TRIBUTO POSTUMO A LUCIANO PELLICANI E AL SUO SOCIALISMO LIBERTARIO

lunedì 13th, aprile 2020 / 15:52
TRIBUTO POSTUMO A LUCIANO PELLICANI E AL SUO SOCIALISMO LIBERTARIO
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Sabato scorso è morto a Roma Luciano Pellicani. Chi se lo  ricorda? Chi ha più o meno la mia età, alla notizia avrà avuto un sussulto. Chi era ‘sto Pellicani? Sì, perché il nome negli anni ’70 era in voga. Poi se ne son perse le tracce. E il nome si è perso nelle nebbie del tempo… Eppure era una delle menti più lucide della sinistra. Soprattutto di quella sinistra radicale, libertaria, socialista, che non era non comunista. E negli anni in cui l’egemonia culturale ce l’aveva il Pci (non solo nei giornali, ma anche nella letteratura, nel cinema e nell’arte e perfino nella musica)Pellicani era una mosca bianca. Che però riuscì a porre sul tappeto questioni fondamentali. Ed è un peccato che poi la sua analisi sia andata disattesa se non irrisa, come molte altre. Era un giornalista, sociologo e docente universitario e nel 1978, qualche mese dopo l’uccisione di Moro, con il Pci e il Psi che si erano fronteggiati e osteggiati sulla questione della “fermezza” o della “trattativa” con i brigatisti, l’Espresso, il settimanale della sinistra “radical” pubblicò un saggio intitolato “Il Vangelo Socialista”, firmato dall’allora segretario del Psi Bettino Craxi, su Proudhon, il protosocialista francese, che riportava in auge un socialismo antiscientifico, libertario, e non violento che rompeva con il comunismo di tradizione marxista e leninista ed apriva la strada a un socialismo liberale e riformista della tradizione Turati- Matteotti- Rosselli. E appunto Proudhon.

Noi che nel 1978 avevamo vent’anni e poco più discutemmo molto quella tesi. E non ci piaceva. Non ci piaceva soprattutto perché l’aveva proposta Bettino Craxi che per noi era un macigno inderigeribile.

In realtà colui che aveva ispirato quella “svolta” era stato Luciano Pellicani che dalle colonne della storica rivista socialista “Mondoperaio” insieme a Norberto Bobbio erano anni che lavorava e disquisiva sul socialismo libertario, rispetto a quello di stampo comunista… E soprattutto rispetto al socialismo totalitario.

Oggi, a distanza di tanti anni lo posso anche dire: all’epoca eravamo tutti contro la svolta proudhoniana, ma quel’idea di socialismo libertario, non dogmatico, e non legato alle previsioni errate sulla fine del capitalismo, non ci dispiacevano affatto.

Non ci piacque – ed eravamo contro per questo, noi giovani comunisti  – l’uso che Craxi e il craxismo rampante fecero di quelle teorie in funzione anticomunista, anti Berlinguer per intenderci…  Ci sembrò un’escamotage di bassa lega per uscire da un’impasse e conquistare un quarto d’ora di audience e qualche consenso a buon mercato in un mondo che aveva appena vissuto il ’77  carrarmati per le strade a Bologna e che vedeva nel Pci un “puntello del potere costituito”.

Ma Luciano Pellicani non aveva tutti i torti.

E, apprendendo la notizia che se n’è andato alla soglia degli 80 anni, a me personalmente viene da pensare anche ad un altro aspetto della figura di Pellicani. Che è un merito, non comune a quell’epoca e tra i suoi prossimi:  il merito di non cavalcare mai il successo del nuovo socialismo, di non chiedere prebende e posti nel potere socialista, preferendo rimanere fedele alle proprie idee rigorose nella stagione in cui molti profittavano dei successi del craxismo.

Essere di sinistra non significa essere per forza comunisti. Oggi più che mai, con le incognite del dopo emergenza coronavirus (ammesso che l’emergenza venga superata) sul piano economico e sociale, con il sistema capitalistico e liberista che sta facendo acqua da tutte le parti, forse servirà qualche iniezione di socialismo, qualche pillola di libertarismo e di egualitarismo non dogmatico, non coercitivo per uscire dalla malattia.. Le analisi di Luciano Pellicani forse possono tornare utili, anche se son passati 40 anni.

Ti sia lieve la terra, compagno!

Marco Lorenzoni

 

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