NON SOLO A CHIUSI, IL PD OVUNQUE IN MEZZO AL GUADO. LEONARDO CAPONI: “IN UMBRIA SI STA SUICIDANDO”
A Chiusi sono passati ormai 10 giorni dal “fuori mi chiamo”del sindaco Bettollini, circa la candidatura alle prossime comunali e il Pd, oltre a prenderne frettolosamente atto, non ha proferito parola. Non ha aperto trattative – se non forse nell’ombra più cupa – con altre forze politiche, non ha detto mezza parola su chi potrebbe essere il candidato o la candidata a sindaco, né su come dovrebbe essere scelto, con quale modalità o percorso. Il nulla. Ma il problema di uscire dal guscio, o dal limbo, diciamo pure dal ginepraio, il Pd sembra avercelo ovunque, non solo a Chiusi.
“Non sarà sufficiente visione e progetto se il PD non torna a investire su stesso: su forma partito, organizzazione, selezione e formazione della classe dirigente, sulla partecipazione interattiva dei suoi sostenitori, se non riuscirà a fare interagire, senza confliggere, il ruolo politico con quello istituzionale. Per fare questo, oltre la volontà, servono risorse, quelle che colpevolmente abbiamo sottratto alla politica e ai partiti” scrive, ad esempio, Alessandro Torrini,
uno dei candidati alla segreteria regionale del Pd in Umbria.
E sempre dal’Umbria arriva anche una riflessione di Leonardo Caponi, già senatore, giornalista de l’Unità e figura storica della sinistra, sulla situazione del Pd nella regione governata da Donatella Tesei. Come si può notare anche Caponi usa per il Pd un termine usato più volte nelle settimane scorse anche da noi, su queste colonne, in relazione al caso-Chiusi, che evidentemente è tutto fuorché un caso isolato: il termine è “suicidio”. Buona lettura:
IL SUICIDIO ASSISTITO DEL PD
Il sondaggio del giorno lo da al 17%, scavalcato dalla Meloni. Si può non credere ai sondaggi, anzi è giusto farlo quando danno il m5s ancora sopra al 15 o, addirittura, con Conte, al 22%. Numeri al lotto o taroccati per un partito che, alle prossime amministrative prenderà (sono pronto ad accettare qualsiasi scommessa) l’8 o il 9% dei voti, Conte o non Conte (chi se lo ricorderà più)? In ogni caso mi pare innegabile che la politica (chiamiamola così) di Zingaretti è in un pieno cul de sac o, per meglio dire, disegna un vero e proprio suicidio assistito. La base “militante” del Pd è stata scossa, annichilita, ridotta al silenzio dalla trasformistica decisione di sostenere il governo Draghi. Un castello di suggestioni (secondo me infondate) funzionali alla tenuta del consenso (il riformismo, l’argine contro la destra, l’essere di sinistra) sono crollate, non più sostenute da un menopeggismo ridicolo e senza fine e dal miraggio (questo era il punto decisivo) del mantenimento della gestione del potere. Questa crisi è aggravata dal fallimento evidente del disegno di alleanza strategica con i reduci cinquestelle. Un fallimento politico ed elettorale. Nonostante tutti i trasformismi e le giravolte, Pd e 5S rimangono conflittuali e lo saranno ancora di più, col rischio che la discesa in campo di Conte col movimento, che si fa beffe di Zingaretti che lo aveva immaginato leader della coalizione, porti ad un travaso di voti dal Pd al 5S. Una guerra tra poveri. Io penso che quello che chiamano il centro sinistra è destinato ad una sconfitta epocale nelle elezioni per i grandi Comuni, a cominciare da Roma. E’ vero che contano i candidati, ma è altamente improbabile che due partiti che segnano, insieme, il 30/35% dei voti possano prevalere o degnamente competere.
La cosa bella è che le volpi che guidano il Pd, che non sono più un partito, ma una confederazione di potentati e gruppi l’uno contro l’altro armati, rispondono a chi gli chiede di fare un Congresso, si ma dopo l’emergenza. Dopo Gesù Cristo nessuno più è risorto dopo la morte.
Leonardo Caponi