CITTA’ DELLA PIEVE, POLEMICHE SULLA RIAPERTURA DEL MERCATO ALIMENTARE. E ANCHE SU NUOVI TAGLI AL PERSONALE SANITARIO NEL COMPRENSORIO

venerdì 17th, aprile 2020 / 16:26
CITTA’ DELLA PIEVE, POLEMICHE SULLA RIAPERTURA DEL MERCATO ALIMENTARE. E ANCHE SU NUOVI TAGLI AL PERSONALE SANITARIO NEL COMPRENSORIO
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CITTA’ DELLA PIEVE – La morsa del virus si allenta in tutta la zona (salvo il caso drammatico della Rsa comunale di Sarteano, dove i morti sono arrivati a 8 e i contagi a 40); la curva dei casi positivi al covid viaggia intorno alla zero praticamente in tutti i comuni di qua e di là del fosso. I sindaci stessi cominciano a respirare e a mostrare facce men tirate. Qua e là partono anche i primi segnali d “ripartenza”: la Toscana ha autorizzato la cura degli orti e degli animali, consentendo anche di “sconfinare” se l’orto è ubicato in altro comune. L’Umbria no, ma c’è chi chiede analogo provvedimento. Intanto a Città della Pieve però il comune ri-autorizza il mercato alimentare. Suscitando non poche polemiche sui social. E anche in Consiglio Comunale. Nell’ultima seduta svoltasi “in videoconferenza”, il gruppo di minoranza si è astenuto sull’approvazione del bilancio “ in considerazione della urgenza di dotare, in periodo di crisi, l’Amministrazione comunale di piena operatività e disponibilità di fondi”, ma ha presentato una mozione piuttosto articolata  nella quale, a proposito del mercato, scrive: “Se da una parte si è giustamente presa in considerazione la proposta sollecitata da operatori del commercio e in particolare da Confcommercio Umbria, di agevolare la vendita e fornitura di prodotti consentiti con diretta consegna a domicilio, dall’altra si aprono improvvisamente mercati cittadini, che in buona parte dovrebbero vendere gli stessi prodotti. Una illogicità che crea confusione e mette in pericolo gli sforzi di contenimento dei contatti. Centinaia di persone, in questa maniera, si potranno recare presso i mercati, anche solo per incontrarsi, mettendo sotto pressione le forze di polizia e protezione civile, per acquistare ciò che si trova normalmente negli esercizi aperti o che può essere consegnato a domicilio. Non si comprende la logica che ha animato questo provvedimento, ma che sembra in linea con quelle che provengono da Regioni del nord, in maniera quanto meno discutibile”.

Insomma l’opposizione di sinistra teme che il mercato alimentare – se non altro per la voglia della gente di uscire di casa – possa creare nuovi assembramenti vanificando gli sforzi fatti fin qui suo distanziamento sociale e si chiede quale sia la logica di tale provvedimento, adombrando il sospetto che lo stesso sia una trasposizione in chiave locale della “linea lombarda” (quella della riapertura, propugnata soprattutto dai vertici leghisti della Regione Lombardia). Detto in soldoni, che Risini & C. si siano piegati ad una “direttiva” dei vertici del partito di riferimento della nuova maggioranza pievese. Ovvero il partito di Salvini, Gallera e Fontana. E di Briziarelli.

La nota del gruppo Città della Pieve in Comune non lo dice espressamente, ma questo sembra essere il senso del paragrafo finale. E  alcuni commenti un po’ stizziti apparsi sui social all’indirizzo della capogruppo Simona Fabbrizzi, confermerebbero il sospetto.

Sempre nella città del Perugino, però, si riapre un vecchio fronte. Il Comitato per il Diritto alla Salute, che si è battuto per la riapertura del Pronto Soccorso torna a denunciare carenze nella sanità umbra e in particolare nella zona del Trasimeno, in seguito all’esplosione dell’emergenza Covid 19.

Nello specifico, il comitato denuncia “la drastica riduzione dell’organico dei reparti di anestesiologia e radiologia dell’area del Trasimeno. Ci risulta – scrive il Comitato – che cinque anestesisti su sette siano stati trasferiti a Città di Castello in virtù dell’emergenza Covid-19 e che cinque radiologi su sette prenderanno servizio in altre strutture a seguito di richieste di trasferimento. Ci risulta peraltro che, a seguito di un concorso espletato dalla Asl per sopperire alla migrazione, i candidati selezionati abbiano rifiutato l’assunzione perché non hanno ritenuto vantaggiosa la sede. Tra le altre motivazioni, un eccessivo numero di turni di reperibilità in orari notturni e festivi, e una operatività complessa in quanto frazionata in più punti”.

