IL SENTIERO DELLA BONIFICA E I SUOI FRATELLI: IL TURISMO DOLCE COME CHIAVE DELLA RIPARTENZA

mercoledì 02nd, giugno 2021 / 17:09
IL SENTIERO DELLA BONIFICA E I SUOI FRATELLI: IL TURISMO DOLCE COME CHIAVE DELLA RIPARTENZA
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CHIUSI – Un anno fa, di questi tempi, mentre tutta Italia si apprestava a ripartire dopo il lockdown, su queste colonne lanciavamo l’idea del “turismo di prossimità”, ovvero  fare i turisti a casa nostra, andando a scoprire o riscoprire luoghi della memoria, punti panoramici, centri storici, cattedrali, ma anche abbazie e pievi romaniche sparse per le campagne, fattorie fortificate, rocche medievali, opere idrauliche rinascimentali o di epoca napoleonica, oltre naturalmente ai tanti musei, da quelli archeologici a quelli naturalistici e della cultura materiale… Ovviamente senza disdegnare “punti di ristoro”, sia per un pasto frugale, un panino e una birra e via,  sia per degustazioni gourmet o della migliore tradizione locale, magari in riva a un lago, tra i cipressi della Valdorcia, lungo i sentieri della Bonifica, verso l’Arno in direzione nord, o anche verso il Tevere, in direzione sud. E invitavamo anche a tener conto delle possibili “connessioni” treno-bicicletta, per esempio, un binomio che consente spostamenti più lunghi e itinerari e possibilità di sosta interessanti.

Quest’anno, rispetto al 3 giugno del 2020, data della riapertura dei confini, la situazione sembra essere migliore. La campagna vaccinale sta dando i primi risultati e gli spostamenti sono possibili anche fuori dalla propria regione.

Ma noi rimaniamo convinti che il turismo di prossimità possa essere ancora una chiave della ripartenza. Il primo passo per riprendere l’abitudine a muoversi, senza strafare. E il primo “motore” per dare ossigeno a tante attività, piccole e medie, sparse nel territorio. Dai ristoranti, ai bar, ai negozi di alimentari, ma anche per tutti quelli che propongono servizi alla mobilità.

Questa mattina, 2 giugno festa della Repubblica, il Sentiero della Bonifica, da Chiusi Scalo al Lago di Chiusi sembrava l’A1 in un’ora di punta. Ciclisti e podisti solitari, famiglie e gruppi organizzati in gita. Solo dalle 11,00 alle 13,00, non l’orario migliore dato il caldo, il tratto ha visto la presenza do oltre 100 persone. Testimoni raccontano che dalle 7,30 alle 10,30 il traffico è stato almeno il triplo…  Per vedere 300 persone in contemporanea a Chiusi Scalo, ci vuole un evento di quelli importanti. O un taglio di nastro con porchetta.

Insomma un trionfo del “turismo dolce”, del turismo di prossimità. C’eravamo anche noi, stamattina, sul Sentiero e abbiamo notato che la maggior parte degli “utenti” (podisti o ciclisti), almeno il 70%, non era del posto. Molti erano “sbarcati” dal treno con la bici appresso, da Arezzo, Montevarchi, Siena, Castiglion Fiorentino, Cortona…

Le nostre “antenne” ci dicono che anche in direzione sud, sulla “pista” che da Chiusi Scalo corre verso Ponticelli, Fabro, Orvieto, in mattinata c’era un bel  movimento…  Il tratto sud è meno conosciuto e pubblicizzato, ma non meno interessante, dal punto di vista culturale e ambientale. Solo il Callone Pontificio detto “La Fabbrica” (fu la sede della direzione dei lavori della Bonifica del 1780, concordata tra Stato della Chiesa e Granducato di Toscana) tra Chiusi e Ponticelli val bene una pedalata o una camminata…

Tutto questo per dire che il turismo di prossimità (anche abbinato a un po’ di sport che fa bene alla salute) può funzionare e forse già funziona più di quanto si  immagini. Ma si può fare di più, come diceva la canzone. Si possono individuare percorsi giornalieri nel raggio di 40-50 km e magari organizzare dei gruppi, in modo che la scoperta o riscoperta di luoghi e bellezze diventi anche momento di riaggregazione sociale e riscoperta dello stare insieme (con le dovute cautele e attenzioni anti covid). Perché di certe cose si è persa l’abitudine purtroppo. E non è un bene. 

Quanti ad esempio conoscono le “cascate dell’Oriato”  nei pressi di Sarteano? oppure le “Buche del Beato” non lontane da Montepulciano o le “Tane del Diavolo” tra Fabro e Parrano? O le gole dell’Orcia? Quanti hanno mai visitato le Catacombe paleocristiane di Chiusi (da oggi riaperte al pubblico), o il Santuario di Mongiovino sulle colline di Panicale? Quanti hanno mai percorso a piedi un tratto della via Francigena o della “Romea germanica” (entrambe passano da queste parti) sulle orme dei pellegrini e dei mercanti medievali? Quanti hanno mai visitato paesi come Buonconvento, Montisi, San Giovanni d’Asso e Petroio nelle Crete senesi o Santa Fiora, Arcidosso e Seggiano sulle pendici dell’Amiata  o la chiesa d Santa Maria d’Ancaelle, la più antica del Trasimeno, vicino a Sant’Arcangelo?

Di esempi ce ne sono a centinaia. Questo territorio è uno scrigno di tesori che spesso neanche gli abitanti conoscono fino in fondo. Ecco, diventare, noi, abitanti di queste terre di mezzo, i primi appassionati turisti  e visitatori può essere una bella sfida, un modo per far crescere la consapevolezza culturale, l’identità territoriale e – diciamolo – un pochino anche l’economia. Perché alla fine per un bar o un ristorante o un museo, se il visitatore viene da Firenze, da Milano,  da New York o da Sarteano o Sinalunga non fa molta differenza… Un euro vale un euro chiunque lo porti.

m.l.

 

 

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