VACCINAZIONE PER ZONE E NON SOLO PER CATEGORIE, IL CORO SI ALLARGA. IL “TEST” PROPOSTO DA CHIUSI POTREBBE ESSERE MOLTO UTILE
“Il mio sistema immunitario – scrive il pediatra barese Antonio Di Mauro in un post su Facebook – ha reagito. È entrato in contatto con il vaccino ed è stato istruito a produrre immunoglobuline che mi difendono da eventuali attacchi del virus. Ottimo, il vaccino funziona. Ma allora perché continuo ad usare la mascherina, la tuta, i guanti e la visiera quando visito?”
“Perché gli studi clinici condotti finora hanno permesso di valutare l’efficacia dei vaccini sulle forme clinicamente manifeste di Covid-19 (la effective immunity), ma non ci sono evidenze che dimostrano che i vaccinati non si possano infettare in modo asintomatico e quindi contagiare altre persone (sterilising immunity). In sostanza – aggiunge -, continuo a vestirmi così, non più per proteggere me stesso, ma per proteggere gli altri: la mia famiglia, i miei amici e i miei pazienti non ancora vaccinati”. “Essere vaccinati non conferisce infatti un “certificato di libertà” ma occorre continuare ad adottare comportamenti corretti e tutte le misure di protezione anti COVID-19. Con il tempo, la vaccinazione effettuata su larga scala e l’osservazione del comportamento del virus nelle comunità di vaccinati, potremo finalmente dire se la vaccinazione protegga anche dal propagarsi dell’infezione. È plausibile, è auspicabile ma ad oggi non abbiamo certezze”.
Ecco: l’osservazione del comportamento del virus nelle comunità di vaccinati. E come si fa? quanto tempo ci vuole? Da qui, da questo problema è nata la proposta avanzata dal sindaco di Chiusi dopo lo screening di massa: individuare delle aree attaccate dal virus e dalle varianti, lì vaccinare tutti e osservare-studiare gli effetti del vaccino, le eventuali falle del sistema, la durata dell’immunizzazione ecc. Fare cioè dei test “a campione”. Per accelerare e risparmiare tempo, per poter magari anche modificare i vaccini laddove si verificassero falle o inefficacia.
Ieri sera, durante la trasmissione Otto e 1/2 di Lilli Gruber, anche Massimo Galli, uno dei virologi più ascoltati, ha parlato della necessità di un cambio di strategia e della possibilità di procedere con la vaccinazione di massa, nelle aree focolaio, da farsi “per zone” e non più solo per categorie e fasce di età. In sostanza anche Galli, come aveva fatto Giovanni Rezza del Ministero della Salute, ipotizza questo cambio di paradigma. Che è – come dicevamo – il succo della proposta inviata da Bettollini alla Regione Toscana, al Ministro Speranza e al Cts, non per chiedere una corsia preferenziale, ma per proporsi come modello, come luogo in cui fare un test del genere, insieme ad altre luoghi naturalmente. Questo perché Chiusi ha avuto un forte focolaio, con presenza di varianti del virus e aveva già fatto un buon lavoro con il tracciamento, mettendo in campo un modello organizzativo interessante: sanità pubblica, più istituzioni, più cittadinanza attiva (volontariato, associazionismo ecc.).
Non solo il Cts non ha cestinato la proposta, ma adesso il coro si allarga. Le voci, anche molto autorevoli, che vanno più o meno nella medesima direzione si moltiplicano. Ma mentre alcuni (sopratutto in Lombardia) puntano ad avere la precedenza nella vaccinazione di massa, perché lì è più forte l’attacco del virus e delle varianti, la proposta avanzata da Chiusi di fare dei “test a campione” in particolari aree, non è una fuga in avanti, ma un contributo serio alla strategia di aggressione delle pandemia. Per studiare in fenomeno e gli effetti di esso, i test sono sempre necessari.
m.l.