L’analisi del Comitato è spietata: “Ciò significa – si legge nella nota diffusa questa mattina – che l’area del Trasimeno Pievese e Alto Orvietano ma anche Media Valle del Tevere – destinato al Covid-19 e dunque non funzionale alla sanità ordinaria- oggi dispone di due radiologi e due anestesisti. Tradotto in numeri, su un totale di circa 120.000 abitanti, il rapporto è di circa uno 0,5 radiologo e anestesista per 30.000 abitanti. Non che prima la situazione fosse equa. Il rapporto, precedente a migrazione e trasferimento, era di 1 radiologo ogni 5.000 abitanti nell’area Nord dell’Umbria e di uno ogni 10.000 abitanti nell’area del Trasimeno. Quanto è giustificabile la migrazione di cinque anestesisti del Trasimeno? Non ci risulta una delibera o un comunicato ufficiale in merito. Desumiamo pertanto che sia stata emessa un’ordinanza di servizio che, come tale, non è reperibile in quanto non pubblica. Di conseguenza non solo non è possibile verificare i criteri del”operazione ma è evidente che è venuta a mancare la correttezza di informare la popolazione, nonostante il Piano Pandemico contenente le direttive dell’OMS, e adottato dalla Regione Umbria, preveda la comunicazione/informazione alla popolazione. Per quanto riguarda la radiologia, sebbene sia stato indetto un concorso per nuove assunzioni, questa non era, e non è, l’unica soluzione possibile, sopratutto se fallimentare. Fermo restando che se operatori del mondo sanitario non ritengono appetibili le sedi di Castiglione del Lago e Città della Pieve è necessario agire in merito, il principio di equità di accesso alle cure del sistema sanitario nazionale impone la necessità di ri-distribuire la forza lavoro sull’intero territorio nel rispetto del diritto alla salute di tutti i cittadini umbri. Se è vero che l’emergenza Covid comporta una riduzione dell’attività sanitaria ordinaria è anche vero che esistono altre patologie non connesse al Covid che non sono differibili come cardiopatia, diabete, oncologia, terapia del dolore, per citarne alcune (e per non citare le emergenze-urgenze) e che necessitano di strutture Covid-free e di personale. Con riferimento alla radiologia, se tutto va bene (ed è ironico) è, e sarà possibile, effettuare solo due turni giornalieri in un solo ospedale. Per quanto riguarda invece la migrazione degli anestesisti, sarà forse possibile effettuare un’unica seduta TAC (con mdc) a settimana”.

 “È equo tutto questo?” si chiede il Comitato. La risposta è NO, “in quanto non tutela il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione italiana per il quale, ribadiamo nel caso sia sfuggito, che La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. E allora chi ha disposto tali, scriteriate misure in un territorio già fortemente penalizzato? Un’area in cui la scelleratezza dei decisori pubblici e l’assenza di una politica sanitaria fondata sul principio di equità (ma anche di semplice buon senso) hanno prodotto una totale inadeguatezza delle strutture sanitarie esistenti e ridotto drasticamente il numero dei posti letto”?

Non finisce qui il j’accuse del Comitato, che intravede problemi anche in prospettiva, cioè anche nella fase post emergenza: “Se la Asl Umbria 2 (numero abitanti 379.829) può contare su un totale di circa 900 posti letto, la Asl 1 (numero abitanti 501.186), attualmente, ne conta circa 650. Dal punto di vista delle strutture, il presidio di Castiglione del Lago e la struttura di Città della Pieve (sede, quest’ultima, di RSA), i cui lavori di presunta ristrutturazione vanno avanti a singhiozzo dal 2017,e che al momento sono nuovamente fermi, erano già motivo di forte preoccupazione prima, figuriamoci ora che qualcuno ha deciso un ulteriore taglio dei servizi. E cosa succederà nell’immediata post-emergenza o fase 2? Quando cioè i numeri del Covid-19 lo consentiranno e bisognerà ripristinare l’attività sanitaria ordinaria pur mantenendo alto il livello di allerta per evitare un ritorno del contagio nelle sue forme più devastanti, come si penserà di ovviare a: 

  • sovraffollamento di richieste di attuazioni che graveranno sulla cronicità del problema delle liste di attesa e sui tempi attuativi stessi;
  • un obbligo di spostamento soprattutto dal territorio del Trasimeno Pievese, in quanto le strutture esistenti ( in corso d’opera ad infinitum) non consentono una pluralità di esami o di interventi, aggravato da una inadeguatezza di infrastrutture (rete viaria e ferroviaria, trasporti pubblici);
  • una ulteriore riduzione del personale medico e sanitario, già allo stremo delle forze, che dovrà beneficiare di un periodo di meritato riposo;
  • la drastica riduzione di personale specializzato, come nel caso del Trasimeno. 

In conclusione, il Comitato pievese invita (intima?) la Regione a prendere idonee iniziative per evitare un crollo ulteriore ma prevedibilissimo che potrebbe creare un’emergenza nell’emergenza, causa taglio del personale anestesiologico e radiologico del territorio del Trasimeno. Alla Regione, in particolare il Comitato chiede di “redigere sin da ora un piano di azione che includa una corretta strategia di assunzioni di personale medico, infermieristico e sanitario; l’attuazione di politica sanitaria che garantisca una distribuzione uniforme delle strutture e del personale sanitario nel territorio, affinché tutti possano accedere al sistema sanitario pubblico senza distinzione, nella tutela del diritto alla salute sancito nell’articolo 32 della Costituzione italiana”. 

Vedremo se il “manico” della sanità umbra in salsa veneta risponderà e in che maniera alla sollecitazione. Per ora l’andazzo sembra essere esattamente uguale a quello precedente. Magari è solo un’impressione. O forse no.

 

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