UMBRIA, LA GUERRA DEI RISTORATORI CONTRO LE SAGRE
PERUGIA- In Umbria, nella vita precedente, prima del covid, si facevano talmente tante sagre che ci fu chi si era inventato pura la “Sagra delle sagre”… A partire dall’anno scorso è cambiato il mondo. Il virus le ha cancellate tutte. Congelate, come le lumache e il persico serviti a migliaia di persone… Ora con l’emergenza che si allenta e la regione in zona bianca c’è chi sta pensando di ricominciare. E qualche sagra torna in agenda… Ma al solo pensiero, si è scatenata la contraerea. Le associazioni dei ristoratori sono scese sul sentiero di guerra e hanno aperto un vero e proprio “contenzioso” con gli organizzatori di sagre. I gestori di ristoranti fortemente penalizzati dal covid, temono che le sagre spostino la clientela e rendano più difficoltosa la già faticosa ripresa dell’attività. La richiesta che hanno fatto è che e sagre durino al massimo 4 giorni, non di più. Gli organizzatori delle kermesse mangerecce che in Umbria sono 370, rispondono che per 4 giorni non ne vale la pena, perché non rientrerebbero nei costi e le iniziative non sarebbero remunerative… Il confronto è aperto e serrato e come sempre avviene, in questi casi, c’è anche chi spara a zero sulle feste popolari, che in fatto di proposta gastronomica sarebbero in gran parte “dozzinali” e di bassa qualità. Come se i ristoranti fossero tutti… Vissani. Solo che quando si scatena la guerra ognuno tura l’acqua al proprio mulino, senza esclusione di colpi. E’ vero – e inconfutabile – il fatto che molte della sagre che vengono proposte sono improbabili , che in molti casi si mangia male e spesso su piatti e bicchieri di plastica (non tutti hanno adottato posate e piatti ecosostenibili), con assembramenti e file insopportabili… Ma è vero anche che le sagre sono luoghi di socialità, che spesso si svolgono in piccoli comuni o in ancora più piccole frazioni che con la sagra vivono il loro momento di gloria e che la sagra è in molti casi anche un momento di unità di quella comunità e di sperimentazione di forme di cittadinanza attiva e solidale… Molte sagre di paese hanno sostituito, anche come senso di appartenenza, le vecchie feste di partito, quelle de l’Unità in particolare, ormai quasi scomparse…
Regolamentare le sagre è necessario, indubbiamente, fare guerra alle sagre vuol dire fare guerra a questo mondo. Ad un modo di vivere la comunità. E a quelle stesse comunità.
Quella dei ristoratori umbri sembra una crociata corporativa, che – dato il momento – può risolversi in una guerra tra poveri… senza contare poi che le sagre oltre agli “avventori” muovono anche un bel po’ di… indotto: studi tecnici, imprese di noleggio attrezzature, produttori agricoli e zootecnici, fornitori alimentari e bevande ecc, ma anche artisti, musicisti, tecnici dello spettacolo, venditori ambulanti ecc…
Già le normative relative ad autorizzazioni e certificazioni per l’allestimento di eventi all’aperto sono molto stringenti e complicate, oltre che costose, e mettere in piedi una sagra o un festival di qualsiasi tipo è diventato quasi impossibile, tanto più adesso con le norme anticovid e con risorse pubblicitarie e sponsorizzazioni sempre più risicate. Se ci si mettono anche le associazioni di categoria a protestare, per a paura di perdere clienti è facile prevedere che molti appuntamenti, al di là di ciò che deciderà la Regione in merito, salteranno, in attesa di tempi migliori.
G.L.
Quando la crisi incombe arrivano sempre nemici da combattere.Ovviamente qui siamo al solito ridicolo.