LA CRISI DI GOVERNO VISTA DAI MEDIA: BOOM DELLE MARATONE TV, LA LATITANZA DELLA RAI
di Maurizio Boldrini
La crisi di Governo ha appassionato quanto o più del calciomercato. Non è cosa di poco conto. Al racconto che ne è stato fatto dai media tradizionali – televisione, giornali di carta e on line, radio- si è aggiunto un confronto serrato sui social. Sono stati usati, nel raccontare questa crisi estiva, toni e stili diversi. Ci sono state testate e reti che hanno colto con immediatezza l’interesse della crisi e l’hanno seguita con un’attenzione; ci sono state reti, come la Rai, che per diversi motivi hanno rinunciato a svolgere quel ruolo pubblico nell’informazione.
Non è stato, perciò, formale il saluto che il presidente Sergio Mattarella rivolto ai giornalisti: “Per me per me è stato di grande interesse leggere ogni mattina, sui giornali stampati oppure online, o ascoltare la sera in tv, le cronache e le interpretazioni dei fatti da diversi punti di vista. Questo confronto tra prospettive differenti, opinioni diverse e diverse valutazioni, è prezioso per me come, come per chiunque. E, ancora una volta, rileva l’importanza e il valore della libertà di stampa“.
Come lui, milioni d’italiani hanno seguito questo confronto tra prospettive differenti e non hanno avuto, una volta tanto, fastidio di vedere il grande spazio che i media stavano dedicando alla politica. E proprio nel pieno della crisi, molti commentatori hanno notato questa differenza negli atteggiamenti dei media, a partire dalla televisione. La crisi di ferragosto che ha fatto così male a Matteo Salvini, è stata un’inaspettata manna che ha risollevato le sorti di una sonnecchiante stagione televisiva, dominata dalle repliche e dallo sport.
C’erano i presupposti perché questa crisi politica diventasse il terreno prediletto dai media per rimpinguare i palinsesti. Il modo stesso in cui era stata annunciata aveva creato un esteso sistema di attese. La spettacolarizzazione, in genere creata ad arte dagli spin-doctor, questa volta, era già compresa nella sceneggiatura della crisi: l’uomo forte che d’improvviso molla e mostra appieno le sue debolezze; i leader deboli che rialzano la testa; gli amori politici che finiscono come se fossero storie da rotocalchi patinati. Ah, fosse sempre così la politica tornerebbe a guadagnar punti nell’agenda dei media.
Il telespettatore si appassiona, si schiera, si sintonizza sulle reti televisive fino a nevrotizzarsi. Si sopportano anche i commentatori che devono, gioco forza, straparlare in attesa che accada qualcosa. E mentre guarda e ascolta, posta i propri dubbi e le proprie speranze sui social: critiche a questo o quel leder, a questa o quella possibilità. Governo nuovo no, governo nuovo ni, governo nuovo sì.
Da un lato si ripete uno schema ben conosciuto: nell’arena scendono campioni che avevano ” appese le scarpe al chiodo”; combattono i campioni e i gregari; si duella con correttezza o si tirano colpi bassi. Nel grande match televisivo. Anni fa, Omar Calabrese aveva descritto i riti della nascente Seconda Repubblica in un pamphlet nel quale sosteneva che lo spettacolo della politica in televisione si fosse ridotto a un combattimento di box.
Da un altro lato occorre annotare con prontezza il modificarsi di alcune delle forme con le quali la politica è stata raccontata dai media. I narranti sapevano che a vederli, ad ascoltarli, a seguirli c’erano vere e proprie tifoserie; gruppi di cittadini che si erano formati nel corso di quest’ultimo anno. Una sorta di automatica spartizione dei popoli. Un anno che aveva portato con sé divisioni e lacerazioni così profonde da intaccare lo stesso tessuto culturale e morale. Cioè il pubblico non assisteva passivo allo spettacolo della politica poiché si sentiva parte in causa. Questa partecipazione, nuova e diversa, non andrebbe dilapidata da parte dei protagonisti perché potrebbe esser il lievito per cambiamenti che non si fermino ad accordi di vertice.
Nota Aldo Grasso, sul Corriere del primo settembre: ” La crisi di governo viene vissuta dai media come se fosse un grande evento sportivo, una storia piena di tatticismi cui tutti pretendono di dare un suggerimento. L’incremento nel consumo di televisione- che solitamente parte a settembre- è stato perciò anticipato, specie per il day-time. Dal 20 agosto – il fatidico giorno del dibattito al Senato – grande attenzione per le reti all news e, fra le generaliste, per La7, che ha coperto la crisi con tg, con le “Maratone Mentana” con “In Onda”. E i dati dimostrano la giustezza di questa considerazione: le trasmissioni di Mentana, fra il 20 e il 28 agosto, raccolgono circa un milione di telespettatori, con uno share alto, molto alto.
Sugli effetti spettacolarizzati della crisi si è soffermata, sull’Espresso, anche Beatrice Dondi, descrivendo il duo Telese-Parenzo, come una “irresistibile coppia comica catapultata nella crisi politica” e paragonandola a una coppia che ha calcato per decenni gli italici palcoscenici, Ric e Gian: “Che lo spettatore , gioco forza vista la moria delle vacche da palinsesti in vacanze, si è bevuta avidamente, sera dopo sera, regalando al programma ascolti da urlo e invidie generalizzate. Così, abbondandis in abbondandum, nel triste teatrino della politica è salito sul palco a sorpresa un irresistibile ping-pong di comicità involontaria, dove uno occhieggia e l’altro ammicca, uno sgrida e l’altro borbotta, uno ride e l’atro ride ancora di più”.
