CASO ACEA, QUEL “BUCO” NELLA RELAZIONE FINALE DELL’INCHIESTA PUBBLICA… ORA IL COMUNE METTA TUTTI INTORNO AD UN TAVOLO

lunedì 13th, gennaio 2020 / 11:48
CASO ACEA, QUEL “BUCO” NELLA RELAZIONE FINALE DELL’INCHIESTA PUBBLICA…  ORA IL COMUNE METTA TUTTI INTORNO AD UN TAVOLO
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CHIUSI – Sabato scorso in un Teatro Mascagni meno gremito del solito è andato in scena l’ultimo atto ufficiale dell’Inchiesta Pubblica regionale sul progetto Acea. Ovvero la lettura della relazione finale da parte del presidente Alessandro Franchi.

Si è trattato di un atto dovuto, anche se ormai del tutto ininfluente ai fini dell’esito della vicenda. L’Inchiesta infatti doveva aiutare  la Regione nella decisione circa la Valutazione di Impatto Ambientale dell’impianto proposto, ma come è noto il progetto è stato ritirato dalla ditta proponente e la Regione ha già bloccato e archiviato il procedimento autorizzativo.

Quindi la relazione Franchi, prevista per l’11 gennaio già dalla fine di novembre, arriva, come si suol dire “dopo i fuochi”. In ogni caso la relazione, così come tutti i verbali e le registrazioni delle varie sedute dell’Inchiesta pubblica, come tutte le osservazioni, i pareri di merito, le prescrizioni ecc. rimarrà agli atti e a futura memoria.

Il presidente Franchi ha tenuto a precisare che la relazione è stata redatta (con i due commissari a latere) come se il procedimento non fosse stato sospeso e archiviato, ma fosse ancora in piedi, “perché non  si poteva fare diversamente”. Il testo che sarà inviato alla Regione entro il 14 gennaio, ripercorre tutta la discussione che è avvenuta nelle 14 ore di “dibattimento”, con la sintesi non troppo sintetica dei 31 interventi registrati e anche delle 23 “memorie scritte” lasciate agli atti, oltre naturalmente alla documentazione, alle risposte e alle relazioni dell’impresa proponente.

Dalla relazione Franchi, suddivisa per capitoli (aspetti economico sociali, aspetti tecnico-progettuali, aspetti ambientali e procedurali), emerge chiaramente che il progetto presentato da Acea Ambiente ha trovato precise, puntuali e puntigliose contestazioni su tutti i versanti, da parte dei comitati contrari all’impianto e di molti intervenuti. Ed emerge anche che le risposte o rassicurazioni del proponente sono risultate in più frangenti lacunose, insufficienti o poco chiare. Così come allo stesso tempo emerge che molti dei rilievi critici avanzati dai Comitati erano già presenti in alcuni pareri o osservazioni dei vari enti preposti alle valutazioni di merito (Arpat, Asl ecc..).

In sostanza la relazione spiega abbastanza chiaramente che il progetto Acea, non ha convinto nessuno. Per molti aspetti: dal carattere sperimentale della tecnologia prevista, ai dubbi sul brevetto e sulle possibili emissioni, fino alle caratteristiche specifiche sia dei fanghi in entrata, che del prodotto finito che avrebbe dovuto uscire dal processo di trattamento e trasformazione.

Non si sa se in Regione qualcuno leggerà mai la relazione Franchi, dato che la questione è chiusa e non servono ulteriori passaggi formali.

Però,come dicevamo,la relazione e tutti gli altri materiali dell’Inchiesta Pubblica rimarranno agli atti e potrebbero tornare utili qualora in un qualsiasi altro comune della Toscana si presentasse una situazione simile.

Così come a Chiusi, durante l’Inchiesta si è fatto più volte riferimento alla vicenda di Piombino, così, prossimamente, altri potranno far riferimento a quanto è avvenuto a a Chiusi.

Ma proprio per questo aspetto, anche la relazione una lacuna (non irrilevante) ce l’ha. E’ vero che evidenzia i tanti rilievi critici mossi dai Comitati, ma non sottolinea in modo chiaro l’aspetto che a nostro avviso è stato decisivo ed ha influito più di ogni altro sulla decisione di Acea Ambiente di ritirare il progetto: la grande partecipazione popolare e il clima di contestazione generale, di ostilità della popolazione. Clima che si è palesato molto chiaramente durante tutte le sedute dell’Inchiesta al Mascagni, con i fischi, i mormorii, gli applausi scroscianti ai tecnici dei comitato e quelli scarcastici all’indirizzo dei tecnici di Acea o degli amministratori locali…  Cosa che è successa anche sabato scorso quando il sindaco e l’assessore Marchini, ad un certo punto, hanno lasciato la sala per andare a presenziare ad una inaugurazione.

