QUANDO LO SCIOPERO E’ CONTRO LA… COOP. PRESIDIO E BRACCIA INCROCIATE AL MAGAZZINO DI CASTIGLIONE DEL LAGO
CASTIGLIONE DEL LAGO – La parola “sciopero” è una di quelle di cui si era persa la memoria, e anche la percezione in questo territorio. Un po’ perché il tessuto produttivo e quindi quello “operaio” si è negli anni sempre più assottigliato fin quasi a scomparire, un po’ perché con la globalizzazione, i lavori interinali, la flessibilità è scomparsa anche la contrattazione collettiva e i lavoratori sono stati lasciati soli a trattare con la controparte in un vis a vis che il più delle volte è un capestro: o così o a casa… Ma ogni tanto il conflitto sociale riemerge, anche laddove meno te lo aspetti. Ieri per esempio hanno incrociato le braccia un centinaio di lavoratori del Magazzino Coop Centro Italia di Castiglione del Lago. Sciopero e presidio davanti ai cancelli del magazzino. Presidio in corso anche oggi.
Sì, avete capito bene: Coop Centro Italia. Un tempo il movimento cooperativo – e la Coop, quella dei supermercati, ne era la punta di diamante – rappresentava la risposta avanzata del mondo del lavoro alle nuove sfide imposte dal capitale.. così si diceva. Oggi, siamo allo sciopero delle maestranze della Coop. Quindi contro la Coop, ormai vera e propria controparte. E neanche delle più disponibili a trattare.
La richiesta delle maestranze e della Filcams Cgil che ha indetto la mobilitazione, è di sedersi al tavolo con l’azienda e aprire un confronto che, a loro dire, è «finora totalmente mancato». Totalmente mancato. Cioè, la Coop non tratta coi suoi dipendenti. Se non fosse realtà qualcuno potrebbe pensare ad una piece del teatro dell’assurdo. E la cosa singolare è che a tenere inconsiderazione la storia e il significato antico del marchio Coop sono i lavoratori, piuttosto che l’azienda.
Le rsu del magazzino di Pucciarelli, Luca Ciarapica e Patrizio Socciarello, hanno infatti spiegato che l’obiettivo «è di poter continuare a lavorare con dignità, nel rispetto del marchio Coop e del suo significato e tenendo conto dei grandi sacrifici già fatti da noi lavoratori nel recente passato: per questo difendiamo le nostre fasce orarie, che l’azienda vorrebbe modificare spostando ulteriore lavoro alle ditte terze, con conseguenze pesanti in prospettiva soprattutto per i nostri colleghi in part-time». Insomma quella delle maestranze castiglionesi è una battaglia contro le nuove esternalizzazioni già annunciate che penalizzerebbero soprattutto i lavoratori meno protetti, come quelli con contratti a tempo determinato o part time. Ma la loro è anche una battaglia per il buon nome della cooperazione, che Coop Centro Italia con la sua politica aziendale starebbe mettendo (non da adesso per la verità, dicono i dipendenti) a repentaglio, facendo né più, né meno, ciò che fanno le imprese capitalistiche private: sfruttamento, delocalizzazioni, macelleria sociale.
Solidarietà ai lavoratori in lotta è stata espressa dal sindaco di Castiglione del Lago Matteo Burico e dal Pd del Trasimeno. Il segretario generale della Filcams-Cgil di Perugia Riccardo Giulivi ribadisce il sostegno del sindacato a questa mobilitazione, perché – afferma – “il magazzino di castiglione del Lago, coi suoi oltre 100 addetti, è un tassello troppo importante per questo territorio per poter essere ancora indebolito e noi metteremo in campo ogni sforzo possibile per difenderlo e difendere la qualità del lavoro che Coop deve garantire».
Al di là delle specifiche rivendicazioni (giuste a nostro avviso) il fatto clamoroso è che la controparte in questo frangente sia la Coop e che il primo sciopero in una azienda locale dopo tanti anni avvenga al magazzino del colosso cooperativo. Il che la dice lunga su come e quanto sia cambiato il mondo. E non in meglio.
m.l.