Il clou s’è avuto nella sera in cui è stato ospitato Bersani che ha avuto la capacità di incidere a tal punto da trasformare il duo in un terribile terzetto. Oltre i singoli casi presi in esame, in generale tutte le reti televisive – Mediaset, Skay in testa – hanno dedicato spazio e attenzione, seppure con modi diversi, alla crisi chiamando in causa sia le classiche competenze giornalistiche che fornite schiere di commentatori.
La vera latitante è stata la Rai. Paura per gli effetti del post – sovranismo? Ferie troppo prolungate per abituali conduttori dei talk-show televisivi? Non è dato saperlo. L’aria che si respira in Rai è pessima. D’altra parte è così a ogni cambiamento di stagione. Politica, ovviamente.
Questo articolo è pubblicato anche su Strisciarossa.it. La foto è di Polisblog
Ed allora se è cosi, come anche anch’io credo che sia – dov’è la tanto esaltata imparzialità dell’organo d’informazione più ascoltato in italia e che ha una storia tutta sua e soprattutto una storia di formazione delle coscenze e del pensiero,se come credo anch’io soggiaccia alle variabili della scena politica dove in un certo momento un gladiatore cade nella polvere e con questa si detronizzi un mondo dove fino a qualche secondo prima tale mondo era esaltato dalla grancassa che raggiungeva tutte le case e tutti i cervelli ? E’ la punta del liberalismo e del suo concetto questa oppure il campo e lo strumento per far passare nelle teste dei cittadini le idee che poi formano l’assoggettamento a qualsiasi forma di potere si impossessi dell’altoparlante? Chiediamocelo questo, perchè se non ce lo chiedessimo e non sapessimo dare una risposta a questo problema saremo sempre succubi di chiunque, senza poter vedere un po’ più lontano e ci sembrerebbero quasi insultanti le idee ed i propositi di coloro che hanno nel tempo dato battaglia per regolare e mettere al sicuro dentro un fortino democratico le sorti di questo grande meccanismo che a seconda di chi lo conquisti lo usa per i propri scopi.E gli scopi potrebbero essere a parole anche i migliori, i più scevri da condizionamenti, ma in realtà è solo la conoscenza che non viene veicolata perchè è da quella che si possono vedere i limiti che vengono fuori da quell’altoparlante.E nello stesso tempo l’uomo della strada è sempre più inconsapevolmente dominato, indirizzato e si forma un pensiero che quasi sempre rende funzionale il potere di qualsiasi politica.Senza parlare della presenza della formazione della dirimenza di interessi nella società e nella visione politica, che sostanzialmente da che ho i calzoni corti non ho mai avvertito la presenza nel servizio pubblico spinta a far emergere tale necessità.Questo vorrà dire qualcosa oppure è espressione casuale di come siamo spinti a comprendere ascoltando ciò che ci viene propinato e cioè il fatto che non c’entrino nulla gli interessi ed il loro riconoscimento nell’agone politco? Questo è anche il potere e la sua funzione perennemente presente della sua parzialità,ma sempre a difesa di interessi,qualsiasi essi possano essere.Fin’ora dal dopoguerra ad oggi tutta questa funzione che dovrebbe essere stata la prima funzione per eccellenza di un servizio pubblico, l’Italia non l’ha ricevuta o comunque l’ha ricevuta in forma minore di altre nazioni.Accanto ai telegiornali, alle diatribe ed alle sale delle interviste ai politici di qualsiasi colore, ci sono state veicolazioni tese a far formare l’imbecillità nei sudditi, una presenza di trasmissioni di carattere leggero, di spettacolo e divertimento, inframezzate a far recepire ed a captare come si potessero talvolta vincere decine di migliaia di euro per il solo fatto di rispondere ad una domanda che fosse stata quella di chi avesse sposato un attrice od un cantante, di chi sapesse chi fosse che avesse vinto lo scudetto nel 1954….la quantità di presenza di tale natura di trasmissioni ha influenzato profondamente il modo di pensare degli italiani, anzi il modo di non pensare. Si pensa che questa sia una educazione sociale per la gente e che serva a far penetrare nella coscenza che il benessere e la cultura poggino su tali forme di sapere ?
Tagliato con l’accetta il concetto è quello della riproposizione di essere interessati a tenere un popolo schiavo dandogli la libertà di scelta, ed allora la considerazione che ne esce è quella che se una volta l’istanza di cambiamento portata al potere, la prima cosa alla quale prestare attenzione sia la natura dei media, perchè fin’ora è successo che di tale possesso ” nella libera democrazia” delle nazioni soprattutto occidentali che il mondo riconosce come ”i più liberi di tutti”, il possesso di tali media è solo di coloro che li usano a loro vantaggio.Come del resto ancor più coercitivamente negli stati dove non vi sono oligarchie del potere ”raffinate” come da noi ma vi sono governi brutali sotto ogni forma.Il metro di misura della democraticità però spesso viene posto in essere guardando a quello che è oggi qui al nostro interno e facendone il confronto con altri, tralasciando quasi sempre però volutamente l’evoluzione e la lotta che hanno caratterizzato il nostro dominio sul resto del mondo.Di fronte a tale dirimenza di interessi, la difesa di questi nella storia ha fatto uscire forme di brutalità repressiva nei comportamenti umani, proprio perchè coloro che hanno deciso che fosse convenuto loro di ”non mollare l’osso” hanno messo in atto condizionamenti mediatici con i quali la gente comune è stata gestita,narcotizata e resa inoffensiva di fronte alla più crude brutalità che si sono compiute, che la gente ha visto dipanarsi di fronte ai propri occhi, ma la risposta politica di fronte a tutto questo è mancata. Ed allora la domanda è: di chi si è fatto l’interesse dal momento che ci riteniamo tanto più democratici degli altri ? Andremmo molto lontano, ma è meglio finirla qui per non diventare logorroici.