ALTA VELOCITA’: NEL 2015 LE REGIONI UMBRIA E TOSCANA GIA’ PREVEDEVANO L’OPZIONE CHIUSI (E AREZZO) UTILIZZANDO LE STAZIONI ESISTENTI
CHIUSI – A proposito della fantomatica stazione in linea per l’alta velocità, pare che la Regione Toscana per iniziativa della consigliera Pd Lucia De Robertis abbia convocato i vertici Fs per sapere cosa intendano fare e quale è la loro opinione sulla Medio Etruria.
Il dibattito insomma continua. La vicenda continua a tenere banco. E se c’è chi come il Pd della Valdichiana senese, sconfessando posizione espresse in precedenza dai vertici senesi, comincia a ragionare e a spingere per la valorizzazione della stazione attuale di Chiusi e di quella di Arezzo, c”è ancora chi insiste per la stazione volante. In particolare per l’ipotesi Rigutino e, in seconda battuta, per Farneta. L’ubicazione a Salcheto (o Montallese-Tre Berte che dir si voglia) nel comune di Montepulciano è a tutti gli effetti – anche nel fronte dei favorevoli – la terza ed ultima opzione.
Ma forse è bene, a questo punto, fare un passo indietro e un ripassino di storia sulla vicenda.
Della stazione in linea si cominciò a parlare dopo il 2010, quando cioè le Fs cominciarono a tagliare progressivamente prima i merci, poi gli intercity per privilegiare e puntare tutto sull’alta velocità e non intasare la linea Direttissima con i treni non AV. Precisamente a livello istituzionale e politico, della ipotetica stazione in linea nella tratta Firenze-Roma, possibilmente a metà strada, si cominciò a parlare nel 2014, quando le Regioni Toscana e Umbria si misero insieme allo stesso tavolo per valutare la questione. Nel novembre 2015 uscì un “protocollo d’intesa” che prevedeva a tal proposito alcune opzioni, per la precisione 4: una a Rigutino nei pressi di Arezzo, una a Creti-Farneta alla confluenza della Siena-Bettolle con la Bettolle-Perugia, nel comune di Cortona, una a sud di Chiusi, nella zona industriale (area ex Centro carni di proprietà pubblica). All’inizio, anche su pressioni di alcuni comuni umbri era stata presa in considerazione l’ipotesi Ponticelli, nel comune di Città della Pieve, che sarebbe stata l’unica stazione per l’alta velocità dell’Umbria, ma allo stesso tempo poteva considerarsi Chiusi-Sud essendo all’imbocco della connessione tra direttissima e linea lenta e approdo comodo per i comuni del sud senese area monte Cetona-Amiata. Ma questa ipotesi nel documento finale non figura nemmeno. Vi figura invece una “opzione zero”, che non prevedeva alcuna stazione da costruire ex novo, ma l’utilizzo come “fermata per i treni Av” delle due stazioni esistenti ad Arezzo e a Chiusi. Il documento delle due regioni indicava anche i costi presunti: 40 milioni di euro per la costruzione della stazione ex novo, in linea; dai 2,5 ai 4 milioni per l’adeguamento necessario di ognuna delle due stazioni di Arezzo e Chiusi. In sostanza quel documento già forniva una indicazione.
Prima che il “protocollo” fosse definito, praticamente un anno prima, nel novembre del 2014 per iniziativa dell’allora sindaco di Chiusi Scaramelli, al teatro Mascagni si tenne un mega convegno per illustrare il progetto della stazione in linea da realizzarsi “a sud di Chiusi“, per la precisione nell’area ex centro carni (non ancora acquistata da Acea). Scaramelli fece presentare anche dei rendering da un pool di progettisti. La stazione si presentava avveniristica perché avrebbe dovuto essere costruita in sopraelevata, dato che lì la Direttissima passa su viadotto a 9 metri di altezza. Vetrate, ferro, ascensori… E pure un binario aggiuntivo per collegare la stazione nuova a quella vecchia distante 1 km e mezzo. Anche Scaramelli parlò di circa 40 milioni di euro di spesa preventivabile.
Noi da queste colonne la definimmo anche allora una “bufala”, poi in un articolo successivo, presentammo tutti gli aspetti critici e invitammo Scaramelli a rifletterci.
