FESTIVAL ORIZZONTI 2019, BILANCIO CULTURALE POSITIVO. SU ALTRE COSE CI SARA’ DA LAVORARE…
CHIUSI -Si è concluso domenica 11 agosto il Festival Orizzonti 2019. Per i bilanci economici ci sarà tempo. Ma un primo bilancio “culturale” forse si può già fare. E’ stata – ma lo avevamo già scritto – una edizione ridotta nei tempi (solo 5 giorni) e anche nel numero degli spettacoli. Pure nel budget. Una edizione insomma con la cinghia tirata e stretta all’ultimo buco. Ed esclusivamente teatrale. Il direttore artistico Gianni Poliziani che è uomo di teatro e non di musica o danza, ha scelto il terreno che gli è più congeniale. Quello che conosce meglio e che frequenta. In questo modo ha dato un’impronta, una connotazione precisa, definita, al suo festival Orizzonti. Non ha chiamato grandi nomi, né di richiamo televisivo (tipo Rocco Papaleo o Brachetti o Bacalov) né di nicchia (Pippo Del Bono, Moni Ovadia, Walter Malosti, Celestini o la compagnia Ricci-Forte…). Ha chiamato i suoi “fratelli”. Ovvero attori, registi, registi-attori, musicisti professionisti, ma cresciuti come lui nel territorio. In questo territorio. Ha offerto loro un palcoscenico e una tribuna, ha ricevuto in cambio una serie di performance di qualità, che segnalano come ciò che è stato seminato in zona qualche frutto lo ha dato.
E così, il Festival Orizzonti ha messo in vetrina Manfredi Rutelli, Livia Castellana, Laura Fatini, Silvia Frasson, Valentina Bischi. Alessandro Waldergan, lo stesso Poliziani. Può sembrare un passo indietro rispetto al passato. Forse invece è un passo avanti. Perché è la riprova di cosa voglia dire creare un humus, un “giacimento” culturale a cui attingere…
Ci poteva stare un po’ di musica in più, a lato o oltre il teatro. Musica di vario genere: dal pop al rock alla classica, al jazz… Sarà per la prossima volta. E’ un dettaglio su cui magari lavorare. Così come ci poteva stare forse almeno uno spettacolo di danza… Ma vale lo stesso ragionamento. Del resto questa che si è appena conclusa è la prima edizione a firma Poliziani.
Altra cosa non secondaria, a nostro avviso, è il fatto che Poliziani abbia tenuto, come nella stagione invernale, la barra ben piantata in una direzione. Cioè a sinistra. A noi non dispiace, anzi. Lo ha fatto proponendo spettacoli teatrali non banali, non di cassetta, alcuni dei quali su temi forti e attuali, come la precarietà nel lavoro e l’incertezza di futuro nelle nuove generazioni (Controcanto teatro), oppure l’incomunicabilità tra le persone, la prevaricazione del forte sul debole, del ricco o arricchito e spregiudicato sullo sfigato che fa il turno di notte in una stazione e vive solo con la madre; dell’uomo sulla donna considerata proprietà privata da esibire come un orologio di lusso… O il tema della violenza sulle donne e del fardello che esse si portano dietro, dopo, come nello spettacolo de Le Coche incentrato sulla figura di Artemisia Gentileschi, pittrice del ‘600, ma protofemminista ed esempio immortale di emancipazione femminile attraverso l’arte e la… “tigna” che solo le donne sanno sfoderare…
Con i laboratori di Alessandro Manzini e Francis Pardeilhan, Gianni Poliziani ci ha fatto vedere e toccare con mano come il teatro possa diventare una forma di socialità, di crescita e di ricerca interiore per adulti e ragazzi. Perfino per i bambini… E queste sono cose che restano, che creano l’humus di cui sopra, che abituano la gente al teatro, alla cultura. Addirittura alla conoscenza e all’uso di spazi della città…
Si è visto, anche stavolta, che la gente va volentieri e in massa a veder recitare amici, parenti e conoscenti. Ci va meno se sul palco c’è una compagnia di fuori, magari composta da attori bravissimi, ma poco conosciuta. E questo si sapeva, non è una novità. Però è un altro aspetto su cui lavorare per il futuro.
Il fatto che si siano avvicinate al teatro, nonostante i 40° di temperatura, decine e decine di persone che normalmente non lo frequentano è un altro segnale positivo. Molti erano lì per i parenti e gli amici, ma non è escluso che tornino anche in altre occasioni. Ci si abitua piano piano…
Il festival Orizzonti, dopo la discussa gestione Cigni e la sfortunata parentesi Carloncelli, aveva bisogno per prima cosa di recuperare un rapporto con i chiusini. Con la città. In parte ciò è avvenuto, in parte no. A Chiusi Scalo per esempio non vi era percezione che ci fosse un festival in atto. Nel centro storico i bar chiusi sono stati una caduta di tono. Così come il dopofestival un po’ fiacco. Ma anche su questi aspetti si potrà ragionare e intervenire, per migliorare.