Non si sta in paradiso a dispetto dei santi, Acea ha capito, dopo le tre sedute dell’Inchiesta, che forse dal punto di vista tecnico con nuove e più precise integrazioni progettuali avrebbe anche potuto spuntarla, (non senza fatica e spese aggiuntive), ma non avrebbe mai convinto la popolazione che il progetto era cosa buona e giusta. Ha capito che insistere sarebbe stato come assumere il ruolo di un esercito di occupazione, malvisto e osteggiato. E, si sa, le occupazioni militari generano sempre prima sacche di resistenza, poi di guerriglia, infine vere e proprie insurrezioni o rivoluzioni. Da qui la decisione saggia di soprassedere.

Ecco, questo aspetto nella relazione noi non l’abbiamo colto. E ci sembra una lacuna pesante. Perché chiunque leggerà quel documento potrebbe avere una percezione parziale e non del tutto chiara di quanto è avvenuto a Chiusi. Ci stupisce che i due commissari di parte (Vitolo per Acea e Casucci per i Comitati) non abbiano sentito – per ragioni diverse e opposte – l’esigenza di sottolineare al di là di tutto il resto il clima che si è respirato durante tutta la partita.

Una partita, quella del carbonizzatore, che dunque è chiusa.

Restano aperte quella relativa all’ammodernamento del depuratore ex Bioecologia e quella della destinazione degli 8 ettari dell’area ex Centro Carni su cui Acea avrebbe voluto costruire il suo impianto.

Il Comune con due lettere – una del 27 novembre e una del 2 dicembre – nelle quali evidenzia il clima di ostilità e di forte contrapposizione che si era creato (altro motivo per cui sarebbe stato importante notarlo anche nella relazione finale) ha proposto ad Acea di destinare l’area a grande parco energetico Fotovoltaico. Il Partito Comunista della Valdichiana ha invece proposto un “Digestore anaerobico” sempre per il trattamento dei fanghi di depurazione. Altre proposte arriveranno. Ovvio che trattasi di zona industriale (con obbligo di Piano di realizzare anche commerciale e direzionale) e quindi non si potranno proporre campi di margherite o piste di pattinaggio…

Approvando la Variante al Piano Operativo che fissa criteri ancora più stringenti e più chiari rispetto all’atto di Governo del 2018,rispetto all’insediamento di attività insalubri, il sindaco ha definito il provvedimento approvato dal Consiglio Comunale una “provocazione” per invitare la Regione a predisporre una sorta di Piano regolatore degli impianti per il trattamento dei rifiuti, in modo che le amministrazioni locali non siano lasciate sole e non debbano trovarsi di fronte a situazioni come quella che si è registrata a Chiusi con il progetto Acea., individuando le aree in cui certi impianti si possono fare.

Sabato scorso, dopo la relazione Franchi, il referente dei Comitati Romano Romanini ha ripreso la “provocazione” del sindaco Bettollini  facendo notare che la Regione sulla questione rifiuti ha poteri straordinari che possono travalicare anche i divieti o le norme comunali e che nel Piano Rifiuti, la Regione una indicazione già la fornisce quando dice che “riguardo al trattamento dei rifiuti si deve evitare il più possibile che i rifiuti debbano essere trasportati lontano dal luogo di produzione”. Siccome la maggior parte dei fanghi di depurazione (70%) viene prodotta nell’area metropolitana (Firenze-Prato-Pistoia) e nella costa (Livorno, Pisa, Lucca, Massa e Carrara) e solo il 30% nell’Ato Toscana Sud (Siena Arezzo, Grosseto), secondo Romanini questo vuol dire, per esempio, che non era certo Chiusi il luogo adatto per il progetto Acea.

Bene, ma a Romanini che durante una seduta dell’Inchiesta Pubblica, tuonò “deve essere chiaro che noi questo impianto non lo vogliamo, né così come è stato proposto e neanche se fosse più piccolo o medio”, viene spontaneo chiedere, ma se Acea o qualcun altro proponesse adesso un  impianto solo per i fanghi provenienti dalle province di Siena, Arezzo e Grosseto andrebbe bene? Oppure: se questi impianti cozzano con le vocazioni del territorio, i fanghi dell’Ato Toscana Sud dove li mandiamo?

Così come il problema del che fare nell’area ex centro carni, resta aperto e sul tappeto anche quello del che fare dei fanghi di depurazione, compresi i fanghi prodotti dai depuratori di Chiusi, quello delle Torri e quello ex Bioecologia naturalmente.

La Regione ha archiviato la questione carbonizzatore idrotermale. Adesso va archiviata anche a Chiusi. E va trovato un modo, secondo noi, per smaltire oltre i fanghi, anche le “scorie” sociali, politiche e umane che questa vicenda ha lasciato sul terreno.

Una sorta di “Conferenza di pace” dove si parli anche del futuro e dei problemi rimasti aperti, ci sembra doverosa. Ma anche utile, necessaria. A nostro parere – come abbiamo già scritto in altri articoli – dovrebbe essere il Comune a convocarla. Perché dovrebbe essere una iniziativa istituzionale, per chiudere un capitolo e aprirne un altro. E il Comune è la casa di tutti, non uno degli attori in campo…

m.l.

 

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