Nella foto (Umbria Cronaca) il presidio dei lavoratori davanti ai cancelli del magazzino Coop di Castiglione del Lago.
Il peggio deve venire !
Quando scoppierà il caso sarà peggio di ogni altro guaio combinato dalle coop !
NON so se lo fanno ancora ma,hanno accumulato qualche miliardo con il prestito dei soci !
Ci sarà un altro scandalo tipo Coop di Argenta ?
X Niccolò Martinozzi. Qui non si tratta di Argenta in provincia di Ferrara, qui si tratta che alla fine se si abbandonano le proprie prerogative, si perdono di vista gli scopi finali della cooperazione, si ricordi che si entra inevitabilmente nella logica selettiva e distruttiva del mercato ed una grande azienda alla fine anche se ha la ragione sociale che si chiama ”Coop” per essere sul mercato è obbligata ad osservare ed anche a sottostare alle sue leggi, pena l’esclusione da questo.Da qui la necessità di uniformarsi progressivamente che il tempo passa allo stesso mercato, ma quando si perde la visione dello scopo sociale e ci si ingrandisce in maniera rapida e veloce si abbandonano automaticamente- col metro di misura di ciò che il mercato rappresenta- tutte quelle peculiarità e caratteristiche che sono proprie dell’aziendalismo cooperativistco per passare se si vuol stare sul mercato, all’aziendalismo puro poichè a tale giuoco si è costretti dalla concorrenza e da che mondo è mondo alla legge del profitto nulla le si può opporre e quindi l’unica cosa da poter essere premuta e compressa per riuscire a mantenere il profitto è il pigiare sul lavoro, indipendentemente se l’azienda sia una coop od una non coop perchè tutte sono obbedienti agli stessi principi il cui primo di tutti è il seguente: in una progressiva erosione di utili dovuta alla concorrenza e nella limitatezza di movimento per la conquista di fette di mercato sempre più ardua e della relativa commercializzazione ,il costo della produzione economica aziendale rimane lo stesso o al massimo aumenta tranne poche eventualità e non si può ridurre e quindi per raggiungere una qualsiasi forma di utile e di profitto l’unico pedale che possa essere premuto è quello del lavoro,comprimendolo, e lo si comprime non facendolo aumentare come aumentano gli altri fattori oppure ritagliandolo.Ed è quello che avviene e si scopre l’acqua calda dicendo così perchè ormai sono anni ed anni che se si è obbligati ad usare gli stessi sistemi di una azienda privata nei confronti delle materie prime che si producono e che si vendono( prodotti alimentari) dell’impiego del capitale re-investito in una serie grande ed estesa di attività che non remunerano più come remuneravano prima, l’unico pedale da pigiare è evidente che sia quello inevitabilmente del lavoro e così facendo ci si pone alla stessa stregua dell’azienda padronale od anche delle grandi aziende di capitale per le quali i beneificiari non sono nè i cittadini e tantomento i soci, e quindi se a fine anno si voglione fare i profitti da re-investire per far quadrare i bilanci è sul lavoro che occorre premere snaturando quei principi per i quali una società cooperativa era nata e si era nel tempo espansa conquistando nuovi mercati. Ed allora gli operai che vi lavorano cosa devono capire se non che quei principi applicati sono proprio quelli che hanno portato alla loro sconfitta ed emarginazione proprio perchè diventati attraverso scelte politiche generali ben precise alla stessa stregua delle aziende di capitale e che per controllare e massimizzare i profitti questo producono, operano e si comportano smembrando e dando in gestione ad altre aziende settori che erano stati creati col lavoro di chi si è sacrificato per anni? Non sono più i tempi nei quali all’inizio degli ani ’50 è stata creata una creatura come il Molino Popolare del Trasimeno di Pucciarelli- a poche centinaia di metri da quello in questione -una delle creature del territorio fra le più importanti alla quale mio zio Solismo Sacco aveva dedicato tutto se stesso nei primi anni del dopoguerra prendendoci anche più volte qualche cazzotto da contadini restii e timorosi di sottoscrivere le quote partecipative, per poter creare una struttura nata dalla volontà dei più umili che dovevano essere liberati dalla schiavitù economica dei padroni delle terre che si dividevano la torta tenendo saldamente in mano flussi di denaro che ritornavano in mano a loro stessi dopo le mietiture ; tale Molino- poi andato a gambe all’aria tanti anni dopo- poi successivamente passato in mano private, me lo ricordo benissimo e ricordo anche il giorno della sua inaugurazione che credo debba essere stato il 1952 quando ci fù una immensa festa popolare alla quale partecipò una folla straordinaria di migliaia e migliaia di persone compresi spettacoli di Boxe che allora nella zona non si erano mai visti.