Chiaro che senza nomi eclatanti e di richiamo è difficile, forse impossibile, attrarre gente da fuori, anche dai paesi limitrofi, di questo Gianni Poliziani e la Fondazione Orizzonti crediamo fossero pienamente coscienti. Ma Gianni il suo lavoro lo ha fatto e lo ha fatto bene.
Se il festival Orizzonti, anche nei prossimi anni, si caratterizzerà come una vetrina importante per compagnie emergenti provenienti da varie parti d’Italia e per le eccellenze (o le cose buone) che escono dal territorio avrà non solo successo, ma anche una funzione. Quella di promuovere compagnie meritevoli e anche i prodotti culturali locali (che non sono da meno del vino o dell’olio o della ceramica), creare attenzione e abitudine, aiutare a crescere le professionalità nel settore, offrire un’opportunità a chi propone cose di qualità ma non ha le spalle abbastanza larghe e robuste per arrivare al Sistina.
Finita la stagione delle lacrime e sangue per i debiti pregressi, verranno anche tempi migliori dal punto di vista del budget e, potendo spendere qualcosa in più, si potranno trovare soluzioni capaci anche di richiamare un pubblico più vasto e una maggiore presenza della critica e dei media… Oltre ad accorgimenti tecnici necessari, come l’aria condizionata nel Teatro Mascagni. Senza, come quest’anno, il luogo d’agosto, inutile dirlo, è poco invitante.
Detto questo, se dovessimo dare un voto ad Orizzonti 2019 e a Gianni Poliziani come direttore artistico – date le condizioni di partenza, le ristrettezze economiche, il gran caldo e tutto il resto – noi una sufficienza piena, anzi un bel 6 e mezzo, che a scuola e anche nel calcio non tutti lo prendono, lo diamo volentieri…
m.l.
Quando usi il plurale in modo inadeguato ,fai un errore o, cosa grave, lo dobbiamo intendere come “plurale maiestatis?
No, va interpretato nel senso di “noi di primapagina”. Che è diverso dall’io, autore del’articolo. Altri articoli sul festival sono stati scritti da altri, ma il giudizio finale è concorde, quindi “redazionale”… Primapagina è un giornale iscritto all registro nazionale della stampa e al tribunale, non è un blog personale in cui l’unica opinione è quella del titolare. Poi, iI giudizi possono non piacere, ma errori lessicali o peggio di vanagloria, non ce ne sono…Detto questo, noi di Primapagina preferiremmo che i lettori, oltre a esprimersi su come ne parla Primapagina, esprimessero giudizi anche sul festival e sui singoli spettacoli. Così magari la discussione può aiutare a far meglio, la prossima volta…
Sulla qualità degli spettacoli non ho le competenze per dare giudizi, a mio parere però quest’anno mi è sembrata una mini stagione teatrale estiva, un festival di qualunque genere è un’altra cosa.
Ci sarebbe poi da parlare dei motivi per cui si deve tirare la cinghia e di chi siano le responsabilità e magari del bilancio della fondazione finito su chi l’ha visto?
Ultimo apounto: un blog non ha opinioni, tanto meno quelle di chi lo gestisce proprio perché non è un giornale.
Io conosco dei blog dove compaiono quasi esclusivamente opinioni, non notizie o articoli diciamo di cronaca (per lo più di chi li gestisce, una o due persone, e di loro amici).
Credo che nessuno abbia impedito di scrivere su quei blog opinioni diverse, è se chi ha opinioni diverse quei blog li ignora è chiaro che appaiono solo certi post, mi sembra abbastanza elementare come concetto.
Primapagina stessa, che è u giornale e non un blog, e he quindi ha una linea editoriale, con i commenti agli articoli ha comunque le dinamiche di un blog, è anche qui spesso i commenti sono relegati a due persone, ma ci sono articoli nei quali appaiono opinioni contrastanti, basta aver voglia di dibattere, se su altri blog nessuno interviene è chiaro che quel blog può sembrare che abbia un’opinione monolitica, ma se questo succede è perché c’è chi si sottrae al confronto su certi spazi, o comunque legittimamente non vuol usare quegli spazi. Sei un giornalista mica te li devo spiegare io certi concetti.
