LA TRAGEDIA DEGLI ANZIANI NELLE CASE DI RIPOSO: IL CASO LOMBARDIA MA NON SOLO. COMMISSARIATA LA RSA DI SARTEANO, TRASBORDO DI DEGENTI

venerdì 17th, aprile 2020 / 12:20
LA TRAGEDIA DEGLI ANZIANI NELLE CASE DI RIPOSO: IL CASO LOMBARDIA MA NON SOLO. COMMISSARIATA LA RSA DI SARTEANO, TRASBORDO DI DEGENTI
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“In Lombardia le direttive nazionali per tutelare gli anziani, individuati subito come i soggetti più fragili davanti all’aggressione del Covid 19, sono state applicate in gravissimo ritardo e senza controlli. Davanti all’assalto del morbo, la Regione ha scelto di liberare gli ospedali dai casi meno gravi spostandoli nelle case di cura della terza età. Senza preoccuparsi neppure di verificare se i padiglioni dove venivano trasferiti i contagiati fossero veramente isolati dalle camere dei residenti. Senza nemmeno fornire protezioni adeguate a medici e infermieri o effettuare tamponi. Una negligenza nefasta, che ha ignorato ogni principio di precauzione proprio mentre il coronavirus dimostrava tutta la sua forza. Così si legge in un articolo di Luciano Foschini e Gianluca De Feo su La Repubblica, a seguito dell’ispezione ministeriale avvenuta con l’ausilio dei NAS dei Carabinieri, nelle Rsa lombarde.Secondo i due giornalisti, la Regione Lombardia “ha sostanzialmente violato le regole dettate dal governo sin dalla fine di febbraio“. E a conferma di questa affermazione l’articolo riporta anche una sottolineatura del sottosegretario Sandra Zampa fatta a Radio Capital: «Di certo le disposizioni che erano state date a tutti con una circolare prevedevano, non soltanto per la Lombardia, ma per tutte le Rsa, che non entrassero dall’esterno possibili soggetti contagiati e quindi possibili diffusori del virus».

Invece cosa è successo?

E’ successo che – scrivono De Feo e Foschini – “dall’8 marzo l’assessorato di Giulio Gallera ha avviato un’operazione in grande stile per svuotare le corsie degli ospedali travolti dall’epidemia. Bisognava trovare posti per le vittime del Covid 19 che avevano superato la fase critica ma dovevano ricevere ancora assistenza costante. O per altri ricoverati che non risultavano positivi, ma erano rimasti comunque a lungo esposti nei nosocomi investiti dal morbo. Nel sistema sanitario lombardo creato nei diciotto anni di potere di Roberto Formigoni però le capacità della sanità pubblica sono state drasticamente ridimensionate. E così ci si è rivolti ai privati: alle case di cura per anziani, che avevano personale medico e spazi disponibili. Ben 15 hanno cominciato a ricevere questi pazienti, in cambio di una retta giornaliera vicina ai 250 euro. Il peccato originale del metodo formigoniano ha lasciato la giunta regionale senza alternative che mettersi completamente nelle mani dei privati. Strutture che avrebbero dovuto garantire accoglienza ermeticamente separata, dotando dottori e infermieri di maschere e guanti per tenere lontano il morbo. Nessuno ha verificato che fosse realmente così. L’emergenza ha imposto una rapidità cieca: in pratica, bastava una sorta di autocertificazione e le porte delle Rsa venivano aperte ai nuovi ingressi, contagiati inclusi. Porte che invece il governo già da giorni aveva decretato di tenere serrate. La regia degli spostamenti è stata affidata al Pio Albergo Trivulzio, incaricato di fare da centrale di smistamento e tra i primi ad accogliere i pazienti provenienti dagli ospedali”.

Adesso il Direttore Generale del Pio Albergo, Calicchio e altri dirigenti sono indagati per “epidemia e omicidio colposi”.

La Regione si sarebbe preoccupata di fornire indicazioni più rigorose, ma solo con una seconda deliberazione, alcune settimane dopo, quando i trasferimenti erano già cominciati. Sempre però senza procedere ad alcun accertamento. “Saranno le inchieste a determinare quanto la carenza di controlli abbia incentivato la diffusione del male. Di sicuro, il bilancio dell’epidemia nelle Rsa lombarde è devastante.

I dati ufficiali dell’Istituto superiore della sanità dicono che nelle residenze per anziani della Lombardia ci sono stati 1.822 i decessi dall’inizio dell’epidemia alla settimana scorsa.  Al Trivulzio 143 a partire dai primi giorni di marzo. Secondo l’Iss sono in totale 3.859 i decessi per Covid-19 nelle Rsa italiane, il 40% fra il 16 e il 31 marzo 2020.