Ma, paradossalmente, l’idea della stazione volante di Scaramelli aveva più senso della Medio Etruria di oggi. Per un semplice motivo: perché la cosiddetta “opzione zero” contenuta nel protocollo d’intesa tra Toscana e Umbria, in quel momento secondo le Fs non era praticabile, le due stazioni di Arezzo e Chiusi non erano idonee alle fermate dei frecciarossa. La cosa non era vera, perché un treno Av da e per Milano per anni è arrivato, si è fermato, ha dormito ed è ripartito dalla stazione di Chiusi. Poi però negli anni immediatamente successivi all’uscita del Protocollo umbro-toscano, Trenitalia e RFI hanno ammodernato e adeguato le due stazioni, rialzando anche i marciapiedi proprio per consentire la fermata e la salita e discesa agevole dei passeggeri dei frecciarossa. Lavori terminati alla fine del 2017, per una spesa di oltre 7 milioni di euro per la Stazione di Chiusi e poco meno per Arezzo.
Il restylig fu deciso anche per altri motivi, ma alla fine dei conti la fatidica opzione zero era stata perseguita e resa possibile dalla scelta dell’azieda ferroviaria, che ci ha investito. Non a caso dal 2019 una coppia di Frecciarossa si ferma a Chiusi da giugno a dicembre. E altre si fermano ad Arezzo. Trattasi di fermate a libero mercato, che sono state mantenute anche nei due anni durissimi della pandemia. Il che vuol dire che in qualche misura hanno funzionato. Altrimenti sarebbero state soppresse. Le Fs non sono Babbo Natale.
Insomma, sostenere oggi che l’opzione migliore per garantire l’aggancio all’alta velocità, la meno dispendiosa, la meno impattante dal punto di vista ambientale e meno devastante sul piano sociale ed economico è proprio l’opzione zero del protocollo umbro-toscano del 2015, peraltro già perseguita dai vertici Fs, non è una battaglia di retroguardia, contro “il futuro”. E’ semplicemente una battaglia giusta contro le bufale, contro lo spreco di denaro pubblico, contro il consumo di suolo e contro le cattedrali nel deserto, inutili e dannose.
Nel 2014-15 le due regioni Toscana e Umbra erano entrambe a guida Pd. L’opzione zero, ossia l’utilizzo delle stazioni esistenti di Chiusi e Arezzo, quindi l’aveva prevista e messa in campo il Pd. O quantomeno anche il Pd. E per ragioni che il documento interregionale definiva oggettive, fatte di calcoli, statistiche, previsioni. E allora, come abbiamo già detto, le due stazioni non erano considerate idonee, andavano “ammodernate”. Cosa che è avvenuta. Perché dunque adesso vanificare quell’investimento fatto da RFI nel 2017 e costruire una stazione ex novo in mezzo al nulla, spendendo non più 40 milioni di euro, ma almeno il doppio?
Il Pd Valdichiana che adesso sta arrivando a posizioni meno entusiastiche sulla stazione in linea si sta solo riallineando a ciò che le due Regioni a guida Pd avevano ipotizzato solo 7-8 anni fa. Non nel 1970..
Sostenere adesso la necessità e l’opportunità di sedersi al tavolo in cui si deciderà se fare o meno la stazione in linea e dove farla, perché ciò servirà, nella peggiore delle ipotesi, a contrattare eventuali contropartite (ed esempio, si fa la stazione in linea a Rigutino o a Farneta, allora a Chiusi dovete dare più intercity e più regionali veloci) è un’altra bufala, perché la stazione in linea dovunque si faccia, accrescerà la preponderanza dell’alta velocità su tutto il resto e quindi impoverirà ancora di più i servizi “normali”, perché la linea direttissima sarà sempre più off limits per i treni non av. Il territorio che adesso (con Chiusi) è un “nodo” e un piccolo hub, dopo diventerebbe solo un ponte, un passante, in mezzo al nulla. Le contropartite richieste le Fs non potrebbero concederle, perché cadrebbe tutto il castello dell’alta velocità.
Intanto il coro dei “dubbiosi” cresce. La petizione lanciata su Change.org da Torindo Grazieschi e altri ha già superato le 700 firme. Tutte più o meno del territorio compreso tra Chiusi, Città della Pieve, Castiglione del Lago… Non sono poche. E stanno crescendo di giorno in giorno.
m.l.
Nella foto: uno dei rendering della “stazione volante” ipotizzata dall’allora sindaco di Chiusi Scaramelli nel 2014.
Con simili sindaci ora ex,ma incoraggiati nella carriera politica al consiglio regionale della Toscana,ci vogliono grandi cervelli x fare continuare questi sciorni a fare soldi e cazzate sulle spalle dei cittadini toscani.I quali non si meritano questi elementi sciorni come pecore ma iscritti alcuni anche alla massoneria, a Siena e Firenze.