Il mio archivio possiede anche materialmente qualcuno di quei registri dell’epoca dove erano contrassegnate le balle di grano che entravano ed la quantità di pane che usciva dal forno, dove se non vado errato-lo ricordo anche a Marco Lorenzoni-dove lavorò suo padre per diversi anni.Riprendendo il discorso dopo l’inciso del Molino Popolare mi chiedo : è’ una novità questa del parogone di affinità, oggi che viene fatto fra le aziende private e le grandi cooperative?No, non lo è, ma dipende anche questo dalla politica e dalla conduzione di questa verso dei capisaldi che proprio perchè raggruppano dentro di essi al momento della loro creazione dei motivi e delle finalità etiche,credo che sia opportuno che vengano protette da quegli squilibri che vediamo,proprio spesso ridimensionandosi e dando il significato alla parola cooperazione a cominciare proprio dalla loro espansione e dimensione nei confrontti del mercato in generale su cui gravano certe leggi.Credo che sia oltremodo vergognoso che all’interno di creature che hanno un etica dalla loro nascita caratterizzante di ”sinistra” ed anche se si voglia dire evidentemente di etica solidale, si possa soffrire di tutte quelle discrasie delle quali soffre il mondo del lavoro attuale e che perdipiù nell’amministrazione del personale vi siano discipline che non tengano conto degli scopi e delle finalità lavorative del personale stesso.Tutti gli occhi organizzativi sono rivolti all’apparenza e soprattutto alla massimizzazione dei profitti e nello stesso tempo godendo anche di fiscalità diverse da quelle della concorrenza.Se guardiamo a quest’ultima concezione scopriamo allora che è la politica che dovrebbe assumersi le responsabilità sia della legislazione sia di dover tracciare un cammino oltre il quale non vengano superate ed annullate le caratteristiche peculiari di tale ragione sociale.Ma lo si sà bene,dentro la pentola del ribollimento dei soldi e del profitto le distinzioni da questo amalgama di pasta raggiunge un momento che non lo si può più controllare con efficacia se non premendo in un contesto siffatto il fattore lavoro e diventa impossibile tale controllo ad essere fatto anche dalla stessa conduzione di tali aziende per cui quando si manifestano i primi scossoni ed allontanamenti dalle finalità in termini di non più rispetto dei margini etici poichè vediamo che il personale alla fine protesta,ci si comporta secondo la cruda legge del profitto privato che in tal caso arriva a dire in poche parole ma la fine è questa :” se mi chiedi una retribuzione più alta per far fronte alla tua vita o miglioramenti normativi quella è la porta.Non sono pronto a far diminuire il mio profitto per dare più ossigeno a impegni quali l’aumento del personale, l’adibizione diversificata ai vari settori da parte di questo,ecc. ecc.” insomma tutte quelle logiche comuni ad altre aziende che si trovano in una fase pre-discendente per diverse cause e non solo per una sola di queste.E allora anche gli stessi sindacati, viste tali peculiarità in cui si muovono tali fattori della produzione,dovrebbero costantemente e sempre essere esenti da ammiccamenti e dal tenere posizioni dirigiste imboccate dalla stessa politica e poste dala stessa entro recinti che non possono essere oltrepassati anche nella continuità dei tempi che variano e che richiedono nuove forme partecipative. Questo spesso non succede ma stavolta per la questione in ballo credo che segnino un punto a loro favore che sembra essere uno spillo in un pagliaio ma che comunque denota una tendenza