Ma non tutte le Rsa italiane sono censite nell’Osservatorio dell’ISS. Nell’elenco figurano 2.400 strutture. Ma per la Lombardia – ad esempio – sono incluse 164 strutture su 677, il 24,2%. Quindi il censimento è parziale. I numeri effettivi dei morti sono più alti. Basti pensare che il Trivulzio, la fondazione Don Gnocchi, e le Rsa della Bergamasca contano da sole circa 1.800 decessi: gli stessi che per l’Iss si registrano in tutta la Lombardia. Nella Rsa di Mediglia a 20 km da Milano sono morti 74 pazienti su 150. Praticamente il 50%. Sempre per rimanere nella Regione più colpita sui 1.822 morti, 934 – in pratica più di uno su due (il 51,3%) – sono decessi di pazienti con sintomi compatibili (simil-influenzali) o Covid positivi. La positività, però, è stata certificata con tampone solo in 60 casi.

Insomma la strage degli anziani rischia di avere numeri molto superiori a quelli diffusi fino ad ora, scrivono quasi tutti i giornali. Per il sistema sanitario lombardo è una debacle epocale. L’epidemia ha scoperchiato una pentola piena di buchi. E la fretta e il battage della dirigenza regionale lombarda per riaprire le attività il 4 maggio, sembra quasi un modo disperato per parlare d’altro, per spostare l’attenzione da quella che è a tutti gli effetti una ecatombe. Per la classe politica lombarda – lo abbiamo già scritto e lo ripetiamo – questa vicenda può trasformarsi in una sorta di processo di Norimberga. Che poi potrebbe allargarsi…

Perché i il problema delle morti da Covid 19 nelle Rsa non riguarda solo la Lombardia dove sono in corso inchieste e ispezioni in varie province, ma anche altre zone d’Italia. Ci sono stati decessi anche in Emilia (350) in Toscana (70), Campania (15), Friuli, (90) Veneto  (700)…

Nella Rsa comunale di Sarteano, il numero dei morti sale a 8. L’ultimo è avvenuto ieri, è un anziano di 87 anni di Chiusi, residente nella struttura. 

La Regione Toscana ha iniziato a commissariare le gestioni di Rsa non in grado di affrontare la lunga fase di emergenza. Anche quella di Sarteano è passata sotto la gestione “commissariale” della Asl.

Adesso gli ospiti della residenza sanitaria sarteanese che sono negativi verranno trasferiti, forse nella moderna struttura della Misericordia locale. O in altre Rsa pubbliche presenti nel territorio (quella di Chiusi-Cetona, per esempio. Ovviamente se ci saranno posti disponibili).

La Rsa comunale ex ONPI investita dal virus diventerà invece il polo dove troveranno spazio gli anziani positivi al Covid-19 non solo del Senese ma anche delle altre due province dell’Asl Toscana Sud-Est, vale a dire Arezzo e Grosseto.

Così il direttore generale della Asl Toscana Sud Est D’Urso spiega la situazione: “Secondo quanto concordato con il sindaco la Rsa di Sarteano, in questa fase di emergenza, sarà interamente dedicata all’accoglienza e alla cura degli ospiti positivi al Covid-19 provenienti dal territorio aziendale. Al contempo – prosegue il direttore generale – l’Azienda Usl Toscana Sud Est subentrerà nella gestione sanitaria attuando, così come definiti dalla Regione Toscana, livelli di cura previsti per le cure intermedie”.

La speranza di tutti è che non diventi una sorta d lazzaretto. 

Come è già successo a Lucca e Prato (e in Lombardia e in altre regioni) non è escluso che anche anche sulla Rsa comunale di Sarteano apra un fascicolo la Procura di Siena. Come atto dovuto, dato il numero di decessi. Il che non significa che ci siano state negligenze o responsabilità specifiche nella gestione, nell’organizzazione e nell’operatività quotidiana, ma la situazione della struttura sarteanese in questione è oggettivamente anomala rispetto a tutte le altre Rsa pubbliche e private del territorio e andrà chiarito quale sia stato il fattore scatenante del contagio. Se non altro per circoscrivere al meglio la diffusione. Cosa che già si sta facendo peraltro.

La Rsa ex Onpi di Sarteano si sta configurando come il “focolaio” covid più rilevante di tutta la provincia di Siena e uno dei più rilevanti nell’area della Asl sud est. Senza i circa 40 casi positivi e gli 8 decessi registrati tra gli ospiti della struttura, tutta la Valdichiana e i comuni limitrofi dell’Umbria sarebbero da una decina di giorni abbondanti vicinissimi alla soglia dello zero riguardo a nuovi contagi. Un trend positivo che fa ben sperare per le prossime settimane. Naturalmente ferme restando tutte le misure di contenimento fin qui adottate. A conferma che il quadro volga verso tempi migliori, anche l’annuncio del sindaco di Chiusi che nella diretta che farà oggi pomeriggio, comincerà a parlare anche della fase 2, della possibile “ripartenza”. Finora non aveva mai voluto farlo, per concentrare lo sforzo sull’emergenza. Evidentemente l’acqua in casa sta piano piano scemando…

m.l.

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