1969-2019, DA WOODSTOCK AD… ACQUAVIVA

1969-2019, DA WOODSTOCK AD… ACQUAVIVA
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Il 15, 16 e 17 agosto di 50 anni fa si tenne la più famosa “tre giorni” della storia della musica e non solo. In una parola Woodstock. Tre giorni di peace, love and music, come si leggeva nel manifesto. Un evento grandioso, che andò ben oltre le più rosee aspettative degli organizzatori che avevano ipotizzato la presenza di 50 mila spettatori, non di più. Ne arrivarono 400 mila. Per alcuni addirittura un milione…  Sul palco tra gli altri Joan Baez, Arlo Guthrie, Country Joe Mc Donald, Janis Joplin, Jimi Hendrix, Carlos Santana, Johnny Winter, Crosby Stills & Nash, The Band, e Joe Cocker, i Creedence Clearwater Revival, i Canned Heat i Jefferson Airplain… Roba da leccarsi i baffi. E a meno di un mese dallo “sbarco sulla luna”. Che anno il ’69!

Woodstock fu la dimostrazione che c’era un altro mondo… Un mondo che era contro la guerra (allora gli Usa stavano combattendo quella sporca del Viet Nam e i ragazzi americani morivano a migliaia in Indocina), per la pace, per l’amore libero. Anche per le droghe certo. E per una musica diversa.

Oggi, a distanza di 50 anni esatti, viene nostalgia a pensare a quella distesa di campi piena di ragazze e ragazzi che non si fermarono nemmeno quando la pioggia rese tutto in immenso acquitrino fangoso… Ma viene nostalgia anche a pensare, che qui, nella nostra zona, un festival come Trasimeno Blues fino ad una decina di anni fa ha portato a Città della Pieve e Castiglione del Lago gente che era sul palco a Woodstock, come Johnny Winter o i Canned Heat, o i musicisti che accompagnavano Janis Joplin, quelli della band originale. E poi anche altri artisti che a Woodstock non c’erano, ma avrebbero potuto esserci come Jack Bruce dei Cream o Robin Trower dei Procol Harum…  Quest’anno la star principale del festival itinerante è stata Ana Popovic, grande chitarrista serbo-olandese; di verve e presenza scenica straordinaria, ma… ancora un gradino sotto Jimi Hendrix e gli eroi di Woodstock.

L’impoverimento politico e culturale dell’ultimo decennio si vede anche da cose come questa. E non è solo colpa della crisi economica, delle risorse che oggi sono più limitate, della fuga degli sponsor… Certo c’è anche questo. Nel caso di Trasimeno Blues forse è la ragione principale. Ma il problema non riguarda solo quel festival specifico. Riguarda anche altri eventi, che o si sono piegati ad una logica sempre più commerciale (vedi Umbria Jazz) o si sono ristretti e rinseccoliti a tal punto da proporre ormai solo un po’ di liscio da balera, con orchestre  che neanche suonano, ma usano il playback e le basi preregistrate. Tutte uguali. Si pensi alle feste de l’Unità, per dire una. Qualche eccezione c’è, ma è rara come le mosche bianche.

Questo avviene per una questione di soldi, come abbiamo detto, ma anche perché da un decennio a questa parte la cultura di fondo di molti amministratori pubblici e di molti “organizzatori” di eventi (come associazioni e sodalizi vari) non è più quella di Woodstock. E neanche quella degli anni successivi, dei mitici anni ’70 (anni violenti e a tratti bui, ma fecondi. Anni che videro emergere gruppi musicali che tra cento anni ascolteremo come oggi si ascolta Beethoven: dai Led Zeppelin ai Pink Floyd, dai Deep Purple ad Emerson Lake & Palmer… E con loro cineasti come Michelangelo Antonioni, o Stanley Kubrik…). Oggi prevale una cultura di fondo leggera. Meno che pop. A volte addirittura trash. Diciamolo: da cinepanettoni. E sul piano musicale da tormentoni da spiaggia… Il che non c’entra niente con il nazional-popolare. E’ altra cosa. E’ altra deriva..

