o meno di una mozione… Mai sul nocciolo della questione. E questo naturalmente si riflette sui risultati.

Poi certo c’è anche il fattore C. Se fai la fiera e piove dopo che per 6 mesi non ha piovuto mai, con chi te la vuoi prendere, se non con Giove Pluvio? Però Chiusi sembra una città che la sfortuna se la va a cercare. E purtroppo non ha grandi aiuti nemmeno dalle ricorrenze.

Città della Pieve nel 2023 avrà la grande occasione del cinquecentenario della morte del Perugino. Di Porsenna non esistono date certe né di nascita, né di morte…

m.l.

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