JAMES SENESE E QUEL SOUND METROPOLITANO CHE DIVENNE “NAPOLI POWER”. BELLA SERATA A CASTIGLIONE DEL LAGO

venerdì 23rd, luglio 2021 / 12:59
JAMES SENESE E QUEL SOUND METROPOLITANO CHE DIVENNE “NAPOLI POWER”. BELLA SERATA A CASTIGLIONE DEL LAGO
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CASTIGLIONE DEL LAGO –  La prima volta che ho ascoltato James Senese e il suo sax fu a Napoli, metà anni ’70. Mi pare alla Festa nazionale de l’Unità del ’76. Suonava con i Napoli Centrale, una band di cui per un periodo fece parte anche Pino Daniele come bassista e che in quel momento incarnava una musica nuova, un sound fatto di suggestioni e sonorità mediterranee, ma con sfumature jazz, prog e rock, e soprattutto per la lingua utilizzata e i temi trattati una musica molto napoletana.

Una Napoli non più solo pizza e mandolino e pulcinella, o sole e o mare, ma la Napoli degli operai di Bagnoli, delle officine, la Napoli dei disoccupati organizzati, delle periferie in mano alla camorra, una Napoli in cui la sinistra era tornata a vincere e a governare la città con Maurizio Valenzi… Una Napoli che anche nella musica cercava il proprio riscatto. E nuove strade… Maradona non era ancora arrivato…

Quell’anno, il 1976, alla Festa dei giovani comunisti di Chiusi chiamammo Tony Esposito, straordinario percussionista, anche lui esponente primario di quella generazione di musicisti napoletani e di quel particolare nuovo sound blues – rock metropolitano che fu definito “Napoli power”… Sostanzialmente la musica nera e colta di John Coltrane e Miles Davis declinata alla partenopea, da musicisti nati e cresciuti non nella Napoli bene, ma nei “bassi” o nell’hinterland operaio. Proletariato e sottoproletariato, che attraverso una musica nuova diventa riferimento culturale rilevante… Un’operazione mica da poco.

Ascoltare di nuovo, dal vivo, James Senese in questa zona, precisamente alla Rocca di Castiglione del Lago, ieri sera, è stato un bel tuffo non solo nella giovinezza, ma anche in un passato importante, anche dal punto di vista musicale.

La gradinata praticamente gremita, la gente seduta sul prato e quel sax e quella voce arrochita hanno rinverdito il ricordo di un evento che ruppe gli equilibri, che scompaginò tutti i precedenti stereotoipi, che vide irrompere sulla scena una gioventù diversa anche da quella del ’68… Parlo di Umbra Jazz, anche se la platea della Rocca, ieri sera, era del tutto diversa, certamente più composta, ordinata e perbenino. Il popolo di Umbria Jazz  che invase letteralmente Città della Pieve e Castiglione del Lago nel ’76 e ’77  non lo era affatto.

James Senese invece è più o meno sempre lo stesso. Ha un po’ rallentato il ritmo delle canzoni, e a 76 anni ci può stare, si è presentato con una band piuttosto minimal, ma è ancora il leone che era quando mise in piedi, insieme a Franco Del Prete, “Napoli Centrale”, dal nome della stazione, forse a significare l’inizio di un viaggio alla ricerca delle radici e allo stesso tempo di altro, di suoni e concetti di avanguardia. Ma anche a significare il melting-pot di dialetti, lingue, colori, facce che c’è nelle stazioni e in quella di Napoli in particolare…

Ha sempre cantato in napoletano stretto James, un  napoletano meno aulico di quello dii Eduardo o di De Crescenzo… il napoletano di Scampia, di Pozzuoli, di Terzigno, dove ha cominciato nei primi anni ’60… Terzigno, terra dei fuochi…

N’coppa a sta terra, terra e l’ammore n’ce sta ‘na folla senza lavoro, gente ca perde e nun trova niente,
Stanno aspettanno ca pass’o viento.
N’copp’ a sta terra, terra e ricchezza,
Chi ce cumanna nun da ‘na carezza,
Nun sanno niente da gentilezza, penzan’ e figli a nuje sulo munnezza….”.

E dei mali e delle contraddizioni della sua terra James ha sempre parlato nelle sue canzoni… ” a nuje sulo munnezza”…

Così come in passato, negli anni d’oro, Gianluca Di Maggio ha portato sul palco di Trasimeno Blues alcune “icone” del rock-blues cone Johnny Winter, Jack Bruce, Robin Trower e i Canned Heat o la band originale di Janis Joplin, anche il concerto di ieri sera di James Senese è e resterà una perla rara. Perché James, il nero di Napoli, non è solo uno straordinario musicista e un capostipite di un genere, è anche testimonianza vivente di un passato che è bene tenere a mente.

James è infatti un “figlio della guerra”. E’ nato a Napoli il 6 gennaio del 1945, 15 mesi dopo le 4 giornate, la prima insurrezione di civili contro l’occupazione nazifascista avvenuta in Italia, a ridosso dell’8 settembre… James (nome vero Gaetano) nasce nella Napoli liberata, ma occupata dagli americani. Molti dei quali sono “colored”. Ne nascono tanti di bambini colored nel ’44-45. James è figlio di Anna Senese, ragazza napoletana, e James Smith, soldato Usa, afroamericano…  Come quello della canzone di Lucio Dalla 4 marzo ’43: “dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare… “. O come il Ciro della Tammurriata Nera: “è nato ‘no criaturo, è nato niro… a mamma ‘o chiamma Ciro, sissignore ‘o chiamma Ciro…”.

Napoli è sempre stata un melting pot, lo è stata in passato con arabi, spagnoli, francesi, lo è stata alla fine della guerra con gli americani liberatori, lo è tutt’oggi perché Napoli è anche un porto di mare, una grade città piena di contraddizioni e mali atavici, ma anche piena di idee ed ha un sound di sottofondo tutto suo… E il sound che esce dal sax e dalla voce roca di James è sicuramente meglio dei neomelodici. O almeno a me piace molto di più.

m.l.

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