I guasti culturali del berlusconismo, poi del renzismo, ora del salvinismo con la pochezza e l’ignoranza disarmante dei 5 Stelle diventati primo partito e già sul viale del tramonto, si avvertono tutti.

Per questo, insieme alla nostalgia per il Trasimeno Blues di qualche anno fa, sale anche un po’ di rabbia per come siamo andati indietro, invece che avanti. Ma viene anche da considerare delle vere e proprie perle, da tenere di conto gelosamente, alcuni festival o eventi del territorio. Eventi che in qualche modo tengono acceso un lumicino di speranza. Perché dimostrano che qualcuno che cerca cose buone c’è ancora. E che nella musica, come nella letteratura, nelle arti figurative, nel teatro qualcosa di buono, cercando, si trova, senza per forza prendere per buono ciò che propone il supermercato di turno.

Pensiamo al Lars Rock Fest di Chiusi, alla Festa della Musica di Chianciano, al Rock For Life di Ponticelli che anche quest’anno, tra alti e bassi e con qualche differenza tra l’uno e l’altro,  hanno proposto musica e musicisti di qualità, difficilmente ascoltabili a queste latitudini,  in alcuni casi artisti fuori dai normali canali commerciali, quindi più difficilmente “reperibili”. Quindi più preziosi.

Il 28 agosto, tra poco più di 10 giorni si apre il Live Rock Festival di Acquaviva che è il padre dei festival rock della zona, il più longevo e uno tra i più “quotati” a livello nazionale, per organizzazione e originalità della proposta musicale. E’ l’evento musicale che chiude l’estate in Valdichiana e dintorni. Le star di questa 23 esima edizione sono la cantante britannica Anna Calvi e Chk Chk chk dagli Usa. Ma come sempre ci saranno anche band di altre parti del mondo come Zabelov Group dalla Repubblica Ceca, per esempio, e spazio per band e artisti emergenti italiani. L’apertura del festival, mercoledì 28, è affidata ad una band di casa, nel vero senso della parola. Si tratta dei Dudes, che dopo anni di onorata presenza tra il pubblico, quest’anno saranno sul palco, per primi, ad Acquaviva, che per chiunque faccia rock nella zona è quasi un punto di arrivo… Non solo:  il chitarrista della band Mattia Mignarri è di Acquaviva e fa pure parte del collettivo Piranha che organizza il festival. Negli anni ha venduto birre, servito ai tavoli, montato strumenti e attrezzature… Trovarsi per una volta dall’altra parte della barricata gli farà senza dubbio uno strano effetto.  Per i Dudes, che il 5 agosto scorso hanno presentato il loro secondo videoclip sul singolo “Blackout”, suonare sul palco del Live Rock Festival sarà indubbiamente una soddisfazione… Fa niente se sarà di mercoledì e sarà la prima serata, quando il festival non sarà ancora a pieno regime… Tra l’altro la band chiusino-poliziana presenterà nell’occasione alcuni brani inediti. Quindi, una buona occasione per sentire se le novità saranno all’altezza del pregresso.  O magari meglio.Rock ‘roll will never die (il rock & roll non morirà mai) cantava Neil Young che è uno che la storia del rock non solo l’ha scritta, ma l’ha marchiata a fuoco. E allora ben venga il Live Rock Festival di Acquaviva e in bocca al lupo ai Dudes e a tutti gli altri che saliranno su quel palco. Che, lo ribadiamo, non è un palco qualunque, di una qualunque festa paesana. E’ un gran festival, da 23 anni, non da oggi.

Il fatto che si svolga in un vecchio campo della fiera, in una frazione di 1.000 abitanti nel cuore della Valdichiana e non a Liverpool o Los Angeles dice poco. Anche Woodstock si tenne nello Stato di New York, ma in una contrada sperduta, in mezzo alla campagna,vicino ad una cittadina di provincia,  non a Manhattan…

m.l. 

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