No Luca, il concetto è un altro. Un giornale è un giornale, cioè strumento di informazione ( e di dibattito) con una proprietà, una redazione, una linea editoriale, degli obblighi normativi ecc. Un blog invece è strumento di una persona o di un gruppi, è in sostanza un “giocattolo” esclusivo e personale. Può contribuire al dibattito pubblico, ma è cosa del tutto diversa. Tutti i giornali hanno la sezione commenti. È una delle opportunità offerte dal fatto di essere on line. Non è una dinamica da blog, è semplice opportunità offerta ai lettori di interagire. Quando i giornali erano di carta ciò era più complicato. Avveniva con le lettere al direttore. Ma i tempi erano prr forza di cose piu lunghi e diluiti. Purtroppo, lo dico con rammarico, mplti commenti oggi si fermano alla critica stizzita a come il giorne presenta una notizia, o divagazioni spesso fuori tema, quasi mai nel merito della notizia stessa.
il tuo commento non è diverso da ciò che ho affermato mi pare che scrivi tanto per avere l’ultima parola, te la concedo, come la ragione…
Non è per avere l’ultima parola. Non è questo il punto. E’ che mi piacerebbe che nei nostri paesi (e dunque anche sui media, giornali, blog e quant’altro) si affermasse l’abitudine a ragionare e a confrontarsi, a criticare anche, le questioni nel merito. E per ‘questioni’ intendo anche gli spettacoli teatrali, quelli dei festival e quelli invernali, quelli locali e quelli “esterni”; le produzioni musicali delle band del territorio, i libri degli autori locali, i convegni…Mi piacerebbe che lo facessero i lettori con i commenti, ma anche la politica e gli “addetti ai lavori”, ovvero i teatranti, i musicisti, gli artisti, gli organizzatori di eventi.Mi piacerebbe leggere qua e là recensioni ai libri di Mattia Nocchi o di Sybil Fix, alle opere di scultura di Guido Fei o Giorgio Bronco, al videoclip dei Dudes o alla perfomance dei Bangcock, agli spettacoli di Carlo Pasquini, Laura Fatini, Silvia Frasson e Gianni Poliziani, e magari anche a quello di Giorgio Cioncoloni “Sognando la California” o a “On The road. Again” messo su da primapagina… Anche le stroncature potrebbero essere utili, per migliorare… Questa zona un tempo produceva mattoni, scarpe, cucine, infissi… adesso quelle cose non le produce più. Ma in qualche modo produce cultura, forse è l’unico settore in cui c’è una certa vitalità. Proviamo, tutti insieme, a non sprecarla a non gettarla al macero senza nemmeno sapere di cosa si tratta. Nel 2012 come primapagina proponemmo gli “Stati generali della cultura”, proprio per cominciare a ragionare nel merito e non solo sul metodo…Non c’è stato verso di farli. Il Comune di Chiusi tenne delle giornate di studio, che potevano somigliare agli Stati generali,ma erano altra cosa, e sebbene furono giornate interessanti, non hanno avuto esiti concreti. Riflettici, anche come leader di una lista di opposizione.
Si si tutto giusto ma la “discussione” iniziale era su altro, se su quel blog o nello spazio commenti del tuo giornale non scrive nessuno o pochi significa che in questo paese ci sono due problemi: uno è la scarsa partecipazione alla vita pubblica dei cittadini, il secondo, più grave è che spesso si ha paura ad intervenire, o non si hanno argomenti per intervenire perché ci si schiera come ultras, a prescindere. Tornando al concetto del blog è per questo che sembra che sia schierato per forza in un certo modo, perché chi la pensa i modo diverso lo “boicotta” e non ci esprime la sua opinione, un blog è uno spazio libero, è come i liquidi che prendono la forma del contenitore, un blog prende la strada di chi liberamente interviene.
Luca, la discussione inizale era sul festival Orizzonti edizione 2019. Quanto ai blog, io non mi riferivo ad un blog in particolare, ce ne sono diversi in zona, tutti abbastanza simili. Ce n’è uno per esempio che pubblica anche tutti i comunicati stampa che gli arrivano, senza mai elaborarli o commentarli. E’ una scelta anche quella, ma non è informazione. E’ semplicemente consentire agli osti di dire che il loro vino è il migliore…
La gente interviene poco perché non è facile. Tante persone mi hanno detto, negli anni, che preferivano commentare su facebook o magari su un blog, piuttosto che sul giornale, perché il giornale è più “impegnativo” e che “su un giornale non puoi scrivere quello che ti passa per la testa, ma devi rimanere all’altezza del mezzo”. Ma il problema non riguarda solo i media. La gente non discute più nemmeno al bar.O in piazza. I partiti (quel poco che c’è rimasto) parlano solo ai propri supporters, i sindacati e le associazioni di categoria sono scomparsi dalla scena, le occasioni di confronto sono scarse e quelle poche che ci sono non sempre sono reali, ma solo di facciata. Chi ha un pensiero di sinistra secondo me dovrebbe porselo questo problema. E provare a ricreare le condizioni minime per ricominciare a discutere, di tutto e con tutti. A mio modestissimo avviso è una priorità, propedeutica a molte altre. Vorrebbe dire ricreare un terreno di gioco, un campo su cui disputare le partite. Senza il campo, inutile anche metter su una bella squadretta…