che è quella che si possa scendere in piazza quando proprio non se ne possa più a far tirare la corda prima che si strappi tutto e questa è senz’altro il segno di una impotenza a leggere le cose ed a prevenirle non facendo nè l’interesse delle aziene nè quello di chi ci lavora. Comunque devo osservare che anche in questa valle di lacrime ci sia sempre una prima volta e speriamo che possa continuare l’attenzione -perchè è una vera e propria valle di lacrime per i motivi che ho detto fino ad adesso-ma stavolta c’è un atteggiamento diverso votato alla protezione di chi lavora e che spero possa continuare proprio per salvaguardare l’interesse di questi addettii e che sarebbe disgustoso che venisse via via annullato nel tempo con politiche di attesa dove come al solito menti sopraffne della politica attendono che il sistema si rimangi tutto quello che venga concesso e perdipiù nel totale silenzio generale.Credo che tutto questo debba essere un messaggio forte lanciato alla politica di un certo colore che nel tempo ha guardato più ai bilanci ed ai profitti ed ha considerato numeri coloro che sono persone.E tale la logica si sà bene a chi appartenga ed allora come dicono a Firenze-e questo è un discorso rivolto alla politica- ”le gatte morte dovrebbero andare a farsi da un altra parte” e non ci vuole una intelligenza superiore per capirlo.
Carocarlo, fare raccolta di fondi dovrebbe essere una prerogativa delle banche non delle cooperative di consumo !
Rastrellare i soldi non è un buon metodo se non sottoposto alla vigilanza degli enti preposti ( banca d ‘ITALIA ). Come dicevo ,le coop lo fecero ad Argenta e ridussero sul lastrico centinaia di cittadino ! La lega delle coop se ne creò e dopo poco tempo l’ Unipol comprò tre o quattro delle maggiori assicurazioni Italiane !!
…la lega delle coop se ne fregò e dopo….
Stare sul Mercato ed essere concorrenziali (in un sistema capitalistico come il nostro) non è semplice e non è facile per una azienda Cooperativa, come ha ben evidenziato Carlo Sacco nel suo articolato ed approfondito intervento.
Fanno bene i lavoratori a protestare se l’Azienda pur cooperativa non rispetta la dignità e il lavoro dei propri dipendenti.
Da qui nascono alcune riflessioni: I Soci sono contemporaneamente Cittadini e Consumatori…e qui casco l’asino ..come si dice nelle Chiane e non solo.
Garantire buoni prodotti e buon cibo (con i risvolti sulla salute di tutti noi ) non è facile.
In sintesi anche le imprese cooperative se sbagliano strategia economico-finanziaria o altro possono fallire.
In passato c’è stata la polemica che il mondo Coop (spesso associato politicamente ,prima al PCI ora al PD, e ai suoi satelliti ) è stato agevolato dal punto di vista fiscale e finanziario da governi amici ecc.
La distribuzione privata, la Confindustria e non solo hanno alimentato questa linea di pensiero.
Nello stesso momento le piccole Coop e Conad che operano nei piccoli centri sono considerate in parte poco concorrenziali se non addirittura care.
Siamo pertanto alla quadratura del cerchio ( per non parlare poi della grande distribuzione – Coop compresa – che estorcerebbero prezzi da agricoltori e produttori sottocosto.
Come si vede il tema è complesso … e qui dovrebbe intervenire la Politica che dovrebbe tenere insieme diritti dei lavoratori, delle imprese (con giusto profitto) e di Cittadini _Consumatori.
Cioè la quadratura del cerchio, che, come già detto non è facile.
Scusate se ho fatto casino e ho tergiversato ma l’argomento è stimolante ma anche complesso. Buona Domenica…