DELL’INUTILITA’ DEI SUPERLATIVI
Era una notte buia e tempestosa….
E invece no, è una balla.
Era una notte buia e basta, una di quelle notti comuni d’estate dove il caldo e l’afa si fanno sentire anche a mezzanotte, le cicale cantano a squarciagola nonostante l’orario e il gatto dei vicini graffia sulla lettiera di ghiaia per far sentire che esiste.
Ragazzi, il fatto di far sentire agli altri il rumore della propria esistenza è un affare importante per molti , spesso viene sottovalutato e invece anche gli animali, come gli uomini sentono questa necessità.
“Ehi guarda che io esisto! Vicino di casa, collega di lavoro, cassiera del supermercato, impiegato del servizio autostradale a cui pago il pedaggio:
IO E S I S TO!!
Ecco, molti vivono così, con questo imperativo nella testa e per renderlo concreto ne escogitano di tutti i colori.
Macchine costosissime, gioielli preziosissimi, barche lunghissime, hotel lussuosissimi, vestiti fashionissimi, occhiali da sole brillantissimi, patners fighissimi, vacanze in luoghi esoticissimi.
Insomma, chi ha fame si esistenza ha la necessità di riempirsi di superlativi assoluti in lungo e in largo e in ogni dove e allora è un bel casino per davvero, soprattutto per quella parte del genere umano che di superlativi assoluti ne sa fare molto a meno e che ahi noi deve sopportare quelli degli altri.
Il protagonista di questo pseudo racconto si chiama George e già dal nome verrebbe da pensare che faccia parte di quella categoria di persone con l’ ”ISSIMO” stampato sulla fronte.
George è decisamente un nome aristocratico, che fa molto vecchia Inghilterra ma invece,il nostro George di fatto è un semplice impiegato postale, che lavora presso un semplice ufficio, di una semplice provincia, frequentato per lo più da gente semplice.
Tutto è semplice nella sua vita: orari fissi, cucina salutare, sport tre volte a settimana, qualche weekend fuori paese con gli amici di una vita o con i colleghi più affiatati.
Grazie, o a causa del suo lavoro (ognuno è libero di vederla come vuole) egli, osservando gli atteggiamenti delle persone che gli passano di fronte giornalmente, è riuscito ad elaborare una teoria sulle tipologie caratteriali del genere umano facendone una classificazione. Quattro le principali categorie così opportunamente descritte:
Gli educati felici: coloro i quali si approcciano alla vita con il sorriso. Nonostante le avversità e le catastrofi si siano abbattute sul loro percorso lasciando segni permanenti, hanno un approccio positivo alla vita dovuto ad una sorta di sentimentalismo zen che affonda le radici in una solida forma di libero amore genitoriale.
Gli educati infelici: appartengono a questa categoria coloro che non hanno consapevolezza del loro potenziale perchè troppo autocritici con loro stessi. Essi hanno ricevuto un’educazione che ha sempre minato la loro autostima favorendo invece l’ idealizzazione della figura genitoriale. Della serie :”Io sono il Dio che ti ha messo al mondo, tu sei il mio umile servitore, potrai liberarti di me soltanto quando lo dirò io. Cioè mai!”
I maleducati onnipotenti: ovvero coloro i quali hanno avuto un’ educazione decisamente low profile che inneggiava alla prevaricazione sull’altro e che aveva come principio di base:”Più sgomiti più ti sarà concesso”. (Antipatici e insopportabili all’eccesso ma assolutamente innocui).
Gli educati di facciata: i peggio in assoluto della lista. Coloro i quali dicono “grazie” e “mi scusi ogni due parole”ma poi ti rompono le scatole per un’inezia.
Puntualizzano, polemizzano, dichiarano, puniscono e assolvono come se fossero Dio venuto sulla Terra per la seconda volta. I fondatori dell’anno zero (2) la vendetta. Con loro tutto si risolve o si migliora, tutto combacia e tutto ritorna. Hanno la soluzione per ogni cosa, progetto o questione a portata di lingua. Pesi, pesi più del peso del lancio del peso che si faceva alle medie…. Quelli che quando li incontri meglio che cambi strada perchè se no non ne esci.
Sono i vampiri energetici del quotidiano. Quelli per cui George, il nostro George, quando torna a casa si siede esausto sulla poltrona del terrazzo e sussurra al gatto del piano di sotto: ”Birretta?”
George ha scoperto che tra le categorie che è riuscito a profilare Gli educati di facciata generalmente combaciano con gli:”IO ESISTO”. Si sprecano di “ISSIMO”, ”Sono in ritardissimo. Devo fare prestissimo. Ho un progetto bellissimo. Ho un bisogno urgentissimo”. Hanno fame di esistenza, di visibilità, di amore autentico. Per questo fanno rumore.
Sono figli dell’egoismo, del mi è tutto dovuto, del “TU SARAI PADRONE DEL MONDO FIGLIO MIO”.
E nelle notti buie e basta, quando George pensa a questo genere di esseri umani che navigano nel quotidiano come vascelli dalle mete ovvie pensa a quanto tempo stiano sprecando nella pratica della loro auto- affermazione.
Mentre gli appartenenti alle altre categorie si stanno avvicinando, ognuno a suo modo, all’essenza di quella che è la conoscenza di loro stessi, Gli educati di facciata sono lontani anni luce da quel progetto insito in ognuno di noi che consiste nel comprendere chi realmente siamo e cosa vogliamo.
Quella notte George guardava la luna che gli faceva da specchio, la tazzina del caffè ormai finito era poggiata sul tavolo del terrazzo e con la testa si sporgeva dalla balaustra .
“Il nostro essere umani ci conduce oltre il tempo; è la strada da seguire per lasciare una traccia della nostra esistenza”, sussurrò al gatto del piano di sotto, che ascoltando quelle parole smise improvvisamente di grattare sulla ghiaia della lettiera.
Il rumore non serve…. a chi esiste. (E nemmeno i superlativi).
Paola Margheriti
Si può anche fare volentierissimo a meno di tutti.
Degli “issimo” soprattutto.
Cara Lolla, io credo che “aggrapparsi” alle persone sia ciò di più sbagliato che possa esistere. Crea dipendenza , è come tale è nociva!
Ma che scia di benessere ti da la sensazione di condividere con qualcuno qualcosa che si fa con amore .
Non ci credo se dici che faresti volentieri a meno di tutti.
Ma invece questo articolo di Paola è SuperlativISSIMO!
Ciao George , se la gente cambia il suo passo sii flessibile nel cambiare le etichette.
George ringrazia x la puntualizzazione e dice che lo farà!
Per una volta non mi ritrovo nelle parole di Lolla: credo che il massimo per ognuno di noi sarebbe riuscire a prendere quel tanto o anche quell’infinitesimamente poco che ognuno ci può dare. Poi è vero che si può anche fare a meno di tutti, è spesso il primo pensiero è app o quasi ma quello e apparentemente il più facile, ma è il segno della sconfitta del vivere sociale.